Andrea Gobetti ha passato tutta la sua vita alla ricerca dell’abisso più profondo. Malato di quella che lui chiama la “febbre del buio” è un Dante contemporaneo perso in un baratro infernale, che cerca l’ignoto in un buco che sparisce nelle viscere della terra. Cerca la libertà in un mondo quello della speleologia ignorato da tutti i comuni mortali perchè non conformista, non remunerativo e non competitivo che esiste solo per l’eccitazione di scoprire quello che è, appunto, inesplorato.
“Alla mia età posso anche confessarlo: – ha scritto – ho fatto lo speleologo per tutta la vita. Ho inseguito e conquistato il vuoto, non c’è rischio che si rompa o vada a male.” Adesso ha deciso di raccontare le sue mille avventure nel libro “Dal fondo del pozzo ho guardato le stelle. Memorie di un esploratore ottimista e ribelle” appena uscito per SEM.
Il libro conduce il lettore dai viaggi nelle Filippine alle campagne di ricerca in Albania in compagnia di una banda di amici con cui Gobetti condivide avventure spesso comiche, buffe e surreali. Fino a quando negli anni ’70 per guadagnare un po’ di soldi montava con i suoi amici senza regole nè controlli le impalcature mastodontiche dei primi grandi concerti in Italia da David Bowie a Carlos Santana, da Eric Clapton a Frank Zappa fino al celebre concerto dei Pink Floyd a Venezia. Lo raggiungiamo al telefono nella sua casa a Matraia piccola frazione di Capannori nella Lucchesia dove vive dall’83.
Ecco la nostra intervista
Ciao Andrea! Come nasce la tua passione? Ti ricordi la prima grotta in cui sei sceso?
Come no, la passione nacque dalla lettura di un libro francese “Trent’anni sotto terra” di Norbert Casteret nel ’65 circa. Nel 76 avevo 14 anni e andai al corso dei Gruppo di speleologi piemontese e dopo la prima uscita alla grotta di Bossea ho capito che avrei fatto lo speleologo tutta la vita.
La vita dello speleologo è fatta di buio, freddo, fame, fatica, isolamento e anche tanti pericoli, cosa ti piace di tutto questo?
Ma figurati! Ma non è mica così! La vita dello speleologo è fatta di avventure anche in luoghi vicini a casa, perchè per fortuna le grotte sono dappertutto in Italia, sono pochissime le regioni che non sono speleologiche. É una vita fatta di conoscenze con persone più grandi quando sei piccolo e più piccole quando sei grande, è fatta di grandi pranzi, bevute e festeggiamenti per quel poco che facciamo. E poi ogni tanto si va in grotta e lì l’esplorazione è una di quelle situazioni che ti toglie tutte le fatiche. É una cosa eccezionale, vedi cose mai viste da nessuno, passi ore sospese. É un’emozione che non trovi da nessun’altra parte, quando l’hai provata non riesci più a farne a meno.
Ti sei trovato anche a rischiare la vita?
Si certo, sono cinquant’anni che vado in grotta. Un paio di volte ho trovato delle piene, quando entri un una grotta con l’acqua che sale a volte devi aspettare che scenda e sono situazioni pericolose. Altre volte ci sono pietre che cadono.
Hai girato tutto il mondo? Dove sono le grotte più belle?
É come se tu mi chiedessi dove sono le donne più belle del mondo. Ho fatto speleologia in Messico e in Centro America, poi ho fatto delle cose interessanti nelle Filippine, sull’arco alpino e sugli Appennini anche qua in Toscana. Nel ’76 trovammo sul Monte Corchia un abisso nuovo che fu il primo “meno mille” d’Italia, a quei tempi sembrava una cosa incredibile. Entrammo in alto dalla Buca del cacciatore e trovammo un passaggio e da lì si aprì un mondo, più che un abisso una galleria che percorre la montagna da una vetta all’altra. Da questa galleria partono circa 30 abissi diversi, una cosa che non si era mai vista prima in Italia. Vennero speleologi da tutta Italia e passammo degli anni bellissimi.
Mi spieghi come funziona? Scoprire una galleria sotterranea è come arrivare in cima a una montagna e piantare una bandierina?
Non è proprio così, un monte è definito, nella grotta non sai dov’è il fondo o qual è l’estensione. Quando la grotta è grande c’è da esplorare un po’ dappertutto, c’è chi scopre una cosa, chi ne scopre un’altra. C’è un libro molto bello di un matematico italiano Bruno de Finetti che si intitola “L’invenzione della verità” che dice che la verità è un’approssimazione e anche la speleologia è un’approssimazione. Ci saranno sempre luoghi sotterranei in cui nessuno entrerà mai perchè non ci sono passaggi per arrivarci. Forse non ci andremo mai ma esistono lo stesso.
Mi viene in mente un film che ho visto da piccola “Viaggio al centro della terra”
Giulio Verne aveva inventato una storia con molto romanticismo, nella realtà non ci sono dinosauri o diamanti, la roccia è calcare. Gli animali sono molto piccoli perchè senza sole non ci sono le piante, ma ci sono animaletti specializzati in una vita sotterranea.
