C’è un disco “volante” che si aggira tra la Toscana e la Sardegna, il suo nome è Drone San, progetto dei musicisti e compositori Nicola Pedroni e Andrea Sanna, al primo album omonimo in uscita il 14 gennaio 2022 su tutte le piattaforme digitali su etichetta Horribly Loud Records, da loro stessi fondata..
Attivi tra Cagliari e Firenze, si sono incontrati per caso in un jazz club e subito è scattato il colpo di fulmine musicale.
Dopo quella serata infatti Pedroni e Sanna hanno interamente composto, arrangiato ed eseguito il loro primo disco di musica elettronica “suonata” che nasce da un background legato alla scena post-jazz contemporanea.
L’album Drone San è stato scritto a Firenze e registrato in Sardegna, in prevalenza durante il periodo estivo, tra le pareti di uno studio, ma anche nelle profondità delle domus de janas, tipiche tombe preistoriche scavate nella roccia.
Nei sette brani di Drone San si va dal jazz all’amore per le colonne sonore, dal soul all’hip hop, dall’ambient all’IDM, sino a math rock, psichedelia cosmica e dub, rielaborando gli ascolti formativi di Battles, The Cinematic Orchestra, Tortoise e Boards Of Canada.
L’orientamento sci-fi del disco è evidenziato dall’eccezionale artwork nato in collaborazione con l’illustratrice Yoshi Mari, che ha immaginato che l’astronave dei Drone San si trovasse infatti alle prese con un disperato viaggio interplanetario alla ricerca di possibili forme di vegetazione, purtroppo scomparse nel nostro mondo.
Tra film sugli UFO, i romanzi H.P.Lovecraft, le streghe, l’ombra di Chutulu e chissà cos’altro ha inizio l’avventura dei Drone San.
Ecco la nostra intervista
Ciao ragazzi! Come vi siete conosciuti?
Nicola Pedroni: Avevo un progetto musicale in un trio insieme a una cantante e un contrabbassista, e mi serviva un tastierista. Mi indicarono un ragazzo giovane, bello e bravo, e lo chiamammo per un concerto a Cagliari. Iniziammo a suonare insieme e capiamo che c’era qualcosa di speciale tra noi, suonavamo bene insieme. Così abbiamo deciso di lavorare insieme, all’inizio doveva essere solo per un live poi è diventato un disco che ha richiesto un anno e mezzo di lavoro.
Avete un background simile musicalmente?
Andrea Sanna: Direi che quello che ci accomuna di più è l’improvvisazione di matrice jazzistica ma non nell’eccezione più tradizionale. Siamo entrambi due sperimentatori e arriviamo entrambi da quel mondo. Un’altra cosa che ci ha fatto avvicinare è l’amore per la musica elettronica, ci siamo trovati entrambi in un periodo dei nostri percorsi musicali in cui ci interessa questo tipo di musica suonata con i sintetizzatori. Ci siamo detti perchè non iniziamo a scrivere qualcosa insieme usando questo ambiente musicale ma con il nostro background comune. Così è nata una forma originale che mischia più generi.
Come avete lavorato insieme al disco? Si può dire che è stato un disco scritto “a distanza”?
Nicola Pedroni: Si può dire che è un disco di piena pandemia. Tutto è cominciato prima del primo lockdown ma si è svolto per metà a distanza. L’evoluzione di questo disco è stranissima perchè parte come una semplice creazione di musica elettronica. Poi ci siamo resi conto di volerla suonare e quindi abbiamo deciso di registrare il maggior numero di parti possibili in studio. Poi ci siamo visti in Sardegna e abbiamo fatto una session in studio di un paio di settimana di registrazione e da lì abbiamo ri-prodotto tutto e siamo tornati a lavorare a distanza e abbiamo fatto una produzione da zero usando sia i suoni iniziali che i suoni nuovi e ricomponendo tutti i brani. per cui diciamo che i brani li abbiamo scritti tre volte, sono cambiati parecchio.
Ho letto che avete registrato dei brani in alcune tombe preistoriche in Sardegna, questa me la dovete raccontare per bene…
Andrea Sanna: Abbiamo accumulato tantissimo materiale registrato in diverse situazioni, proprio per poterlo usare a posteriori come materiale sonoro da poter rielaborare in chiave elettronica. Partire da un materiale acustico per creare qualcosa di diverso. Io abito in Sardegna ed ero a conoscenza delle “Domus de Jana” che sono considerate le case delle fate o delle streghe e in pratica sono delle stanze ricavate all’interno di una roccia enorme. E’ possibile entrarci e ci sono dei riverberi naturali molto particolari, così ci siamo detti perchè non sfruttarlo.
Nicola Pedroni: C’è una nota di colore, il padre di Nicola Vacca, che ha registrato tutte le take nel suo studio, è espertissimo di strutture antiche sarde, conosce tutti i nuraghe. Lui ci ha detto che ne esisteva una a forma di disco volante. Visto che tutta la nostra grafica parte da un disco volante con i tentacoli che è anche sulla copertina del disco abbiamo colto la palla al balzo. Siamo corsi con la nostra macchina piena di oggetti e siamo andati all’interno di questa mini-necropoli con i soffitti molto bassi a registrare.
Non si è manifestata nessuna presenza durante le registrazioni? Fate, streghe o alieni?
Andrea Sanna: No perchè abbiamo registrato di giorno, se fosse stato di notte forse sarebbe stato più probabile. Comunque sono posti bellissimi.
Nella vostra musica c’è qualche suggestione cinematografica?
Nicola Pedroni: Sicuramente si, i collegamenti ci sono ma non sono voluti. Io vengo dal mondo delle colonne sonore soprattutto per il teatro e sono un grande amante come Andrea di tutta la fantascienza. Quel tipo di estetica cinematografica mi appartiene ma a livello conscio non avevo pensato a metterla in questo lavoro. Sarà che alcuni pezzi come Ornamentalities sono nati in un periodo stranissimo in cui dovevamo stare a casa con un virus che girava nel mondo e nessuno capiva cosa stesse succedendo. All’inizio era veramente scioccante quindi probabilmente il nostro subconscio ha lavorato in quella direzione, è un po’ una narrazione delle distopia che stiamo ancora vivendo.