“Quando ho letto il libro di Fabio Bartolomei “L’ultima volta che siamo stati bambini” ho riso e pianto. Insomma, me ne sono innamorato e ho pensato che quella storia andasse portata al cinema”. Sono queste le parole pronunciate dall’attore Claudio Bisio, in occasione del suo esordio alla regia, per la trasposizione dell’omonimo libro, le cui riprese, alle battute finali, si sono svolte in Toscana e in Lazio, nel corso di sette settimane.
L’ultima volta che siamo stati bambini è ambientato durante il rastrellamento del ghetto di Roma del 1943 e racconta di Cosimo, Italo e Vanda, tre bambini con la tipica voglia di sognare e scoprire il mondo della loro età. Una spensieratezza infantile purtroppo negata, a causa della Seconda guerra mondiale. Messi di fronte alla scomparsa di un loro amico, Riccardo, si metteranno impavidi in viaggio, per salvarlo. Ma la loro fuga darà il via ad una seconda missione di soccorso, quella di una suora e di un militare in convalescenza, che si metteranno sulle loro tracce, per un inseguimento che non porterà che a scarsi risultati. I tre bambini sono infatti “armati” di entusiasmo, incoscienza e dal forte sentimento di amicizia, che li porterà avanti nella loro missione, guidati da una misteriosa mappa, tra avventure ad alto rischio e imprevisti. Alla fine incontreranno i famosi soldati tedeschi, dai quali erano sicuri che avrebbero riavuto indietro il loro Riccardo. E si faranno promesse importanti sugli adulti che vorranno diventare: sicuramente diversi da quelli che hanno provocato quella odiosa e violenta guerra.
Arrivato alla sua maturità artistica e personale, classe 1957, Claudio Bisio tenta così il grande salto alla regia, andando a toccare argomenti storici di rilievo e sentimenti universali, come l’amicizia e la purezza dell’infanzia per salvare il mondo. Un salto che non avviene completamente “al buio”, essendo la carriera del comico, attore, cabarettista, conduttore tv, molto articolata e composta anche di collaborazioni importanti. Bisio è infatti stato uno degli interpreti del film, Premio Oscar nel 1992, Mediterraneo, di Gabriele Salvatores, regista che lo ha voluto anche in Puerto Escondido, Nirvana, Kamikazen, Sud, Tournée. La sua carriera, specie quella degli esordi, è fatta di collaborazioni con alcuni dei principali autori del cinema italiano, come Francesco Rosi, ne La tregua, Mario Monicelli, per I Picari, Dino Risi, in Faccia da scemo, Giuseppe Bertolucci, in I Cammelli e La strana vita, Ugo Chiti, in Albergo Roma, Francesca Archibugi, ne Gli sdraiati, solo per citare i principali. Registi con i quali ha lavorato e che sicuramente gli hanno trasmesso tanto della loro arte, della loro visione artistica, del modo di fare cinema.
Anche se il nome di Claudio Bisio è strettamente legato alla carriera in tv, come conduttore di trasmissioni comiche di successo, come Zelig, a film tv, e anche se lo si può considerare il “principe della commedia italiana”, dai cinepanettoni (Indovina chi viene a Natale) a commedie di costume sull’Italia di oggi (Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord, Benvenuto Presidente, Bentornato Presidente, La gente che sta bene) a quelle firmate da Fausto Brizzi, Massimiliano Bruno e Alessandro Genovesi, la sua poliedricità saprà molto probabilmente fargli trovare il registro giusto per raccontare una storia importante, che porta in primo piano, in un contesto drammatico come quello della guerra, i sentimenti dei bambini, altra impresa non facile e per questo poco praticata nel cinema italiano.
Nel cast del film, Alessio Di Domenicoantonio, Vincenzo Sebastiani, Carlotta De Leonardis, Lorenzo Mc Govern, Federico Cesari e Marianna Fontana. Il soggetto è firmato da Fabio Bartolomei e Fabio Bonifacci, che ha scritto la sceneggiatura insieme allo stesso Claudio Bisio; la scenografia è curata da Paola Comencini, la fotografia da Italo Pietriccione e i costumi sono firmati da Beatrice Giannini.