“Questa sera è bello vedersi, senza mascherine, tutti insieme”. Marco Masini non nasconde l’emozione nell’incontrare di nuovo il suo pubblico nei teatri italiani e non nasconde neppure che la data al Verdi di Firenze è sicuramente diversa dalle altre.
“Firenze la amo da 58 anni e credo che un amore così forte si possa provare una sola volta nella vita. Un amore per questa città, la mia città”. Una dichiarazione di sentimento senza limite che il cantautore richiama a più riprese durante lo spettacolo, sold out da giorni.
Il teatro è stracolmo, il concerto è corale. Masini canta insieme al suo pubblico, quello che lo segue dagli inizi. “Vi rendete conto che sono passati 32 anni? E siamo ancora qui”.
32 anni che scorrono attraverso i suoi successi, quel raccontare la vita senza filtri a edulcorare il messaggio. L’amore, la rabbia, la rivalsa. La diversità e quella musica che è lì, pronta a salvarti la vita, a riempire i vuoti.
“Che giorno è”, “Cenerentola innamorata”, “Ci vorrebbe il mare” e ancora “Caro Babbo” o “Un piccolo Chopin”, sono storie che toccano tutti, trasformate in musica. Arrivano ad accarezzare le corde della gente, oggi come ieri, scavalcando il tempo. Rimangono attuali perché raccontano il “sentire” che, a differenza delle mode, non conosce alternanza. Non cambia il modo di amare, di soffrire, di essere felici. E quando si raccontano i sentimenti con l’autenticità graffiante di Masini ecco che anche i pezzi dell’inizio di carriera sembrano scritti oggi.
Bigazzi se fosse vivo scriverebbe canzoni strepitose. Era un uomo senza tempo
Ed è qui che Marco Masini cita Giancarlo Bigazzi, l’uomo che l’ha scoperto, lanciato e seguito durante la sua carriera. “Questa città mi ha consentito di conoscere un fiorentino vero, Giancarlo Bigazzi. Mi ha insegnato tante cose, se oggi fosse vivo scriverebbe canzoni strepitose perché era un uomo senza tempo”.
Bigazzi, uno dei tre “Giancarlo” più importanti nella vita del cantautore fiorentino. “Credo che abbiano delineato il mio cammino con consapevolezza e con quella lucidità che serve per prendere decisioni e fare scelte”. Accanto a Bigazzi Masini cita poi suo padre, Giancarlo Masini e, a seguire, l’uomo che l’ha fatto innamorare del calcio: “Giancarlo Antognoni”.
Oltre due ore di concerto nel quale l’artista nomina, una ad una, le persone della sua vita. I tre Giancarlo e poi la sua famiglia. Persone che sono le fondamenta della propria esistenza. Alcune le ami, ti tradiscono, ti deludono, altre rimangono lì per sempre, sono le tre gambe che sorreggono lo sgabello, garanzia di equilibrio. Suo padre, sua madre, sua sorella.
I miei genitori? Quanto mi mancano i loro “te l’avevo detto”
Parla di famiglia, Masini. Racconta dell’amore e poi della capacità di saper tendere l’orecchio, soprattutto verso le parole dei genitori. “Quanto mi mancano i loro te l’avevo detto. Ho capito quanto sia importante ascoltare i più grandi perché riescono sempre a dirci cosa dobbiamo fare”.
Consapevolezze e poi il ricordo di quelle “tre note” del suo pianoforte dal quale è partito tutto. Masini canta “Disperato” in un viaggio a ritroso nella propria carriera e in una vita nella quale la musica è sempre stata una costante, un’amica, una medicina, energia.
“Quando la vita ti fa un regalo del genere non puoi far finta di niente, aumenta il livello di responsabilità verso il tuo pubblico. La musica è troppo grande, universale. Diventa un messaggio per convincere qualcuno a fare qualcosa, oppure a non farlo più”. Ed è qui che partono le note di “Perché lo fai”, pezzo sulla sensibilizzazione contro le droghe. Una vita che torna protagonista, con le sue ferite e le debolezze. Gli ostacoli e poi l’amore, che diventa salvezza e spinta per superarli. “Scrivere vuol dire raccontare l’amore e i suoi sbagli”.
Gli sbagli sì, ma anche la bellezza straordinaria dei sentimenti. Poi ci sono la forza, la caparbietà, la capacità di non arrendersi. Proprio come nell’inno liberatorio di “Vaffanculo”, risposta urlata a chi non ha creduto in un giovane Masini. E lui è lì, insieme ai suoi fans, a gridarla ancora una volta quella canzone. Quel Masini che ha riempito il Verdi di Firenze. La sua voce diventa un unico coro, un tutt’uno con la sua gente, quella a cui ha saputo sempre arrivare al cuore, alla pancia, allo stomaco.
In un’epoca in cui emergono sempre di più i personaggi costruiti ad arte dalle case discografiche per macinare vendite, con un successo figlio più del marketing che del talento ecco che Masini brilla ancor di più, si avvicina forte, graffia l’anima del suo pubblico. Si distingue con una cifra stilistica propria, non si è piegato al mercato e forse è questo il segreto della sua longevità di artista. La coerenza: ecco chi era e chi è oggi Marco Masini.