Naso aquilino, lungo abito rosso e uno sguardo penetrante. È così che siamo abituati ad immaginarci Dante Alighieri il padre della lingua italiana, autore di quel capolavoro eterno che è la Divina Commedia. Proprio in questi giorni uno dei suoi ritratti più famosi, l’affresco staccato di Andrea del Castagno è stato restituito a nuova vita grazie al restauro dell’Opificio delle Pietre Dure realizzato in occasione delle celebrazioni per il Settecentenario del Sommo Poeta.
La storia del ritratto di Dante Alighieri
Andrea del Castagno dipinse il ritratto di Dante Alighieri intorno alla metà del Quattrocento per decorare le pareti di una villa che si trovava nella periferia di Firenze a Legnaia. Dante non era solo ma era accompagnato dagli altri due poeti fiorentini Petrarca e Boccaccio e da una serie di uomini e donne illustri.
La villa apparteneva a Filippo Carducci comunemente riconosciuto come committente del ciclo. Era un personaggio che aveva ricoperto a Firenze importanti cariche pubbliche. L’importanza di questo ciclo pittorico è dovuta al fatto che si tratta dell’unico giunto fino a noi proveniente da una committente privata. L’opera ha subito vicissitudini abbastanza complesse, se ne è persa memoria per diversi secoli perchè è stata coperta da un’imbiancatura fino a quando a metà dell’Ottocento le pitture sono tornate alla luce. Sono state staccate dall’estrattista bolognese Giovanni Rizzoli per arrivare poco dopo alle Gallerie degli Uffizi dove si trovano oggi esposte nell’ex chiesa di San Pier Scheraggio.
Il restauro
L’intervento sull’affresco staccato, durato circa sei mesi, ha restituito una nuova giovinezza al ritratto del sommo poeta, scurito e ‘invecchiato’ dall’offuscamento dei colori, tanto che risultava molto più cupo e accigliato del suo aspetto originario. ll progressivo deposito di sedimenti sulla superficie pittorica e i successivi interventi e ritocchi avevano infatti appesantito il cromatismo dell’opera, dandole un aspetto da “dipinto a olio”.
Cecilia Frosinini direttice del settore pitture murali dell’Opificio delle Pietre Dure ha dichiarato: “È stato un restauro estremamente interessante anche perchè come spesso succede sono spesso le opere che sembrano non avere necessità di restauro che poi rivelano invece quanto si celava sotto un’apparenza che si era ormai stratificata, codificata nell’immaginario di tutti. Quest’opera iconica di Dante arrivava dopo interventi e passate sovrapposizione che la facevano apparire più come un dipinto a olio che non una pittura murale vera e propria. La possibilità di rimuovere tutti questi materiali aggiunti, queste estesissime ripassature fatte da un grande restauratore del passato Leonetto Tintori, ha permesso di recuperare colori diversi molto più trasparenti e legati alla tecnica originale che è quella dell’affresco”.
La maxi-mostra a Forlì
Adesso il ritratto è pronto per andare a Forlì dove dal primo aprile all’11 luglio sarà aperta la maxi mostra “Dante. La visione dell’arte” che ripercorrerà l’impatto del poeta toscano nei secoli successivi attraverso le creazioni di Giotto, Beato Angelico, Filippino Lippi, Michelangelo, Tintoretto, Boccioni, Casorati e tanti altri maestri del contemporaneo
Eike Schmidt direttore delle Gallerie degli Uffizi ha dichiarato: “È veramente splendido quello che ora si vede. Il poeta sembra ringiovanito e si vede con precisione ogni pelo della sua barba di due giorni, cosa che prima non era visibile per via della polvere e dello sporco di un secolo e mezzo che si era raccolto sulla sua superficie. Ci sono altri particolari che ora emergono chiaramente ed è strutturalmente rafforzato e pronto per il viaggio a Forlì dove tra pochi giorni verrà allestita la grande mostra con oltre 300 opere di cui 50 provenienti dalle Gallerie degli Uffizi che sono co-organizzatrici dell’evento. Un’esposizione che per la prima volta ripercorre tutte le tappe della fortuna visiva di Dante dai suoi giorni fino al contemporaneo e rende evidente l’impatto fortissimo su tutta la cultura italiana, non solo sulla lingua”.