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Da Boccioni a Pomodoro: i capolavori del ‘900 nella galleria fiorentina Tornabuoni Arte

Dal primo dicembre in mostra un’Antologia delle più importanti opere di arte moderna e contemporanea dagli inizi del XX secolo ad oggi, selezionate ex-novo nel corso dell’ultimo anno

La galleria fiorentina Tornabuoni Arte presenta dal primo dicembre la sua “Antologia”, una scelta delle più importanti opere di arte moderna e contemporanea, da Umberto Boccioni a Arnaldo Pomodoro, selezionate ex-novo nel corso dell’ultimo anno.

L’esposizione offre, non solo ai collezionisti ma anche agli amanti dell’arte in generale, l’opportunità di poter ripercorre i momenti più significativi della storia dell’arte dagli inizi del XX secolo ad oggi, attraverso i capolavori di alcuni dei suoi principali protagonisti.

Nella sede fiorentina in Lungarno Benvenuto Cellini, al primo piano sarà possibile immergersi nell’arte figurativa del primo Novecento, con una nuova e suggestiva sala dalle pareti nere che accoglie alcune delle opere più emblematiche di questo periodo.

Umberto Boccioni, Impressioni di paesaggio, 1908

Le nuove opere in mostra

Dipinti che pongono l’attenzione verso la rappresentazione del paesaggio, come Paysage che Pierre Auguste Renoir ha realizzato nel 1919, oppure uno straordinario Impressioni di paesaggio, di qualche anno prima, del 1908, di Umbero Boccioni, un soggetto en plein air, dall’atmosfera luminosa e satura di colori.

Questo tema ritorna in un nucleo degli anni Trenta, a cominciare dal Giardino dell’oblio, dove Galileo Chini nel 1933 raffigura, con un velo di malinconia, la casa nella pineta viareggina di Eleonora Duse, villino nel quale l’attrice si era ritirata dopo la fine della sua storia d’amore con Gabriele D’Annunzio. Un particolare curioso distingue questo quadro: sul retro Chini annota parole, allude al dramma dell’amore finito, evoca nomi senza citarli, ed infine disegna una planimetria di strade dove colloca la propria abitazione e quelle dei pittori Viani, Chini e Nomellini.

Anche in Paese (Paesaggio con albero), del 1935, un altro dei maestri toscani, Ottone Rosai, presente in questa antologica con più opere, mette in relazione la natura, l’albero nello specifico, con elementi come le case, con la solida essenzialità che lo contraddistingue.

Uno sguardo sugli interni, sulla narrazione domestica, viene interpretato in modo assai diverso da Plinio Nomellini e Alberto Savinio, rispettivamente in Interni con natura morta, 1938, e Les Prisonniers, IIème version, 1931. Tra i massimi esponenti del Futurismo, abbiamo anche Giacomo Balla con due opere, firmate FUTUR BALLA, di cui segnaliamo Balfiore, 1925 circa.

Chiudono questa sezione una gouache Liberté, J’écris ton nom, 1953, a proposito di legame con la storia, dove Léger si ispira alla poesia Liberté di Paul Élaurad, un canto alla libertà, stampata da Pierre Seghers, attivista della Resistenza francese, nel 1942 e lanciata in migliaia di copie sulla Francia occupata dai nazisti.

Così anche la gouache di Pablo Picasso, Etude pour Taureau del 1957, ha una valenza politica, simbolo della Spagna, della sua resistenza culturale.

Del 1961 è la Natura morta di Morandi. Mai artista, prima di lui, come sottolineava Cesare Brandi, aveva parlato con tale intensità attraverso l’evocazione di oggetti inanimati, con squisite ricerche cromatiche e audaci soluzioni spaziali.

Galileo Chini, La casa dell’oblio, 1933, olio su compensato, cm 65×80

Al piano terra si trova una carrellata di opere, espressione dei linguaggi artistici non figurativi del secondo Novecento, a cominciare dal prestigioso Concetto spaziale del 1956, che testimonia come Lucio Fontana abbia consacrato la supremazia del gesto.

Giuseppe Capogrossi è uno dei pittori italiani che abbandona la figurazione in favore di un astrattismo caratterizzato dal segno e lo dimostra bene, qui, l’opera del 1961, Superficie 719.

La pittura vibrante e luminosa dei Reticoli di Dorazio è rappresentata da due magistrali esempi, Senza titolo e Piccola premura, entrambi del 1962, e dal più recente Ra I, 1989-1990.

Donna di grande curiosità intellettuale, Carol Rama, negli anni ’60, realizza invece, usando oggetti e materiali di recupero come occhi di bambole, un gruppo di quadri, che l’amico poeta Edoardo Sanguineti chiamerà Bricolage, due dei quali esposti in questa sede.

Sfera del 1967 e Frammento del 1972, sono sculture nelle quali Arnaldo Pomodoro raffigura involucri freddi, geometrici e brillanti, che hanno il dono, secondo le parole di Argan, di registrare lo spazio come le pendole il tempo.

Tra le opere più recenti: la Mappa di Boetti, del 1984, descrive esattamente la composizione del planisfero rappresentato in un determinato momento storico, inevitabilmente prossimo ad un futuro cambiamento in relazione ai rapporti geopolitici tra gli Stati.

Christo (Christo and Jeanne-Claude) in Over the River, 2011 – progetto di un imponente lavoro dove furono previsti circa 10 km di tessuto argentato che avrebbe dovuto correre sopra il corso del fiume Arkansas in Colorado – ci pone di fronte a una riflessione sulla relazione tra opera, luogo e tempo.

Arnaldo Pomodoro, Sfera, 1967, bronzo ed. 2 + PdA, diametro cm 90

 

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