È il 20 dicembre 2011 quando Gabriele Andriulli sta percorrendo la FiPiLi con la sua auto per tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro.
Un colpo di sonno, lo schianto e poi la corsa in ospedale. Al suo risveglio, dopo il coma, il responso dei medici non lascia speranze: Gabriele non camminerà più.
Ma la vita di Gabriele non è finita, tutt’altro, anzi riserva ancora grandi sorprese.
Il fiorentino che già aveva gareggiato da dilettante nel body builder nel 2013 va in America per curarsi presso la Fondazione Reeve a Miami e una volta qui decide di proseguire la sua carriera atletica.
Con una determinazione incrollabile torna ad allenarsi e qualche anno dopo Andriulli si aggiudica il primo posto nell’Arnold Classic la gara creata dall’attore Schwarzenegger punto di riferimento a livello internazionale per i body builder.
È il primo italiano al mondo a vincere questa competizione.
Ecco la nostra intervista
Ciao Gabriele! La tua storia inizia dieci anni fa con un incidente, cosa ti ricordi?
Quel giorno stavo lavorando, ero andato da un cliente a Novara. Tornando verso la mia azienda che si trova nell’Empolese mi sono addormentato in macchina, erano le due e mezza del pomeriggio. Ho sbattuto contro il guard-rail, non andavo forte però sono volato fuori dalla macchina e ho riportato una lesione midollare pur non rompendomi neanche un osso. Oggi ho una paralisi agli arti inferiori, a causa di una lesione che pur non essendo completa non mi consente di camminare e quindi sono paraplegico. È venuto l’elicottero a prendermi, c’è stata un’operazione importante e sono stato in coma per circa una settimana. Al mio risveglio mi sono state comunicate le mie reali condizioni e che avrei dovuto vivere la mia vita in carrozzina.
Da quel momento tante cose sono cambiate, sei andato a Miami per curarti e lì hai deciso di portare avanti una passione che avevi anche prima dell’incidente, quella del culturismo
Ho dovuto vivere per tanto tempo in unità spinale a Firenze. Sono uscito dall’ospedale a fine agosto, dopo quasi dieci mesi. È stato un percorso abbastanza lungo. Appena uscito la prima cosa che ho fatto è stata cercare una soluzione al mio problema. Avevo ancora tantissima speranza di potermi rimettere in piedi e volevo cercare qualcuno che mi potesse aiutare a farlo. Oggi ancora una soluzione clinica non c’è, è ancora tutto a livello sperimentale. Però ho iniziato a viaggiare, sono stato a Miami alla fondazione di Christopher Reeve, il mitico Superman, lì usano le staminali e fanno tanta ricerca.
La grande potenza dello sport è che annulla tutte le diversità
Quando arrivai lì c’erano pazienti in condizioni ben più gravi delle mie. Mentre ero in America ho ricominciato ad allenarmi e a rimettermi in forma perchè quando ero in ospedale avevo visto che c’era anche la mia categoria nello sport che ho sempre praticato ovvero il culturismo. Ho iniziato a gareggiare in America e dopo aver vinto alcune gare sono diventato professionista, da qui parte la mia storia atletica.
Per chi non lo conosce bene, spiegaci cos’è il culturismo
Si tratta di una disciplina molto particolare, è uno di quelli sport che possiamo definire di nicchia, anche se poi tanto di nicchia non è perchè ci sono gare molto importanti a partire da Mister Olympia che viene fatto a Las Vegas tutti gli anni a cui io ho partecipato già tre volte. Poi ci sono gli Arnold Classic le gare fondate da Schwarzenegger che io ho vinto proprio un mese fa. Sono anche il primo italiano body builder professionista in carrozzina, nel mondo in tutto siamo 31 professionisti.
Cosa ti ha dato lo sport?
Questo sport a partire dal 2014 in poi mi ha permesso di viaggiare in tutto il mondo, dal Sudafrica al Canada, dall’America al Sud-America. Ho visto una bella fetta di mondo in più. Oggi è diventato il mio lavoro, ho uno sponsor che mi paga e che mi consente di fare l’atleta a 360 gradi. Quindi oltre ad essere la mia passione adesso è anche il mio lavoro principale.
Di fronte alle storie di successo di atleti come te o Bebe Vio, di cui per fortuna si parla sempre più spesso, io a volte mi chiedo se è grande il peso che dovete sostenere in quanto atleti professionisti, come se fosse necessario un “riscatto” rispetto a quello che vi è capitato
Io ho insistito tanto per arrivare ad essere come sono in questo momento cioè un punto di riferimento per la mia categoria nel mondo, però la grande potenza dello sport è che lo sport annulla tutte quelle che sono le diversità. Io credo tanto nello sport, sono felice oggi di praticare sport e farlo anche come lavoro perchè è una delle poche cose che in questo momento annullano completamente la mia disabilità.
Purtroppo tutti i giorni la diversità viene rimarcata più dalla società che ti sta intorno che da quelli che possono essere i tuoi limiti fisici. Non sento il peso della responsabilità di dover dimostrare o dover raggiungere per forza qualcosa. Quello riguarda la mia volontà di dare il massimo. Sicuramente quando inizi a vincere tante gare e ad essere a un certo livello, le cose si fanno sempre più importanti e sicuramente c’è un po’ di pressione.
Diventiamo persone migliori ogni giorno se iniziamo a fare un percorso
Tantissime persone mi scrivono e mi chiedono dove trovo la mia motivazione, io credo che sia una cosa innata, è una forza che tutti noi abbiamo dentro, quello che dobbiamo fare è trovare questa forza dentro di noi, andare avanti e raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Questo non vuole dire che si deve per forza raggiungere un obiettivo prefissato, per esempio il mio obiettivo adesso è vincere l’Olympia, gareggerò il 15 dicembre, ma non so se ci arriverò mai. Se però io penso a quando ho iniziato questo percorso mi rendo conto che ho già raggiunto tantissimi obiettivi che io neanche mi ero posto. Quello che io vorrei dire a tutti è che tutti devono cominciare ad andare verso l’obiettivo poi è la vita che ci indirizza e che ci porta a tanti altri obiettivi che ci migliorano. Diventiamo persone migliori ogni giorno se iniziamo a fare un percorso.