L’ultimo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana realizzato dall’Osservatorio della Regione Toscana che è stato presentato a novembre 2021 ha rilevato che dal 2006 al 2020 sono 121 i femminicidi avvenuti nella nostra regione, parallelamente sono 41 i minori rimasti orfani per questi fatti di sangue. Il 73% di loro era di nazionalità italiana. Quattro le donne uccise per motivi di genere nel 2020.
Il dato che desta maggiore preoccupazione è che in Toscana è elevato il numero di femminicidi di donne anziane (negli ultimi 5 anni il 35,1% del totale erano donne sopra i 75 anni, contro il 16% del livello nazionale) e straniere (32,4% contro il 23,4% del livello nazionale) rispetto al contesto nazionale.
Ne parliamo con la fiorentina Alessandra Minello ricercatrice in demografia al Dipartimento di scienze statistiche dell’Università di Padova.
“Quello che abbiamo notato studiando i dati forniti dal Ministero dell’Interno– ci ha raccontato Alessandra Minello – è che il tasso di omicidi di donne anziane compiuti da partner ed ex partner rimane stabile nel tempo. Mentre negli altri casi il tasso decresce leggermente.
Nel corso della nostra ricerca abbiamo elaborato una riflessione rispetto al fatto che per quanto riguarda le donne anziane non c’è solo una violenza da parte dei partner e ex-partner ma anche da parte dei figli.
La violenza è in particolar modo acuita dalla pressione data dalla pandemia e dalla crisi economica, spesso è l’unione delle due cose.
Le donne anziane fanno parte di una generazione che non ha lavorato e in cui la divisione dei ruoli in casa è quella tradizionale, la questione economica e abitativa hanno un ruolo fondamentale.
Spesso nel rapporto delle donne anziane con i figli infatti c’è un’interdipendenza dal punto di vista economico che crea uno squilibrio di potere.
Quello che abbiamo rilevato con i colloqui ai centri antiviolenza è che la violenza in questo caso specifico si scatena quando ci sono difficoltà economiche, una difficoltà lavorativa per i figli per esempio, è una miccia che fa esplodere la situazione.”
L’omicidio da parte del partner
Ci sono poi molti casi di omicidio-suicidio di donne anziane malate da parte del partner che la stampa fatica a definire “femminicidi”.
“La riflessione che stiamo facendo – ci ha raccontato Alessandra Minello – è che invece sotto c’è una componente di genere molto forte che è legata a una divisione tradizionale dei ruoli di cura che nel momento in cui vengono ribaltati sostanzialmente diventano troppo pesanti da sostenere dall’uomo per cui si arriva nei casi estremi a questo tipo di esito.
L’uomo non ha la capacità di sostenere questo nuovo equilibrio.
Sicuramente il sommerso, cioè il non denunciato è sempre difficile da quantificare, spesso se il partner agisce violenza sono i figli che proteggono la madre e denunciano al suo posto.
Inoltre spesso ci sono squilibri che le donne della generazione prima della nostra non riconoscono come violenza. Per esempio la gestione economica non libera, dare pochi soldi alla moglie, contati per fare la spesa, questo è già un tratto non sano della relazione, nelle coppie più anziane spesso è la norma.”
La necessità di protocolli specifici
“Per i casi di violenza sulle donne anziane – prosegue la studiosa Alessandra Minello– non esistono ad oggi protocolli specifici. Nei centri antiviolenza cioè viene proposto sostanzialmente lo stesso protocollo che viene proposto alle altre donne che prevede per esempio incontri di gruppo.
Per il segmento di popolazione delle donne anziane questo tipo di approccio è difficile da contemplare. C’è la tendenza ad essere meno propense ai percorsi psicologici o alla condivisione e c’è maggiore intimità per quanto riguarda la relazione familiare.
Ad una donna giovane con figli puoi proporre di cambiare luogo in cui vive, con le donne anziane è molto più difficile perchè toglierle dall’ambiente abituale in cui vivono e pensare di ricollocarle altrove è un percorso molto più complicato.
Inizia ad esserci attenzione su questo tema ma c’è poca raccolta di dati e informazioni specifiche e non c’è ancora una costruzione diffusa per i protocolli di trattamento di questo specifico tipo di violenza che ha appunto delle componenti peculiari.”