Il Premio Saverio Tutino 2021 va alla memoria del Comandante Furio Aceto nato a Saluzzo (Cuneo) nel 1921 e morto nel 2020. Furio Aceto è un uomo straordinario, ufficiale di Cavalleria del Regio Esercito durante la Seconda guerra mondiale, viene richiamato a Roma all’indomani dell’8 settembre. Essendo un ufficiale, sarebbe bastata una semplice firma di adesione formale alla Repubblica di Salò a garantirgli la sicurezza e il ritorno in famiglia.
Ma la coerenza con i suoi ideali e la sua dirittura morale gli fanno scegliere la via della montagna. Torna nelle valli piemontesi in cui è nato e raggiunge il fratello Flavio, comandate partigiano. È il preludio di una stagione di sofferenze ma anche di grandi entusiasmi, che lo porterà a guidare la Brigata dell’Ordine come vice comandante nella liberazione di Savona.
Il suo diario che va dal 1943 al 1985 è pieno di episodi comici e rocamboleschi come quando fa travestire la moglie da soldato e la nasconde dentro un carro armato per tenersela vicina. Ma quello che colpisce di più della sua testimonianza è il fatto che per lui ogni uomo resta sempre un uomo anche quando si trova tra le schiere nemiche. Secondo Furio Aceto le vie che portano a scegliere una parte o l’altra sono le più disparate e in ogni situazione si impegna sempre per difendere la vita umana, contro le esecuzioni sommarie.
Comandante Aceto diventerà un volume della collana dedicata ai testi dell’Archivio Diaristico Nazionale nel corso del 2022 per l’editore Terre di Mezzo.
A Pieve Santo Stefano ha sede anche l’Archivio fondato dal giornalista Saverio Tutino nel 1984 che raccoglie oltre9 mila diari, memorie e lettere provenienti dalla penna di persone che hanno affrontato spesso prove durissime nella loro vita, la guerra, la malattia, l’emarginazione, il razzismo, la violenza familiare oppure l’amore, i viaggi, esperienze bellissime e potenti che hanno deciso di mettere su carta.
Una testimonianza di valore inestimabile, tanti sguardi sull’Italia e sul mondo che diventano memoria pubblica e raccontano la storia di tutti noi. Ogni anno l’Archivio si arricchisce di nuovi contenuti proprio grazie ai diari che vengono continuamente inviati al Premio diaristico Pieve Santo Stefano.
Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana presente alla premiazione ha dichiarato: “C’è una radice profonda nell’esprimere attraverso i diari quella che è la memoria profonda, l’identità dei singoli scrittori ma anche dello spirito di comunità. In 37 anni qui a Santo Stefano abbiamo visto una crescita continua che ha portato alla creazione dell’Archivio dei diari, un vero e proprio centro di raccolta. Io ho sempre ritenuto che da un lato la scoperta generale dell’universo avvenga attraverso la scienza e dall’altro c’è altrettanta dimensione universale dentro ciascuno di noi. Pensiamo a quanto sono profondi i sentimenti che tutti noi abbiamo, scriverli in un diario è qualcosa di bellissimo. Nessuna storia è piccola, ogni storia ha una dimensione universale. A Pieve Santo Stefano con questo Premio viene fatto qualcosa di straordinario e io vi faccio i complimenti per quello che avete creato”.
Gli otto diari in gara
I diari e gli epistolari in gara quest’anno coprivano un arco temporale di quasi 200 anni, dal 1848 ad oggi. Protagonisti uomini e donne che hanno attraversato la storia dell’Italia e ce l’hanno raccontata dal loro personalissimo punto di vista. Da Ines Ghiron coraggiosissima ragazza che a Roma nel 1939 aderisce a Giustizia e Libertà e prende parte alla resistenza antifascista, a Federico Dalgas ricco commerciante figlio del console di Danimarca che nella Livorno dell’800 si schiera duramente contro i moti popolari per l’Unità d’Italia, dalle lettere d’amore tra l’infermiera Rina Ferri e Brunero Zaghi il quale attraversa una durissima vita di privazioni e viaggi anche in Venezuela prima di ricongiungersi con la sua amata, da Federico Hermanin de Reichenfeld storico dell’arte che cerca di salvare Palazzo di Venezia a Roma scelto da Benito Mussolini come sua residenza a Tealdo Tealdi appassionata guida turistica che racconta con il cuore spezzato una Firenze distrutta dai bombardamenti, da Rodolfo Santovetti una sorta di esplosivo piccolo Giamburrasca che racconta la sua vita in collegio a Montecassino e la sua fuga dopo l’arrivo della guerra, a Gervasio Innocenti che scrive della sua esperienza con il padre paralizzato a letto, fino all’ultimo giorno della sua vita.
Un brano della memoria del Comandante Aceto
Mia suocera, timorosa degli eventi, e preoccupata per la mia posizione irregolare, tenta ripetutamente, insistentemente di convincermi a “mettermi in regola” presentandomi alle autorità repubblichine. Saputo dei rastrellamenti tedeschi in Val Corsaglia, i miei suoceri si recano al Serro e bruciati nella stufetta i miei berretti militari e il calcio del fucile Flobert, che avevo donato a Vittorina, disdicono il nostro alloggio, barattando a saldo dell’affitto le nostre provviste così faticosamente raccolte. Infatti ritengono ormai inopportuno e impossibile un nostro ritorno in montagna. Giunto il giorno dell’operazione,’ mia moglie ottiene dal chirurgo l’anestesia locale per salvare il figlio che sente in seno da poco più di un mese. L’intervento è così molto doloroso, e anch’io soffro nell’udirla lamentarsi: «Non fate male alla mia bambina!».
Con la complicità di quelle ottime suore, sono nascosto nel vicino spogliatoio. Dio ci aiuta anche in questa occasione. Le persistenti argomentazioni di mia suocera finiscono per rodere “come un tarlo” la mia mente, amplificando i miei ossessivi sensi di colpa. Nelle notti insonni rimugino tristemente che il bilancio della mia vita è ora quasi del tutto negativo. Ho perduto la mia prestigiosa posizione di Ufficiale Effettivo. Non ho più uno stipendio; né possibilità di guadagnarmi il pane, in quanto clandestino. Non ho alcuna sicurezza perché “sbandato alla macchia”, passibile di pene estreme.
Non posso offrire nulla ai miei cari. Anzi la mia presenza inette in pericolo la libertà e probabilmente la vita di mia moglie e dei suoi, che tanto generosamente mi ospitano. Non posso rifugiarmi dai miei perché la situazione è ancora peggiore, essendo stata denunciata già una volta mia madre, e avendo mio fratello Ezio una cospicua taglia sul capo. Un senso di impotenza e di scoramento mi soffoca. Dopo un’altra notte insonne e tormentata, mi sento gravemente colpevole di egoismo. A causa dei miei principi di fedeltà al Giuramento e di opposizione al fascismo… io mi sono posto contro l’opinione di mia suocera, esponendo a privazioni e pericoli mia moglie.