Viviamo in un mondo in cui tutti i giorni in televisione vediamo spot che invitano le donne ad essere più magre, più lisce, più bionde, più toniche. Siamo invitate a “valorizzarsi” perchè sembra che senza i vestiti giusti, i capelli perfettamente acconciati e il trucco non abbiamo un reale valore.
Sembra che la “bellezza” sia la tassa da pagare per il solo fatto di essere donna, di esistere. Il corpo di una donna viene sempre prima di tutto, prima delle sue abilità, delle sue emozioni, di quello che pensa.
Il 18 settembre 2020 Giulia Blasi si trovava in piazza Bra a Verona con un gruppo di donne – scrittrici, filosofe, intellettuali, attrici – che si erano radunate in risposta al Festival dell’Eros e della Bellezza organizzato all’interno dell’Arena con una line-up interamente maschile.
Davanti a una platea spontanea di uomini e donne Giulia in quell’occasione ha pronunciato una lunga lista delle offese generalmente rivolte alle donne ritenute ‘non-belle’, un ‘pezzo’ che ha poi dato vita al libro “Brutta Storia di un corpo come tanti”, una profonda riflessione sull’obbligo per le donne di essere sempre e comunque ‘belle’.
Ciao Giulia, noi donne siamo abituate a chiederci costantemente se siamo vestite bene, se i capelli sono a posto come se un uomo ci stesse sempre guardando, come ci si libera dallo ‘sguardo maschile’ che ognuna di noi ha suo malgrado interiorizzato?
Non ci si libera individualmente, questa liberazione non può essere una liberazione individuale. Sicuramente ognuna di noi può decidere che chi se ne frega! E ci riesce con maggiore o minore successo. Noi però stiamo parlando di un sistema culturale che attribuisce ai corpi delle donne un valore specifico e questo valore è sempre funzionale. Il tuo corpo deve sempre fare qualcosa o fa figli o decora, “serve” a qualcuno. Non è possibile disgiungere il nostro senso di oppressione dal fatto che questo senso di oppressione è funzionale a un sistema. Dobbiamo mettere in discussione il sistema non preoccuparci troppo di liberarci noi individualmente. Ognuna lo può fare però si deve fare una discussione collettiva, sistemica. Non parlarne ognuna per sè o rifugiarsi nell’idea che ‘basta farlo’ perchè comunque poi va tutto a posto, non è così, l’oppressione esiste e dobbiamo liberarcene collettivamente, perchè non è una cosa che ognuna di noi soffre da sola.
Per assomigliare a un modello di bellezza prestabilito le donne devono prendersi costantemente cura di loro stesse, fare ginnastica, comprare prodotti di bellezza, il capitalismo sfrutta le nostre insicurezze. Ma cosa ne pensi delle critiche costanti a tutte quelle donne che decidono di ricorrere alla chirurgia estetica e modificare il loro corpo? Non sono due facce della stessa medaglia?
Assolutamente sì, le donne non vanno mai bene partiamo da questo presupposto. Tu non vai mai bene: se sei bella sei troppo bella, se sei brutta sei troppo brutta, se sei media potresti fare di più, se sei magra dovresti essere più grassa, se sei grassa dovresti essere più magra. Esiste una pressione costante sui nostri corpi che punta a farci sentire perennemente insicure. Quando interveniamo sui nostri corpi o sul nostro viso in maniera invasiva con la chirurgia estetica a quel punto ci esponiamo a delle critiche. Il punto è che non vai mai bene, il punto è tenere lo sguardo costantemente fisso sui corpi delle donne, i corpi vengono sempre prima di loro. Dovremmo cominciare a sottrarre il nostro giudizio sui corpi altrui. Ovviamente è molto complicato e torniamo al punto di partenza: è un problema sistemico.
Qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia dell’insegnante romana che a una ragazzina vestita in modo succinto ha chiesto ‘pensi di stare sulla salaria?’. Come riuscire a far capire che una donna si veste e si agghinda non necessariamente per piacere agli uomini ma per piacere a se stessa? A me colpisce che sia dia sempre per scontato che tutto quello che fa una donna sia necessariamente per piacere agli uomini
La questione dell’episodio della prof non ha molto a che vedere il piacere o non piacere agli altri, ha a che vedere con la necessità di controllare costantemente come le donne si presentano, soprattutto le giovani donne. Viene esercitato un controllo costante sui corpi delle giovani donne, in quel momento la professoressa ci ha tenuto a richiamare alla prostituzione perchè la sessualità della giovane donna deve essere costantemente controllata come anche il suo corpo. Credo che quello sia un incidente molto infelice, si è parlato anche del disprezzo verso le sex worker e sono tutte cose giustissime. Il punto che hanno evidenziato i ragazzi e le ragazze dell’istituto quando hanno protestato è proprio il tenore dell’osservazione. La professoressa in nessun momento avrebbe potuto dire a un ragazzo: pensi di stare sulla Salaria? Il punto è proprio che quell’episodio si inserisce in una cultura molto più ampia di controllo dei corpi delle ragazze. Io ho trovato interessante la reazione collettiva della scuola, ragazzi e ragazze sono usciti tutti e tutte in protesta perchè hanno percepito la sostanziale disparità di trattamento tra maschi e femmine. I maschi sono stati i primi adesso ci vestiamo come si vestirebbero delle femmine in maniera succinta e vediamo se questa cosa infastidisce come infastidirebbe per le ragazze, la risposta ovviamente è no.
