In poche ore sono stati mangiati dal fuoco 800 piante di olivo, circa 50 ettari, un capannone con strumenti agricoli e due ettari di vigneto dove si fa Chianti Classico bio. Fiamme alte e potenti che hanno bruciato anche i fari delle jeep dei soccorritori. La terra seccata dalla mancanza di acqua e il vento hanno alimentato l’incendio che il due agosto scorso ha colpito l’azienda agricola biologica di Castel Ruggero Pellegrini, rinomata realtà toscana di Greve in Chianti, famosa per la produzione di olio dop Chianti Classico in Italia e all’estero, soprattutto in Giappone. Le bottiglie di “Ruggente” – così si chiama l’olio – hanno vinto anche il Japan Olive Oil Prize e ottenuto diversi riconoscimenti dalla Regione Toscana per la selezione oli extravergine d’oliva.
“Siamo un po’ bruciacchiati e l’azienda è in difficoltà, lo ammetto, ma non ci arrendiamo e, anzi, siamo più motivati che mai a cancellare questo disastro”. Clemente Pellegrini Strozzi si è subito rimboccato le maniche e con smette di ringraziare tutti: “Le persone che lavorano con me, i soccorritori che si sono letteralmente buttati nel fuoco e le istituzioni locali e regionali che mi hanno mostrato subito la vicinanza, con le chiamate e soprattutto la presenza. Due elicotteri della Regione hanno evitato il peggio e salvato sia le abitazioni che l’insediamento di Meleto”.
Un milione di euro di danni stimati
Il peggio è passato, restano le difficoltà da affrontare giorno per giorno. Il danno stimato sfiora un milione di euro. “C’è bisogno di tanti soldi, davvero tanti. Abbiamo perso 80 quintali di olive, circa dieci quintali di olio, ma non per un anno, almeno tre se riusciamo a piantare l’anno prossimo”. L’azienda conta circa 6mila piante, che “sono tutte in buono stato, prepararate alla siccità. È ancora presto per dire che annata sarà, ma per adesso siamo soddisfatti di come procede la maturazione”.
Un incendio domato subito grazie alla prontezza della macchina dei soccorsi e delle condizioni di pulizia e sicurezza in cui si trovava l’azienda, che non ha sconfinato verso le aziende distanti solo 50 metri o addirittura le case.
Ricopriremo ogni zolla bruciata con i fiori. Mia figlia, che ora ho in braccio, non dovrà vedere nulla di questa distruzione, ma solo la bellezza di questa terra
Con il senno di poi si ragiona, si affronta con meno emotività la questione. E quel che resta da tutta questa cenere è davvero una bella storia che Clemente Pellegrini Strozzi realizza con fermezza e delicatezza, anche un po’ di poesia trascinata dalla passione per il lavoro. “Sono molto motivato, molti si stupiscono, ma non posso farmi prendere dallo sconforto, non immagino una reazione diversa. Il vittimismo non porta da nessuna parte. Abbiamo adesso una motivazione in più: cancellare un disastro nella nostra terra, riportare la bellezza. E’ l’agricoltore che disegna il paesaggio, perché alla fine è un matrimonio tra uomo e natura. Ora partiamo da una tabula rasa, l’obiettivo è ricoprire ogni zolla bruciata con i fiori. Mia figlia, che ora ho in braccio, non dovrà vedere nulla di questa distruzione, ma solo la bellezza di questa terra”.
La macchina dei soccorsi, le persone, la natura: cosa ha evitato il peggio
L’altra parte di questa bella storia è fatta dalle persone che circondano l’azienda. I tre dipendenti “che sono fortunato ad avere” . E che quel giorno “non volevano andare via. A volte, soprattutto quando si è molto emozionati, si possono fare cose che mettono in pericolo la propria sicurezza perciò volevo che tutti tornassero a casa, ma loro non hanno sentito ragioni, hanno dormito qui: c’era chi stava sui trattori, chi costruiva sbarramenti per il fuoco, chi portava l’acqua”. E poi i soccorritori, “i volontari del La Racchetta e La vab e la Regione Toscana”.
Tanto però ha fatto la natura stessa, che se assecondata nei suoi ritmi e rispettata, in una combinazione armoniosa con l’intervento umano, fa tanto. “La natura – racconta Clemente Pellegrini Strozzi – ha un livello di salvaguardia altissimo, è un regalo che fa alla comunità: offre protezione totale a fronte di piccoli fatturati. Abbiamo visto come mantenere le aree e le strade poderali pulite, combattere l’abbandono e togliere le sterpaglie abbia davvero fatto tanto. Anche il lago artificiale della nostra azienda ha contribuito tantissimo, permettendo un rapido rifornimento agli elicotteri della regione e impedendo che l’incendio distruggesse anche l’insediamento artigianale di Meleto e quello di Sezzate dove ci sono tante case”.
L’azienda oggi è un po’ ingrigita, “anche un po’ in ginocchio, ma è tutto fuorché morta, anzi. Dico grazie a tutti, non siamo soli e ripartiremo perché non abbiamo paura di chiedere aiuto”.