Qual è il rovescio della medaglia della tua passione, ha uno scotto da pagare la vita dello speleologo?
Sì, che è una vita in cui non guadagni soldi. Il bello è il brutto della speleologia è che non ti ci mantieni e quindi devi inventarti tanti altri mestieri collaterali con cui riuscire a mantenersi. É una passione che non costa cara, però non rende nulla. Quando lo Stato si accorgerà che le grotte esistono e fanno parte del territorio nazionale forse ci saranno più possibilità. Oggi come oggi siamo messi male, siamo il sottoscala della geologia. Mentre in realtà la speleologia con la geologia non c’entra nulla. La geologia studia le rocce, noi ci occupiamo del vuoto, è un mondo diverso.
L’abisso più profondo del mondo dov’è?
In questo momento storico è sul Caucaso, è un abisso di oltre 2000 metri di profondità.
Come si scopre una grotta nuova?
Gli “indizi” che ci aiutano a scoprire le grotte sono le correnti d’aria che escono dalla terra. Per esempio d’inverno su certe montagne ci sono grandi chiazze dove la neve si è sciolta perchè arriva aria da sotto terra. C’è una risorgenza da cui esce acqua in basso, ma tu devi cercare di entrarci dal punto più alto possibile. Quasi tutti gli anni si scoprono nuovi abissi, tessere in più di un sistema che è la composizione di un mondo sconosciuto. L’arrampicata vive della ricerca del difficile, la speleologia no, vive della ricerca dello sconosciuto. Nel corso degli anni abbiamo anche cambiato mentalità prima c’era la ricerca del più lungo o del più alto, adesso abbiamo capito che le grotte si estendono in tre dimensioni, bisogna dunque cercare di capire cosa capita dentro del grotte.
Hai scritto che la scelta più felice per fare un gruppo di speleologi è cercare persone con un brutto carattere, perchè?
Così ci si sopporta, quelli che sono buoni dopo un po’ diventano delle lagne. Invece persone di cattivo carattere che non avrebbero ragione di stare insieme la speleologia li unisce. Sono delle società tra uomini liberi. Diciamo che socialmente parlando non siamo esempi di obbedienza o disciplina. Un grande speleologo una volta disse “Se non ci fosse la speleologia un sacco di gente sarebbe finita in manicomio o in galera”. La speleologia è anche un fenomeno sociale parecchio interessante. Non rispetta quella linearità delle conquiste artiche o antartiche o delle grandi montagne, in cui successive esplorazioni vanno sempre più in là fino ad aver esplorato tutto. In speleologia è tutto casuale, una cosa che compare e scompare.
A che punto è la speleologia in Italia?
Non è un momento bellissimo perchè siamo strangolati dalle regole assicurative e dalle responsabilità sociali che sono totalmente estranee al nostro mondo. Noi ragioniamo in un’altra maniera, cerchiamo di non farci male ma ognuno è responsabile di se stesso. Ci siamo inventati il soccorso speleologico per mettere una pezza ai guai che combiniamo da soli, è diventato un modello nazionale di soccorso. Siamo stati chiamati anche quando ci sono stati i terremoti in Italia recentemente. La nostra esperienza è tornata utile.
Nel tuo libro a un certo punto racconti anche di quando andavate a montare le impalcature del grandi concerti
Ci siamo divertiti davvero parecchio, erano tempi in cui facevi bei soldi con i lavori acrobatici. Adesso guadagni quando fai un brevetto per un moschettone o una motosega o altre cose. Puoi fare un po’ di soldi anche con i corsi.
In Toscana quali sono le grotte più belle?
Vivo in Toscana dall’83. La Toscana è quanto di più esotico può sopportare un piemontese. In Piemonte te li sogni i melograni o gli olivi o il fatto che a ottobre puoi camminare a piedi nudi nel prato. Le grotte sono in tutte le province della Toscana, ovunque c’è del calcare. Sicuramente sulle Alpi Apuane c’è la massima concentrazione, sono una delle capitali mondiali della speleologia, uno dei sistemi carsici più famoso al mondo e sono in gran parte ancora inesplorate, lì ci sono possibilità di trovare nuovi abissi. Nel lato garfagnino c’è il problema delle cave di marmo che si stanno mangiando una cosa unica al mondo. Ci sono grotte anche sull’appennino, in Maremma, anche sulle isole, all’Argentario per esempio c’è una bellissima grotta, la Grotta del Granduca, nel pistoiese, nella zona di Montecatini, a Prato. Non sono mai andato in provincia di Arezzo ma ci saranno di sicuro anche lì.
Un consiglio a qualcuno che vorrebbe iniziare con la speleologia per la prima volta
Gli direi di andare a uno dei corsi che tutti i gruppi maggiori fanno. Ce n’è uno a Firenze, a Lucca, in Garfagnana, a Pietrasanta. Ci sono anche tante grotte non difficili, dove uno può andarci da solo facendo attenzione, lasciando detto dove va. Io ho scritto anche l’Atlante delle grotte facili d’Italia, ma credo sopravviva in pochi esemplari.