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Toscana, Covid: analisi delle acque reflue per monitorare la diffusione del virus

Al progetto hanno lavorato le Università di Pisa e Firenze. L’obiettivo è costruire un sistema di controllo dell’andamento epidemico e creare una struttura operativa di allerta precoce

fogne acque reflue - © Phatranist Kerddaeng

L’intuizione c’era stata, oggi arrivano le prime conferme: le acque reflue sono un utile strumento di analisi per individuare e intercettare eventuali focolai Covid. Oltre ai test molecolari e antigenici, anche i 14mila chilometri di reti fognarie presenti nella nostra regione possono dare una mano al monitoraggio dell’andamento della pandemia, il che si traduce con interventi e azioni più mirate e tempestive.

Partendo da un’evidenza scientifica, la presenza di Sars CoV2 nelle feci di persone infette da tempo, a livello internazionale, già dai primi mesi della pandemia si studiano le acque reflue come ulteriore strumento di sorveglianza della malattia in un’ottica di “wastewater-based epidemiology” (wbe). In Toscana questo lavoro di ricerca è iniziato a gennaio di questo anno e poteva contare su dati e analisi anche già acquisite nel 2020. Ma andiamo con ordine.

Il progetto

Già dai primi mesi di diffusione della pandemia in Europa, USA e Australia, intuirono che le feci infette potevano rappresentare un’ottima base di campionamento. Il Sars-CoV-2 è stato ritrovato infatti nelle feci di almeno il 30% degli infetti, con questi monitoraggi è stato possibile individuare il virus anche precocemente della segnalazione dei primi casi in una popolazione.

Da gennaio 2021 le Università di Firenze e di Pisa, in collaborazione con Ingegnerie Toscane, l’Autorità Idrica Toscana e le aziende toscane di gestione del Servizio idrico integrato, hanno avviato un percorso finalizzato al monitoraggio della diffusione del Sars-CoV-2 nella rete di pubblica fognatura, che ha riunito e integrato precedenti attività di ricerca avviate fino a maggio 2020 e che ha portato la nostra Regione ad affidare ad Ingegnerie Toscane l’incarico di coordinare il gruppo di lavoro coinvolto nel progetto di ricerca, iniziato formalmente a marzo 2021 e di cui fanno parte microbiologi, ingegneri ambientali, medici, chimici, oltre al personale tecnico-operativo delle aziende, in collaborazione con alcune strutture sanitarie regionali.

L’obiettivo è costruire un sistema di controllo dell’andamento epidemico e di dotarsi di una struttura operativa di early warning (allerta precoce) utile quando la pandemia regredirà e si dovrà essere pronti ad azioni di intervento veloci ed efficaci, per impedirne il ritorno.

La seconda fase del progetto

La seconda fase del progetto regionale proseguirà a integrazione del progetto di sorveglianza nazionale “Sari” (“Sorveglianza ambientale di Sars Cov-2 attraverso i reflui urbani in Italia”) dell’Istituto superiore di sanità per ulteriori 3 anni. La decisione di proseguire con gli approfondimenti in scala regionale si basa sull’esperienza maturata con il gruppo di lavoro formato grazie al progetto, che integrerà ulteriori esperti legati alla biologia molecolare, all’epidemiologia e alla fisica dei sistemi complessi, con la finalità di eseguire un’analisi di maggiore efficacia dei dati raccolti. Tale fase, infatti, prevederà lo sviluppo di tutti i protocolli operativi e la modellizzazione matematica dei diversi sistemi fognari monitorati, al fine di migliorare la sensibilità e il valore del monitoraggio per l’allerta precoce e completare le procedure di controllo epidemiologico del Covid-19. La volontà è pertanto quella di investire sul valore aggiunto che gli approfondimenti regionali potranno fornire, con l’obiettivo di continuare a utilizzare le reti fognarie per l’allerta precoce anche di eventuali future epidemie.

“Questi primi risultati ci incoraggiano a proseguire su questa strada e a continuare ad avvalerci delle nostre professionalità, che sono di altissimo livello e che rendono la Toscana un indiscusso punto di riferimento anche a livello internazionale sul fronte della ricerca e dell’innovazione. La sanità è organizzazione, professionalità, ricerca, innovazione, efficienza dei servizi e concretezza. Il progetto si inserisce in questo contesto di azioni concrete, che aggiungono valore al sistema sanitario pubblico”, ha commentato l’assessore regionale alla Sanità, Stefano Bezzini

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