Pensi che le nuove tecnologie, i social, i selfie abbiamo problematizzato ulteriormente il rapporto delle giovanissime con il loro aspetto?
Non lo dico io, ma lo dicono molteplici studi, i social e il fatto di stare costantemente davanti alla propria immagine ha creato moltissima insicurezza. A questo ovviamente si è aggiunto il fatto che negli ultimi anni sono stati inventati i filtri e app che dovrebbero ‘migliorare’ il tuo aspetto e nel caso delle donne questo aspetto ‘migliorato’ ti leviga la faccia e ti aggiunge del trucco. E’ molto difficile avere a che fare con modelli che ci ricordano costantemente quando siamo inadeguate, questo vale per le ragazzine come per le donne più adulte. Certo le ragazzine ci sono nate in mezzo, le donne più adulte hanno avuto un po’ di anni di cuscinetto per formarsi un altro tipo di immagine di sé. Detto questo io ho scritto un libro intero che parte dalla mia infanzia e arriva fino alla mia età attuale proprio per raccontare come questo sia un falso problema perchè l’insicurezza riguardo al nostro aspetto ci viene in culcata da molto prima che arrivasse Instagram. E’ un problema con cui abbiamo sempre fatto i conti, sicuramente i social hanno peggiorato la situazione però non si inserisce nel vuoto.
Nel tuo libro uno degli ultimi capitoli ha un titolo che mi ha fatto molto ridere “Il mostro finale” e parla dell’invecchiamento. Nei giorni scorsi è andato in onda il seguito di Sex and The City “And just like that” una serie per alcune ‘punitiva’ perchè ricorda in ogni puntata alle sue protagoniste che sono invecchiate, che non sono più ‘quelle di una volta’. Perchè fa così paura la donna che invecchia?
La donna che invecchia non fa paura, viene disprezzata perchè di fatto perde la sua funzione sociale. Le funzioni principali delle donne sono figliare, decorare oppure ‘servire’ cioè essere delle aiutanti, sacrificarsi, fornire supporto, curare. Non abbiamo socialmente la figura della ‘saggia’, della donna che guida, che porta la sua saggezza in pubblico. Noi non abbiamo paura delle donne anziane, abbiamo disprezzo per le donne anziane, perchè la donna anziana è considerata da buttare, perde ogni sensualità, non esiste una sessualità delle vecchie. Mentre uno come Sean Connery resta un figo a oltranza la donna che invecchia perde il suo valore attrattivo, perchè il capitale sessuale delle donne sta nella giovinezza, e nella fertilità. Nessuno vuole guardare le donne anziane nemmeno le protagoniste di ‘And just like that’ che se le guardi bene hanno fatto un sacco di cose per evitare di sembrare ‘troppo vecchie’. Buona parte di loro sono oltre i 50 anni, un’età in cui si vede che sei invecchiata, è chiaro che non sei più una ragazzina. Ognuna fa quello che può per sopravvivere, figuriamoci delle attrici per cui se invecchi perdi ogni possibilità di lavoro.
C’è un romanzo che io cito sempre che si intitola “Sono per sempre tua” ambientato in una sorta di futuro distopico in cui le donne vengono allevate in laboratorio solo per essere concubine, mogli oppure caste cioè una sorta di ordine di suore che deve addestrare le nuove giovani donne. In questo futuro le donne si gettano spontaneamente in una pira di fuoco al compimento dei 40 anni perchè esaurita la loro funzione riproduttiva non servono più a niente, non possono invecchiare o diventare brutte. Questo simbolicamente è molto potente, ci dice che le donne noi non le vogliamo veramente vedere o ascoltare o dare loro un posto nel mondo in cui possano davvero incidere. Tolleriamo quelle che si inseriscono senza problemi in un ordine già costituito o in un modo di vedere le donne che ‘ci fa piacere’. Tutte le altre devono sparire. Quindi confermo che non è ‘paura’ o meglio la paura sta solo dal lato delle donne, noi abbiamo paura di invecchiare perchè sappiamo quello che ci attende cioè la morte sociale. In particolare per le donne che hanno basato molto sulla loro bellezza, sul loro potere di seduzione può essere traumatico, ma non è indolore per nessuna, nemmeno per me che sulla seduzione non ho messo niente nella vita. La paura è tutta nostra, il mondo disprezza le donne anziane, non le teme.
Giulia Blasi sarà in Toscana per presentare “Brutta” in quattro date
5 marzo – Brutta a Piombino (LI), Biblioteca Civica Falesiana
16 marzo – Brutta a Prato, Centro Pecci Prato
23 aprile – Brutta a Fucecchio (FI)
28 maggio – Brutta a Pontedera (PI), Libreria Equilibri