É il 1517 quando Michelangelo Buonarroti inizia a costruire una strada per raggiungere le cave del Monte Altissimo sulle Alpi Apuane per riuscire ad estrarre un marmo che lui definisce “di grana unita, omogenea, cristallina, e ricorda lo zucchero”, qui si possono estrarre “ogni et qualunque quantità di marmi o di qualunque altra miniera in decte montagne dello Altissimo, et loro vicine circustanze”, il Monte è “ripieno di marmi in tutte le parti che ve n’è da cavare fino al giorno del Giudizio”.
Oltre 500 anni dopo nelle cave della società Henraux fondata nel 1821 da Jean Baptiste Alexandre Henraux e diretta oggi da Paolo Carli si estrae lo stesso marmo. L’azienda sul Monte Altissimo (1.200 metri di altezza sulle Alpi Apuane a Seravezza), gestisce oggi quattro diverse cave la cava Russia, la Catino Alto, la Piastrone e la Buca dando lavoro a oltre 150 persone.
Nel corso degli anni il marmo Henraux ha soddisfatto alcuni dei progetti architettonici più importanti del mondo. Dalla Cattedrale di Sant’Isacco a San Pietroburgo alla facciata del Duomo di Firenze, dal pavimento policromo di San Pietro in Vaticano a Roma fino al capolavoro dell’artista contemporaneo Henry Moore per la sede Unesco a Parigi, la gigantesca “Reclining figure”.
Sono proprio i cavatori dell’oro bianco toscano i protagonisti della serie tv “Uomini di pietra” attualmente in onda sul canale DMAX (canale 52 del digitale terrestre) ogni giovedì alle 21.45. Le telecamere seguono le attività di Paolo Carli, Presidente di Henraux che al fianco dei suoi uomini fronteggia le sfide di ogni giorno. La serie è un omaggio a tutti i lavoratori del marmo, un tributo a tutti coloro che attraverso il loro faticoso lavoro hanno contribuito e contribuiscono a costruire la bellezza nel mondo.
Ecco la nostra intervista al presidente Paolo Carli
Le cave Henraux hanno una storia antichissima che risale al ‘500, quanto è cambiato questo lavoro col passare degli anni?
Indubbiamente è cambiato molto, le tecnologie moderne hanno alleggerito il lavoro umano. Fino all’800 veniva fatto tutto manualmente, dallo spostamento dei blocchi alla lizzatura. Oggi si usano grandi mezzi di taglio, di trasporto e di movimentazione che hanno dato molta più sicurezza, ma rimane sempre un lavoro per cui è necessaria la grande professionalità e la tenacia dei cavatori che è quello che ho voluto fosse in evidenza nella serie su DMAX. Quando ho iniziato a parlare con la produzione ho voluto che fosse dato risalto al rapporto tra uomo, lavoro e tecnologia.
Il cavatore che caratteristiche e capacità deve avere?
Indubbiamente la passione che li coinvolge nel loro lavoro quotidiano. E’ un lavoro fatto di difficoltà, contrasta col vivere all’aperto, con le quattro stagioni che sono molto complesse e fatte di vento, acqua, umidità. Per la sicurezza noi non lavoriamo mai in condizioni estreme però anche durante l’inverno per lavorare tra 5 e 8 gradi ci vuole un grande temperamento, forza di volontà, spirito. Pensa che loro si alzano alle sei ogni mattina e affrontano il buio, il freddo, il vento. Ci vuole una grande preparazione psichica e fisica per resistere in condizioni disagiate e usuranti. I cavatori devono sapere bene quello che fanno, devono stare attenti a ogni singolo movimento, perchè sono attività che hanno un fattore di rischio importante. Purtroppo è un lavoro che ha anche dei grossi rischi e noi grazie ai programmi di sicurezza che abbiamo importato stiamo cercando di mitigarli e insegnare ai nostri addetti l’attenzione che devono dedicare alla loro sicurezza e a quella dei loro compagni.
Nella serie tv su DMAX mi ha colpito molto un passaggio, quando un operaio dice che la montagna “non è sempre d’accordo”. Qual è il rapporto del cavatore con la montagna?
Io credo sia stata fatta troppa pubblicità negativa nei confronti di questo lavoro. Questa trasmissione che io ho accettato di fare vuole anche fare chiarezza su questo. La mia azienda ha un’importanza storica e culturale sul territorio e il rapporto con la montagna è sempre stato di grande rispetto. Ma è chiaro che la montagna comanda, se uno ha di fronte una bancata può capitare che si rompa in più pezzi. C’è sempre stato un lavoro del cavatore contro la natura. Ma la natura umana si è sempre saputa adeguare con intelligenza a quello che si trovava davanti quotidianamente. Noi rispettiamo la natura e la montagna, non facciamo produzioni massive, non produciamo più di quello di cui abbiamo bisogno. La trasmissione segue tre commesse che dobbiamo soddisfare. La nostra filiera è anche questo, tutto quello che noi scaviamo è già direzionato verso grossi progetti, un po’ come veniva fatto anche in passato.
Chi sono i clienti della Henraux?
I nostri clienti sono grossi developer mondiali, grossi costruttori, studi di architettura internazionali. Questo è il nostro target, il nostro portfolio è ricco di commesse di successo, progetti iconici in tutto il mondo. L’azienda è diversificata in tre dimensioni: architettura, design e arte. Hernaux 1821 è la casa madre che sviluppa grandi commesse architettoniche. Poi c’è il brand Luce di Carrara, una nicchia che sviluppa design industriale, è una struttura di giovani con uno showroom, che si occupano di arredamenti, interni, oggettistica. Infine c’è una parte artistica quella della Fondazione Henraux, è una fondazione mista tra pubblico e privato perchè vi partecipano anche i comuni di Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema. Abbiamo ideato un Premio di scultura internazionale a cui ha collaborato anche l’ormai scomparso Philippe Daverio, un amico che ha preso in mano l’iniziativa nel 2012 e ci ha dato un grande aiuto. Abbiamo partecipato e partecipiamo ogni anno anche a tanti altri eventi sempre nell’ottica di promuovere la cultura del marmo nel mondo.
Che cos’ ha di speciale il marmo delle Apuane che lo rende unico al mondo?
Indubbiamente la vastità del giacimento, non ce ne sono molti di così grandi nel mondo. Già i romani quando lo scoprirono si accorsero che rispetto al marmo greco quello toscano aveva una grande consistenza e qualità, una grande durevolezza e grana che poi fu scoperta anche da Michelangelo. Lui andava ad acquistare il marmo nella cava del Polvaccio e fu lui a scoprire i giacimenti dell’Altissimo, è stato proprio lui che ha dato il primo colpo e da lì nacque di fatto l’attività estrattiva che fu presa in mano trecento anni dopo dal grande generale Henraux. L’unicità della grana del nostro marmo è data dalla sua compattezza che la rende molto resistente e durevole nel tempo, ha una trasparenza, un cristallo fantastico. La nostra azienda ha fatto scuola, è considerata l’Università del marmo.