A ventinove anni da quella notte, Firenze ricorda l’attentato mafioso che costà la vita a cinque persone innocenti e altre 48 rimasero ferite. Alle 1,04 del 27 maggio 1993 un Fiat Fiorino carico di esplosivo scoppiò in via dei Georgofili, distrusse la Torre del Pulci e seppellì sotto le macerie l’intera famiglia Nencioni: il papà Fabrizio, la mamma Angela e le figlie Caterina e Nadia. Morì anche il giovane studente di architettura Dario Capolicchio, carbonizzato nel rogo del suo appartamento.
La stagione terroristica che colpi, oltre a Firenze, Roma e Milano, aveva dei mandanti. Si conoscono i nomi degli uomini che azionarono gli ordigni per conto di Cosa Nostra (e chissà per chi altri), allo scopo di costringere lo Stato a far marcia indietro sul carcere duro per i boss mafiosi e sulla legge sui pentiti.
A Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento, l’iniziativa in ricordo della strage ha riunito istituzioni e familiari delle vittime. Luigi Dainelli, presidente Associazione dei familiari delle vittime della strage dei Georgofili parla a nome di tutti: “Per noi non esiste un anniversario, tutti i giorni è un dolore che si rinnova e che non finirà mai”. Presenti anche tanti studenti. L’assessore alla cultura della memoria e della legalità del Comune, Alessandro Martini, ha parlato di una “ferita che non si rimargina”, poi: “È la mattina dei giovani, sono felice che siano presenti qui in tanti”.
Tra i presenti all’evento anche il prefetto Valerio Valenti: “Una pagina della storia italiana che ha segnato tutto il Paese, come i fatti hanno dimostrato, dalla Sicilia fino a qui”. “I Georgofili rappresentano una svolta – ha poi detto – si è passati dalla teoria che la mafia era radicata solo al Sud alla certezza che invece la strategia mafiosa riguardava anche beni artistici, monumentali e andava combattuta a 360 gradi sul territorio nazionale”.
“Se la pericolosità si misura in termini di vittime potrei dire che oggi le mafie sono meno pericolose – ha poi aggiunto – Ma in realtà non è questo il metodo per misurare la pericolosità della mafia, che si infiltra in maniera subdola e in maniera assolutamente ormai invisibile nell’economia e nel sistema della legalità. Le mafie sono pericolose tanto quanto lo erano una volta. Bisogna adeguare gli strumenti di contrasto a questi fenomeni, potenziando anzitutto la prevenzione, i sistemi con cui si intercettano i circuiti finanziari che sono quelli molto più appetiti oggi dalla mafia “.
Il ricordo di Gabriele Chelazzi, il pm che fece condannare mandanti ed esecutori
La giornata ha dato spazio anche al ricordo di Gabriele Chelazzi, il pm che individuò e fece condannare mandanti ed esecutori delle stragi ’93-’94. Celebrazione che prosegue sabato mattina, sempre nel Salone dei Cinquecento.
Chelazzi morì ucciso da un infarto 19 anni fa, il 17 aprile 2003, a soli 59 anni, gli ultimi dieci dei quali interamente votati alle indagini su Cosa Nostra. Prima come pubblico ministero a Firenze, poi, dal ’98, come applicato alla procura nazionale antimafia. Chelazzi era in magistratura dal 1975 e aveva cominciato come sostituto procuratore a Milano. Tornato a Firenze, la sua città natale, si dedicò in particolare alle indagini sul terrorismo rosso (condusse le indagini sull’omicidio dell’ex sindaco Lando Conti, ucciso dalle Brigate Rosse in un agguato sulla via Faentina) e poi alle stragi mafiose. Era di turno la notte dell’attentato del 27 maggio.