Alfredo Martini avrebbe compiuto oggi 100 anni. Ha sfiorato il secolo di vita e la grande cerimonia di Sesto Fiorentino e Calenzano con i campioni del mondo di ciclismo – “i suoi ragazzi” – è stata una festa di compleanno a tutti gli effetti. Nessuno ha voluto ricordare la data della sua scomparsa, il 25 agosto del 2014, “perché Alfredo c’è sempre”, hanno ripetuto in tanti.
Per lui sono arrivati da tutta Italia i campioni del ciclismo di ogni tempo: Giuseppe Saronni, Moreno Argentin, Gianni Bugno, Maurizio Fondriest, Mario Cipollini, Paolo Bettini, Alessandro Ballan. Mancava Francesco Moser, che non è potuto venire. Un parterre di medaglie e maglie rosa mai visto, solo per Alfredo. La mattina è trascorsa a Sesto Fiorentino a ricordare l’uomo e il campione del popolo, amato anche per il suo impegno civile, e il pomeriggio a Calenzano per la cerimonia con la consegna dell’agenda e la maglietta celebrativa oltre che del libro che racconta la sua straordinaria vita “Cent’anni di Alfredo Martini”, di Dario Baldi
Un’onda iridata ha invaso la piana fiorentina e ha dato il senso e la misura dell’affetto, dell’ammirazione, e soprattutto della mancanza, per Alfredo Martini. Campioni che sono tali anche, e soprattutto, grazie a lui.
C’erano gli occhi lucidi di Saronni, il trasporto di Cipollini, il rammarico di Ballan per averlo conosciuto per ultimo: “Anche un po’ di invidia per non aver avuto la fortuna degli altri”. Ma perché un uomo così ha lasciato questo segno? Forse le parole della figlia, rotte dalla commozione, svelano un po’ della magia che avvolgeva Alfredo Martini; “Lui non leggeva mai i suoi discorsi, anche i più lunghi, io gli chiedevo: Babbo ma come fai? E lui mi diceva, parla con il cuore e vedrai”. E’ la semplicità che fa gli uomini grandi.
La sua vita è stata un’iperbole di passioni e quello che ha lasciato gli sopravvive. Il suo messaggio scavalca il ciclismo, tutto lo sport e diventa valore universale, civile e sociale: tanto basta per creare un mito. Un altro grande, ma soprattutto suo amico, il giornalista Gianni Mura, disse che Martini “ha vissuto tutta la sua vita con la schiena diritta”. Ed è stato proprio così. Anzi, lo chiamava “un uomo-borraccia, uno che quando serve c’è ed è bello sapere che ci sia”.
Oltre lo sport: l’impegno civile e politico
A Sesto Fiorentino ha trascorso gran parte della sua vita. A Monte Morello è diventato partigiano. Oggi istituzioni e campioni si sono riuniti alla Biblioteca di Doccia per scambiarsi ricordi ed emozioni, proprio nel luogo che un tempo ospitava la sede della Ginori dove suo babbo lavorava come addetto ai forni. Poi arrivò fascismo, la guerra e la Resistenza e la bici era un mezzo per scappare, ma anche per essere libero e felice e il suo amore nacque così, tra queste salite e discese, tra una battaglia e una ripartenza.
Il ciclismo da solo non basta a raccontare quello che Martini è. “La bicicletta è la chiave di movimento e lettura delle grandi città – ha detto – Un contributo sociale. E non ha controindicazioni. Fa bene al corpo e all’umore. Chi va in bici, fischietta, pensa, progetta, canta, sorride. Chi va in macchina, s’incattivisce o s’intristisce. La bicicletta non mi ha mai deluso. La bicicletta è sorriso, e merita il Nobel per la pace”. Questa frase è oggi diventata una bandiera per tanti, anche per chi non l’ha mai conosciuto, ed è incisa su uno dei totem che costeggiano la rete ciclabile di Sesto a lui dedicata.
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani lo ha conosciuto bene e lo descrive come un “uomo del popolo che riusciva a trasmettere dei valori straordinari. Nelle assemblee degli studenti che facevamo insieme io cercavo di essere popolare, ma c’era brusio. Quando gli lasciavo la parola, Alfredo anche nella più tarda età riusciva a creare l’attenzione, si creava un clima di totale silenzio, e la capacità che lui aveva di trasmettere quei valori straordinari che l’uomo sportivo riesce a dare ai giovani, era qualcosa che mi rimarrà sempre nella testa”. Il ricordo corre poi a Franco Ballerini, “che per lui era come un figlio”, ricorda Giani.
Nella vita di Martini c’è anche stato un grande impegno politico e civile. “E’ stato consigliere comunale di Sesto Fiorentino, ne era molto orgoglioso. Un uomo che oltre che campione è veramente una testimonianza straordinaria “. Anche il sindaco di Sesto, Lorenzo Falchi lo ha conosciuto bene. “Era straordinario quanto quanto tenesse all’aspetto sociale e civile, al suo impegno con le istituzioni e nelle scuole. Ma soprattutto ricordo la sua umiltà”.
Oggi la cerimonia sarebbe stata una grande festa popolare, ma la pandemia ha bloccato tutto. “Ci sarebbero stati almeno mille ragazzi, tutti quelli che hanno partecipato alle corse a lui dedicate in questi anni, ma non si può”, ha detto il nipote Matteo Miano. Sarebbe stato un altro regalo, che però è solo rimandato.
Nessuno ha voluto parlare della sua scomparsa, ma quel giorno di agosto alla Pieve di San Martino a Sesto, Gianni Mura ci regalò la sintesi e l’essenza di Alfredo Martini: “Gli dissi: Alfredo, se ti dico ciclismo, dimmi le prime tre parole che ti vengono in mente. Lui ci pensò non più di cinque secondi e disse “libertà, speranza e dignità”. Si è come arpionati da una persona che ti risponde così”.