sfoglia la gallery
© Claudio Giovannini

Cultura /

Restaurata la Pietà di Michelangelo: rimasta incompiuta a causa del marmo difettoso

Il restauro ha confermato che il marmo era difettoso come racconta anche il Vasari nelle ‘Vite’ descrivendolo duro, pieno d’impurezze di pirite che ‘facevano scintille’ e microfratture

Michelangelo abbandonò senza mai finirla la Pietà Bandini conservata oggi al Museo dell’Opera del Duomo, la sua ultima scultura alta 2 metri e del peso di 2.700 kg a causa del marmo che era difettoso, pieno di microfratture, in particolare una sulla base.

Questo ha rivelato il restauro commissionato dall’Opera del Duomo che si è appena concluso ed era iniziato nel novembre 2019, subendo più di uno stop a causa del Covid.

Alla Pietà Michelangelo  lavorò tra il 1547 e il 1555, ritraendosi nel volto di Nicodemo. Si racconta che il grande artista, ormai anziano, scontento del risultato, abbia tentato in un momento di sconforto di distruggerla a martellate.

Il restauro non ne ha individuato traccia, a meno che Tiberio Calcagni, che intervenne sull’opera entro il 1565, non ne abbia cancellato i segni.

Pietà Bandini, Michelangelo

Il restauro ha portato anche alla scoperta che l”enorme blocco di marmo su cui è scolpito uno dei capolavori più intensi e tormentati di Michelangelo proviene dalle cave medicee di Seravezza e non di Carrara come ritenuto fino ad oggi.

Una scoperta significativa perché le cave di Seravezza erano di proprietà medicea e Giovanni de’ Medici, futuro Papa Leone X, aveva ordinato a Michelangelo di utilizzarne i marmi per la facciata, mai realizzata, della chiesa di San Lorenzo a Firenze e di aprire una strada per trasportarli al mare.

Come mai questo enorme blocco di marmo fosse nelle disponibilità di Michelangelo a Roma, quando scolpisce la Pietà, rimane però un mistero. Michelangelo non era soddisfatto della qualità di questi marmi perché presentavano venature impreviste e microfratture difficili da individuare dall’esterno.

Il restauro ha confermato che effettivamente era difettoso come racconta anche il Vasari nelle ‘Vite’ descrivendolo duro, pieno d’impurezze e che ‘faceva fuoco’.

Dal restauro sono emerse tante piccole inclusioni di pirite nel marmo che colpite con lo scalpello avrebbero certamente fatto scintille, ma soprattutto la presenza di numerose microfratture, in particolare una sulla base che appare sia davanti che dietro, e che fa ipotizzare che Michelangelo incontrandola mentre scolpiva il braccio sinistro di Cristo e quello della Vergine, sia stato costretto ad abbandonare l’opera per l’impossibilità di proseguire il lavoro.

Il restauro è stato possibile grazie alla donazione della Fondazione Friends of Florence, affidato a Paola Rosa con la collaborazione di Emanuela Peiretti.

 

I più popolari su intoscana