Sono sempre più virtuali le relazioni della generazioneZ, costretti in parte dall’emergenza sanitaria, in parte per scelta. Internet, la rete, il web fanno parte del DNA dei nativi digitali, crescono con loro, sono strumenti che maneggiano fin da bambini. Che la rete è infinita e che sulla rete non hanno controllo, lo sanno. Sanno anche che una foto un po’ “piccante” anche se scattata con innocenza, per leggerezza, con superficialità, una volta finita nell’abisso della rete può diventare un’arma e una condanna. Lo sanno, ma spesso ne finiscono vittime.
I giovani oggi sono più connessi ma sono anche più soli. Per questo è fondamentale l’impegno della scuola nell’educare i ragazzi ai pericoli della rete.
Conoscere per difendersi, conoscere per non aver bisogno di difendersi.
Nunzia Ciardi è vicedirettore generale Agenzia cybersicurezza nazionale ed è intervenuta nella giornata di studio sulla violenza in rete organizzata al cinema La Compagnia. Tante infatti sono state le tematiche affrontate con personalità che potessero spiegare ai ragazzi le implicazioni della rete sotto più aspetti, da quello legale a quello psicologico, filo conduttore la proiezione del corto Sextinggroomingcyberbullying, scritto e diretto da Tobia Pescia e realizzato da Fondazione Sistema Toscana, in collaborazione con Regione Toscana, l’ufficio scolastico regionale e Fondazione Teatro della Toscana, frutto di un lavoro portato avanti dal tavolo di coordinamento per le strategie di intervento e prevenzione sul tema dell’abuso e la violenza all’infanzia e all’adolescenza.
La Regione Toscana, grazie anche al supporto dell’Ufficio scolastico regionale, è impegnata su più fronti con attività anche formative allo scopo di contrastare fenomeni di bullismo e cyberbullismo nelle classi.
Vale la pena ricordare il programma NoTrap. Sul sito del progetto c’è un’interessante sezione intitolata “Io non faccio la spia” che affronta il problema dell’indifferenza.
In rete è difficile distinguerla l’indifferenza: passa un video di un compagno di classe preso in giro perché gay, lo si guarda, si fa due risate, e non si fa altro che inoltrarlo ad un altro compagno che probabilmente a sua volta farà lo stesso. È una colpa? Cosa c’è di così grave? Tutto. Questa è l’indifferenza ma la rete, semplificando il gesto, deresponsabilizza i complici.
Questo aspetto è emerso anche durante l’incontro al cinema La Compagnia: i giovani spesso sono consapevoli dei rischi del web ma hanno difficoltà a capire quando e se chiedere aiuto. Quando lo fanno è la famiglia il primo punto di riferimento. Così si evince dall’indagine condotta tra gli studenti delle scuole di secondo grado della Città Metropolitana di Firenze tra ottobre e novembre 2019. Oltre che alla famiglia in caso di violenze o abusi in rete, è alla scuola, ai professori più ricettivi che i ragazzi chiederebbero aiuto. Seguono gli amici, le forze dell’ordine (polizia e carabinieri), il telefono azzurro e il proprio medico.
L’intervento di Ernesto Caffo, presidente Telefono Azzurro:
Accanto al ruolo fondamentale della famiglia, della scuola e di realtà come il Telefono Azzurro, è però necessario anche un adeguamento normativo alla luce dei nuovi fenomeni di bullismo in rete soprattutto quando avvengono sulle piattaforme di social networking. Ecco cosa ha detto il prefetto di Firenze, Valerio Valenti a tal proposito: