OPINIONE/

Ischia, una fragile bellezza

Siamo forse arrivati a una prova di forza? La natura altro non è che una belva inferocita violentata dall’uomo a più riprese, una bellezza fragile che non sceglie tra buoni e cattivi, assassini o innocenti. Travolge tutto, vomita la sua rabbia e ammonisce sul disprezzo che gli umani stanno avendo della loro unica casa comune

ischia la frana di casamicciola

Era dicembre, anno 2006. Arrivai a Ischia per la prima volta con l’ultimo traghetto della sera partito da Pozzuoli. Il mare era calmo, tinto di buio da una notte buona. Ischia Porto fu il primo approdo, illuminata per le feste. L’arancio delle luci mi accolse, accompagnandomi nei giorni a venire di quella breve vacanza nella quale mi innamorai perdutamente di quella terra che guarda Napoli dal mare, vicina di casa di Vivara e Procida.

L’indomani il sole gettò luce sulla bellezza millenaria dell’isola verde, Ischia nel mondo è conosciuta così. Il mare è solo il contorno prezioso che fa risplendere il capolavoro della terra.

Il giorno successivo, dopo aver girato in lungo e in largo l’isola dal Castello Aragonese e Ischia Ponte fino a Lacco Ameno e al suo fungo che sbuffa dal mare come per magia, arrivai al coloratissimo borgo di Sant’Angelo. Da lì poi rientrai verso l’albergo.

Una vecchia auto a noleggio mi  portò – a tramonto inoltrato – in direzione Casamicciola.  Quell’anno le luminarie delle feste di Natale erano bellissime. Segnavano i contorni dei palazzi, i tetti, le finestre, gli archi generosi degli alberghi, le facciate e i campanili delle chiese. Un presepe vivo che brillava in una sera color petrolio. Una luce diffusa che non dimenticherò mai. Sembrava una casa che ti aspetta, ti accoglie, ti invita ad entrare.

Una casa immersa nel verde della collina, protetta dalla maestosità del Monte Epomeo, gigante che si eleva dal letto dell’isola.

 Oggi quel verde è tinto di fango. Uno squarcio che devasta il capolavoro

Oggi quel verde è tinto di fango. Uno squarcio che devasta il capolavoro. Una coltellata alla schiena, improvvisa ma non inaspettata. La bellezza è fragile. La vita lo è. Quella di gran parte di un’Italia straordinaria che si dimentica di prendersi cura di sé. La terra si sgretola sotto le piogge incessanti e porta via tutto ciò che trova sulla sua strada. Le parole a vuoto, le promesse, i buoni principi che non trovano fondamenta.

  L’acqua devasta, porta via i giusti, uccide gli innocenti. Non divide tra buoni e cattivi, non sceglie

 

L’acqua devasta, porta via i giusti, uccide gli innocenti. Non divide tra buoni e cattivi, non sceglie. E’ solo la forza bruta di una natura arrabbiata, affamata e allo stremo. E’ dalla parte dei giusti pure lei, offesa dall’uomo a più riprese, schiaffeggiata dai comportamenti, dimenticata da chi dovrebbe averne cura.  La natura, la nostra casa, quella comune. La casa senza mura, senza un nome sul campanello che sopravvive nella precarietà.

Siamo diventati equilibristi, camminiamo su un filo che può spezzarsi da un momento all’altro. Come quel presepe che mi accolse in una sera di dicembre, una bellezza dannatamente fragile. Chiudo gli occhi e sono di nuovo lì, tra quella gente orgogliosa che non si risparmia oggi, nelle ore dell’aiuto e che non si rassegna al destino che l’uomo ha riservato a Ischia.

la frana di Casamicciola – Isola d’Ischia

Ero sull’isola anche nel 2017, il giorno del terremoto. Scelsi di rimanere, di non scappare. La sera prima di tornare a Firenze organizzammo con tanti amici albergatori un incontro proprio a Casamicciola. Non potevamo che salutarci lì, volevamo farlo lì. Dal porto sembrava che niente fosse accaduto, che niente fosse cambiato. La vita era ripresa nonostante la morte. Loro erano vicini, l’uno all’altro, la speranza di ricominciare li teneva uniti. L’amore per quella terra vulcanica, per il verde dei suoi monti, per quelle vigne eroiche appese al mare, l’amore per quei millenni di storia che ricordano che sì, Ischia ha subito terremoti, eruzioni vulcaniche, invasioni dei Saraceni, alluvioni e devastazioni ma poi è tornata più forte di prima. Si è rialzata, dopo l’iniziale impotenza.

Non siamo forse arrivati a una prova di forza? I cambiamenti climatici ne sono solo l’inizio

Impotente anche stavolta, in una strage di bambini, ragazzi, famiglie. La natura ha piegato se stessa, ha vomitato la sua rabbia,  belva inferocita violentata dall’uomo a più riprese. Senza più ossigeno né futuro ha distrutto le case, il nido degli umani.

Non siamo forse arrivati a una prova di forza? I cambiamenti climatici ne sono solo l’inizio. La natura sfregiata porta un conto che non riusciamo a pagare. Ci crogioliamo nelle parole bellezza, eccellenza, “Paese”: un puro e vano esercizio di stile. Perché mentre si enunciano principi e promesse su trattati internazionali ecco che la terra sotto i nostri piedi viene a mancare.

Nessuno ci crede più. E intanto si muore in un’Italia dannatamente bella e straordinariamente fragile. Ci si scorda di prendersi cura del nido comune e si dimentica troppo in fretta. Appena la luce si spegne e i riflettori si dirigono verso altri lidi ecco che la devastazione di una calamità rimane cantiere senza una data di fine lavori.

  Rimangono le impalcature dei ponteggi a memoria dei disastri, gabbie di sicurezza trasformate in prigioni senza tempo

Rimangono le impalcature dei ponteggi a memoria dei disastri, gabbie di sicurezza trasformate in prigioni senza tempo. Questo dice la storia recente, questo ci dicono le immagini che arrivano dall’isola verde. Ma la gente no, la gente è là, fuori dalla gabbia, pronta a spalare fango ed aiutarsi.

La bellezza resiliente sono le persone, quei giusti che salvano anche la parte marcia dell’umanità, sono la luce che brilla in mezzo al disastro.

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