“L’estate 2022 è solo la prova generale di cosa ci aspetta in futuro per colpa del riscaldamento globale. L’impatto sociale di questa crisi climatica è già evidente: nella prima metà di luglio c’è stato un incremento di decessi. A pagare saranno i più deboli“. Stefano Mancuso botanico accademico e saggista, ospite delle Cene Galeotte a Volterra, parte da questa estate dal caldo record per un’analisi sugli effetti del riscaldamento globale e sulle prospettive future. Su cosa in concreto fare per cercare di tamponare una situazione che appare sempre più drammatica e fuori controllo.
“Quest’estate è stata la più calda di sempre ma è evidente che non stiamo parlando di un anno eccezionale ma di quello che diventerà la consuetudine. Dal 1980 la temperatura è aumentata di due gradi centigradi. L’Italia con il Mediterraneo insieme ai due poli del pianeta rappresentano un hot spot dove il riscaldamento globale agisce molto di più che altrove – sottolinea Mancuso-. Due gradi centigradi sono un’enormità, non pensate che siano una stupidaggine, una nullità” aggiunge lo studioso.
Per rendersi conto della gravità della situazione Mancuso ricorda che “c’è stato un periodo della storia d’Europa incredibilmente freddo, tra il 1450 e il 1750 chiamato la piccola Era glaciale”.
Centinaia di libri e cronache raccontano con dovizia di particolari di questo periodo straordinariamente rigido nel Vecchio Continente. “La causa di questo freddo è stata una variazione di – 0,2 gradi. Di cosa faranno due gradi in più, non ne abbiamo neanche idea perché non c’è mai stata nella storia dell’umanità e nella storia recente, cioè in centinaia di milioni di anni del pianeta, non c’è mai stata e non sappiamo cosa accadrà, ma sappiamo che non accadrà nulla di buono” prosegue nella sua analisi Mancuso.
Per l’accademico il pianeta è come “un corpo umano, un organismo vivente e pensate al vostro corpo quando la temperatura aumenta di due gradi. Questa temperatura alla lunga è incompatibile con la vita e questo è quello che accade oggi al pianeta“.
Mancuso pone l’accento sulle ricadute sociali di questa estate bollente: “non è tanto un’emergenza caldo per le città e un problema di siccità per le campagne il riscaldamento globale lo stanno pagando gli ultimi, i più deboli e i fragili. Dai primi dati che ho sul mese di luglio c’è stato un aumento della mortalità tra il 20 e il 30% in più rispetto all’ultima decade. Il caldo è un fattore straordinariamente dannoso per la salute“. A Firenze tra il 30 e il 40 per cento della popolazione non ha condizionatore e “non si può vivere per tre mesi con temperatura sopra i 32 gradi“.
Cosa fare? Cosa chiedere alla politica, al governo, agli enti locali? “Gli amministratori devono comprendere che questa sarà la nuova realtà e devono pure pensare a ridurre i disagi, piantando ad esempio il più possibile, dappertutto” suggerisce Mancuso. Lo studioso porta alcuni casi ad esempio come l’operato del sindaco di Prato che della questione ambientale “ne ha fatto una priorità e sta riempendo la città di alberi“. Già, perché spesso nei grandi centri il problema è dove piantare essendo gli spazi disponibili già ampiamente utilizzati.
“Eppure sarebbe importante trovare nuovi luoghi in città per la messa a dimora delle piante perché è in questi centri, nelle città che viene prodotto l’80 per cento dell’anidride carbonica e gli alberi la assorbono. Una maggiore presenza degli alberi in città oltre a evitare l’innalzamento delle temperature e a rendere la loro azione più efficiente, renderebbe questi centri più vivibili” fa notare Mancuso. Materiali, pratiche e consumi energetici causano il fenomeno isola di calore e la conseguenza sono 6-7 gradi in più a livello di temperature.
“Gli alberi oltre a fare bene all’ambiente, ad assorbire l’anidride carbonica e a ridurre il riscaldamento globale, rendono un grande servizio per lo stato di salute generale in termini di calma, attenzione, concentrazione: è quanto emerge da studi scientifici, non sono considerazioni da fricchettoni new age” aggiunge ancora.
Ecco perché conclude Mancuso non solo servirebbero nuovi alberi ma soprattutto andrebbero destinati a realtà come le carceri e le scuole “prive di qualunque presenza vegetale” e ancora agli ospedali e alle rsu, “luoghi che per natura dovrebbero essere coperti di piante dentro e fuori“.
Mancuso invita a sostenere la petizione online lanciata dagli scienziati del clima e sposata dalla comunità scientifica e non solo in cui si chiede che la lotta alla crisi climatica venga posta in cima all’agenda politica. Da parte loro studiosi ed esperti si dicono pronti a offrire un contributo per elaborare soluzioni e azioni concrete.