Storie /L'INTERVISTA

L’Italia? “Una Repubblica in convalescenza”. Viaggio nella storia tricolore con Cosimo Ceccuti

Diritti, lavoro, giovani. E come è cambiata la politica con l’avvento del digitale. Il presidente della Fondazione Spadolini traccia un bilancio della Nazione tra passato, presente e futuro

Il professor Cosimo Ceccuti è il presidente della Fondazione Spadolini. Una voce autorevole per fare il punto sulla nostra Repubblica, che tra alti e bassi, è arrivata fin qui.

Professor Ceccuti, se consideriamo la Repubblica come una madre la domanda diventa inevitabile. Come sta la mamma?

Potrei dire che sta attraversando un periodo di convalescenza. Non c’è naturalmente quello slancio ideale da cui nacque. Quella voglia di rimboccarci le maniche che ci permise di passare dalle macerie della guerra civile al miracolo economico. Ma senza dubbio c’è anche una nazione che tra momenti bui e rinascite ha saputo diventare una delle sette potenze economiche mondiali.

Però nel frattempo è cambiata la politica, il rapporto dei cittadini con le istituzioni. La fiducia, che si sta sciogliendo come avviene per i ghiacciai morsi dal mutamento climatico.

Un distacco che fa sembrare lontanissime percentuali di votanti dei giorni in cui partecipare era una conquista. E’ una crisi globale, e noi ci siamo dentro. Abbiamo considerato i benefici della nostra democrazia come qualcosa di immutabile. E così abbiamo vissuto di rendita, sperperando in parte il nostro patrimonio.

Colpa della politica?

Non proprio. Semmai responsabilità di quella politica che non ha immaginato il futuro e di un avvilimento sul piano ideale. Esiste il day by day, certo. Ma poi deve esserci una visione, una prospettiva. Per essere chiari, dei programmi. Non dei proclami quotidiani che servono solo a spostare l’attenzione.

Abbiamo confuso la politica col puro marketing. Arriva un sondaggio e ci si muove di conseguenza.

E’ cambiata la comunicazione. D’altra parte la rivoluzione digitale è stata la novità più potente di inizio millennio. Oggi si parla molto e si riflette poco. L’importante è esistere. Il per fare cosa viene dopo. E’ così che cala la partecipazione e cresce la fluidità del voto. Oggi per passare dal venti per cento al quaranta e viceversa è un attimo. Per questo non si riesce mai a realizzare riforme profonde e obbligate. Tutto viene sempre rimandato. E la democrazia va in sofferenza.

Cerchiamo una via d’uscita.

Serve equilibrio tra snellimento del sistema e garanzie costituzionali. Quelle sono la base, ma se un processo dura vent’anni significa che il sistema è malato

Parla della riforma della giustizia.

Certo, una di quelle che l’Europa ci chiama a mettere sul tavolo. E l’Europa può piacere o meno, ma è solo lei che ci può salvare dal declino. Quindi è ora di agire

Perché poi arriva il populismo. E quelli che danno l’assalto al parlamento degli Stati Uniti.

Qualcosa di inimmaginabile. Anche se la storia insegna. Il populismo è il peggior nemico della democrazia. Quando questa non è più alleata dei cittadini ma sembra quasi un ostacolo può accadere di tutto. Per fortuna abbiamo degli anticorpi

E un presidente della Repubblica che fa come il nonno saggio quando i nipotini litigano e sbraitano. Questa sembra sempre la soluzione che ci piace di più.

Sì, ma negli ultimi anni abbiamo anche visto presidenti costretti a intervenire per evitare situazioni che avrebbero creato attriti forti con l’Europa. E adesso abbiamo un premier molto stimato nel mondo che guida il paese mentre la sua maggioranza fa campagna elettorale.

Il consenso è una droga.

Lo è sempre stato. Ma poi esiste il bene comune, e quello deve essere la sintesi, altrimenti rimani bloccato in una logica di pura propaganda. Come tira il vento come approcci il mare. Insomma, tatticismi quotidiani ma scarsa visione del domani.

Professor Ceccuti. I momenti bui sono stati tanti. Ma qual è stato secondo lei il momento più basso della storia della Repubblica.

Sono stati tanti. Basti pensare alle bombe, al terrorismo. Al sangue. Ma dal punto di vista strettamente politico direi che la distruzione dei partiti nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica ha segnato la crisi di sistema che stiamo attraversando. Certo, i corrotti dovevano pagare. Ma aver eliminato i partiti dal gioco ha generato solo confusione e danni. I partiti sono previsti dalla nostra sostituzione e devono avere un ruolo attivo e di partecipazione nel dare respiro alla nostra democrazia. Diciamo che non abbiamo saputo gestire l’era post ideologica, non abbiamo saputo cogliere fino in fondo la grande opportunità.

Cosa ci manca?

La competenza, spesso manca quella. E una visione.

La pandemia però ci ha costretti a riflettere e ad agire.

Ci siamo comportati bene e adesso abbiamo una nuova occasione per costruire un futuro diverso.

Partendo dalla costituzione. Magari dall’articolo uno.

Sì, il lavoro. Ho visto gli ultimi dati, sono impressionanti. Cresce sempre di più il numero di persone che non cercano un lavoro. Non ci credono più. E questa è una sconfitta.

Anche i cervelli in fuga sono una sconfitta, no?

Oggi un ragazzo sembra condannato a vivere coi genitori ben oltre i trent’anni. La politica deve liberare risorse per spingere i giovani verso la vita, verso una casa, l’indipendenza. Anche questa è civiltà.

Parola che stride col presente. I filosofi dell’era digitale immaginavano il futuro come un luogo di scambio globale. La grande democrazia del web. Poi siamo finiti a scannarci su twitter.

Vero. Ma senza gli smartphone non saremmo visto le violenze dei poliziotti americani sui neri. Abbiamo strumenti incredibili ma spesso ci manca l’educazione per saperli usare. Serve responsabilità, autodisciplina. La scuola e la famiglia sono fondamentali per immaginare un futuro migliore.

Proviamo a essere ottimisti. Magari serve molta fantasia, ma una strada va cercata.

Naturalmente. Spadolini riusciva sempre a essere ottimista, eppure di momenti bui della nostra Repubblica ne aveva visti. La soluzione è nei giovani, quelli che oggi abbiamo resi prigionieri di un domani senza luce. I giovani vanno formati, aiutati, spinti a liberare le loro energie

Sembrano vittime del nostro egoismo.

Lo sono. Hanno davanti un muro. Nella società, ma spesso anche in famiglia. A volte è più semplice mettere un figlio davanti alla play station che passare più tempo a parlare con lui. Lo so, sembra un esempio banale ma spiega molte cose.

E’ anche vero che i giovani hanno dei sogni. E quelli, al di là della retorica, sono pura energia.

Creatività e pragmatismo. La nascita della nostra Repubblica ha costruito un miracolo così. Non dimentichiamolo

E La Toscana, nella storia, è stata in prima linea.

Sempre. Per la civiltà, la cultura. E la lingua, quella che ha permesso la vera unificazione del nostro paese

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