#acasainsalute è stata la prima app a livello nazionale di screening di massa. Permetteva di ricostruire la catena del contagio e di creare un collegamento diretto cittadino-Regione per la presa in carico della persona positiva al Covid. Fu destinata inizialmente a circoscritte categorie di lavoratori poi a tutta la cittadinanza. Sul momento fu una vera e proprio rivoluzione, anche da Roma guardarono alla app toscana con interesse e con l’intento di applicala a tutto il Paese
Erano giorni concitati, difficile muoversi tra le maglie della burocrazia tra privacy, normative non ancora chiare e una situazione epidemiologica in divenire.
A ideare #acasainsalute fu Andrea Belardinelli, direttore settore sanità digitale e innovazione della Regione Toscana. Il racconto di questo ultimo anno Belardinelli lo rivive tramite numeri e dati, quelli che gestisce ogni giorno, sempre di più da quando lanciò quella prima app, fino a quelli che appaiono oggi sul suo monitor.
Solo un anno fa pochi avevano dimestichezza con gli strumenti della sanità digitale, eravamo abituati a chiamare il Cup o ad andare agli sportelli per qualsiasi pratica sanitaria. Oggi invece riceviamo le ricette via sms, prenotiamo i tamponi e sempre online consultiamo il referto. Anche la campagna di vaccinazione è a portata di click. La semplicità del gesto con cui premiamo invio sul pc, non rende giustizia allo sforzo fatto per rendere efficiente e rispondente il modello sanitario regionale.
In questo anno non sono mancate le soddisfazioni, ma neppure i momenti difficili come Belardinelli racconta: “Quando nell’autunno scorso ci siamo resi conto che il tracciamento era in ritardo, l’unica scelta possibile era attivare i tracciatori. La Toscana è stata la prima regione a farlo utilizzando il bando della Protezione Civile. Ne abbiamo attivati tre, non uno centrale ma tre dislocati sul territorio perché sappiamo che la conoscenza di dove si opera è fondamentale, sapevamo che prioritario era il contatto con le persone.”
Più persone tracciate significa più dati a disposizione, e i dati sono la nostra arma per interrompere la catena del contagio: “La sanità – spiega il dirigente – era digitale anche prima del Covid, pensiamo alle ecografie, a tutto ciò che è tecnologico dentro una sala operatoria. Quello che è cambiato nell’ultimo anno è l’approccio al dato. Ci siamo accorti che i dati potevano essere una risorsa: se inseriti in sistemi di analisi, ecco che si trasformano in uno strumento cruciale per governane l’emergenza permettendoci di anticipare ciò che può succedere . Questo ci ha consentito di realizzare una marea di servizi app e portali. Siamo riusciti addirittura a proporre con successo una applicazione per le rsa, le residenze per anziani, un mondo fino ad un anno fa che poco dialogava con il sistema sanitario regionale, composto per lo più da strutture private. Accedere a questo mondo si è rivelato fondamentale nella gestione dell’emergenza, soprattutto perché le rsa sono state pesantemente colpite dal Covid”.
“La vera sfida – aggiunge – era fornire a tutti un sistema unico dove tutti si potessero ritrovare evitando il rischio di gestioni individualistiche dei dati. Risposte locali non sarebbero state adeguate a rispondere ad una pandemia nazionale, la presenza della Regione Toscana come ente di coordinamento, unico, e centralizzato ha permesso di ottimizzare la mole di dati a disposizione e di farne strumenti nella lotta contro il Covid ”
I dati sono uno strumento cruciale per governare l’emergenza ed è stato fondamentale il coordinamento unico e centrale della Regione Toscana
In poco più di un anno la tecnologia in tasca delle persone ha fatto passi da giganti: “All’inizio dell’emergenza la mia principale preoccupazione era far partire la macchina. Ricordo che passai tre notti a Careggi per cercare di capire come trasportare il processo delle refertazioni sul digitale. C’era tantissima roba non automatizzata, l’accettazione dei tamponi avveniva manualmente, ma c’era fretta e i laboratori avevano poche risorse per poter stare dietro sia all’analisi che alla comunicazione all’asl e la richiesta di test aumentava a dismisura. In quelle tre notti capì che una delle urgenze era fare in modo di rendere automatizzata la risposta del referto ”.
Le prime app per i tamponi avevano risposte on/off, chi si collegava ovvero poteva ricevere solo due tipi di informazioni: referto disponibile oppure non disponibile. In questo anno che sembra lungo un secolo anche le comunicazioni della macchina si sono evolute: “Mi sono reso conto che dovevo trovare un modo per far percepire alle persone il lavoro che c’era dietro l’analisi di un tampone, oggi possono seguire tutto il processo ed essere ragguagliate su ogni passaggio: da quando il tampone viene accettato in laboratori, fino a quando è firmato dal medico passando dalla presa in carico, all’elaborazione, al check out. È importante che le persone si sentano parte del processo ”.
Raggiunto un obiettivo, ce n’è sempre un altro pronto: “Oggi siamo in grado di gestire quantità di dati che mai avremmo pensato ma devo ammettere che forse questo è il periodo più difficile da quando tutto ha avuto inizio. Abbiamo messo su il portale per le vaccinazioni, chi vi accede può scegliere dove sottoporsi al vaccino e saremmo in grado di gestire fino a venti vaccini l’ora, dieci sicuramente, ma ne facciamo quattro, sei al massimo all’ora quando va bene”. Mancano le dosi.
“È sicuramente il momento più critico, e credo un po’ per tutti, ma sono certo che non appena aumenteranno le dosi di vaccini ne usciremo, siamo pronti a gestire flussi da 50 mila somministrazioni a settimana”.