Francesco Carresi, in arte Kommando, è arrivato al mixer dopo aver studiato e suonato per anni pianoforte, batteria e chitarra. Esperienze che gli hanno consentito un approccio più da musicista che da dj. A soli 23 anni, l’artista fiorentino vanta un curriculum già da veterano, con live a Dubai, Ibiza, Barcellona, Phuket, Mykonos e in altre capitali della nightlife.
Oltre ad aver suonato moltissimo all’estero, è il dj di punta di StranoMondo Agency e con il brano “Progresso” ha raggiunto la 30esima posizione della classifica internazionale TECHNO TOP 100 di Beatport.
“That’s My Thing” è il suo primo “passo” discografico, un EP tutto italiano per un debutto internazionale e anticipa di qualche mese l’uscita del primo album. Sound eclettico ed energia esplosiva, Kommando è la next big thing dell’elettronica italiana da esportazione.
Ecco la nostra intervista
Ciao Francesco! Di solito non lo chiedo mai, ma il tuo nome d’arte mi incuriosisce, com’è nato?
Il nome Kommando nasce da un video gioco che si chiamava Captain Commando con cui giocavo quando ero molto piccolo. Quando venne il momento di scegliere un nome d’arte mi appellai a questo tentativo sostituendo la C con la K. All’inizio tutti i nomi sembrano banali, io provai con quello e mi portò tanta fortuna e soddisfazione così mi ci sono legato e non l’ho più cambiato. Tutti credono che riguardi il film di Schwarzenegger.
Hai iniziato studiando pianoforte, batteria, chitarra. Quando è avvenuta la “folgorazione” per la Techno?
Io nasco in una famiglia di musicisti, quindi mi sono approcciato alla musica con studi da accademia. Da quando ho iniziato le superiori intorno ai 13-14 il mio sogno è sempre stato quello di far star bene e far divertire la gente. Quindi iniziai a fare le prime festicciole, ognuno aveva un proprio ruolo, io mi improvvisai come “quello che mette la musica”. Fare il dj per me è stata una necessità perchè era una figura che si frapponeva perfettamente tra me e le persone. Riuscivo a connettermi anche se all’inizio in maniera amatoriale con il pubblico. La figura del dj in realtà non è il mio ‘sogno’ è solo un pezzo del puzzle che si va ad aggiungere nel progetto di connettermi con le persone. Io mi ritengo in primis musicista, poi produttore, il dj è solo una cosa in più.
Mi colpisce molto il fatto che hai 23 anni ma hai già girato mezzo mondo, come hai vissuto quest’esperienza?
Devo ringraziare tante persone. Io sono del Valdarno, una zona molto provinciale da cui è difficile emergere e riuscire ad andare fuori. I miei genitori non mi hanno mai negato niente, ho fatto il liceo scientifico, poi ho iniziato studi universitari che non ho potuto portare a termine perchè poi è partita la mia carriera e loro hanno sempre avuto fiducia in me e mi hanno aiutato. Penso che avere l’indipendenza economica sia il maggior regalo che un figlio può fare ai genitori. In secondo luogo devo ringraziare i miei amici, ho avuto una fanbase locale che mi ha molto spronato a proseguire in questo percorso. Nel 2016 poi il passo più grosso è stato conoscere Leandro Bisenzi di StranoMondo con cui all’inizio ho collaborato come dj tramite il progetto di Circo Nero. Lui ha deciso di investire molto su di me, abbiamo creato un management e un booking e grazie a lui sono andato in tour in tutto il mondo.
Pochi giorni fa è morto l’immenso dj Coccoluto, hai un ricordo legato a lui?
Ho avuto la fortuna di conoscere Claudio. Abbiamo fatto un’intervista insieme mi pare quattro mesi fa. Mi ha colpito tantissimo la sua una umanità, stavamo parlando del discorso della nighlife che non riparte, la crisi del mondo del clubbing. Io ho una visione molto diretta di questa cosa, ovvero sì è stata una situazione negativa ma per chi l’ha saputa sfruttare è stata una manna dal cielo. Io ho ritrovato me stesso, ho ridato valore alle piccole cose, ho creato il mio primo album, insomma tante cose positive nel marasma delle cose negative. Lui fu l’unico che ebbe il coraggio di dirlo, io non me lo potevo permettere perchè ero quello più giovane. Mi colpì tantissimo la sua saggezza espressa con parole semplici e dirette. In quei pochi minuti è stato un grande maestro di vita, ha detto cose bellissime e io ne sono grato.
In questo anno di pandemia che fine ha fatto il popolo della notte?
Secondo me ci sarà una grande divisione in due parti. Da una parte le persone che non vedono l’ora che questa cosa finisca, che andranno oltre la paura che è stata innescata dai media e non vedono l’ora di riabbracciarsi. Cosa che peraltro stanno già facendo perché le feste private non si sono mai fermate, la gente cerca sempre di riunirsi. Ti dico a malincuore, forse è anche una cosa positiva non sta a me giudicarlo, che però ci sono persone della mia età che hanno accusato questa situazione. Potrebbe esserci all’inizio un po’ di paura generale, ma spero che sia un discorso solo dei primi mesi. Mi spaventa un po’ la mia generazione che potrebbe essere stata colpita da tutto questo. La gente si abitua molto facilmente e se gli dicono di restare a casa poi ci resta anche volentieri. Nell’aria c’è anche questo problema.