Verona, 2001, Anna è una ragazza di 29 anni, ricca e viziata, che dopo la laurea in medicina vuole specializzarsi in chirurgia plastica. Quando però un ictus colpisce il padre e viene a trovarlo un misterioso amico tedesco dall’accento strano Anna inizia a farsi qualche domanda. Parte così un viaggio doloroso ma inevitabile nel passato che porterà la protagonista a scoprire una terribile verità: il coinvolgimento di suo padre nelle stragi nazifasciste del ’44. Questa è la trama del romanzo “Storia di una figlia” pubblicato da SEM.
L’autore Piernicola Silvis alto dirigente della Polizia di Stato, ha lasciato il servizio nel 2017 come questore di Foggia. La passione per la scrittura come anche l’interesse per la storia recente dell’Italia lo accompagnano da molti anni. La storia di Anna è un po’ anche la sua storia. Con SEM ha pubblicato Formicae (2017), La lupa (2018) e Gli illegali (2019), finalista al Premio Bancarella 2020. I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue.
Ecco la nostra intervista
Quando è nata la tua passione per la scrittura?
Da ragazzino ho sempre avuto la passione per creare storie e per i romanzi triller, è una cosa che ho dentro. Avrei voluto fare nella vita il regista cinematografico, ma poi le cose sono cambiate. Il lavoro da funzionario di Polizia è un lavoro che ho scelto, che ho amato molto e che mi ha portato anche una bella fortuna. Sono diventato questore da sei anni.
Come descriveresti la protagonista del tuo romanzo Anna?
Questo libro è stata una sfida con me stesso perchè è narrato in prima persona da una donna giovane settentrionale. Io sono l’esatto contrario non sono più giovane, sono un uomo e sono meridionale. Ma siccome sono molto empatico, quando scrivo mi piace entrare in altre pelli allora mi sono lanciato in questa sfida. Non volevo fare la classica figura dell’eroina un po’ mielosa, allora ho deciso di fare un personaggio tosto, abituato a vivere negli agi, ma che sotto sotto nasconde un carattere forte e giustizialista.
Come mai hai deciso di raccontare proprio questa storia?
Ci sono vari motivi. Prima di tutto sono una persona che ama aiutare e difendere gli altri, il mio lavoro lo dimostra. Ho cercato di scrivere la storia di una persona che vive, soffre e poi ha una catarsi, una sorta di redenzione. Inoltre sono uno studioso del nazismo, perchè sono anni che cerco di capire come una nazione civile come quella tedesca sia diventata il fulcro dell’azione più violenta, aggressiva e crudele della storia dell’umanità. Ho letto molti libri e saggi storici sull’argomento. Poi li ho dovuti chiudere perchè non riuscivo a capire come potessero essere arrivati a tanto. Ma il mio libro è nato anche per un altro motivo. Mio padre ha fatto la guerra e quando ci fu l’armistizio è stato prigioniero dei tedeschi, messo a lavorare in una fabbrica di birra. Mi sono sempre chiesto: non è che mio padre mi ha raccontato bugie e magari ha partecipato a squadre fasciste? Allora chiesi a Roma al Ministero della difesa di avere notizie sul passato bellico di mio padre, esattamente come fa la protagonista del mio libro.
Quindi si può dire che la ricerca di Anna è stata un po’ la tua
In parte sì perchè a un certo punto mi sono trovato davanti a un muro di gomma. Non avevo facilità di accesso, capii che non mi volevano dire nulla. Poi dopo tre, quattro anni ho scoperto che era tutto a posto, mio padre era davvero andato a lavorare in una fabbrica di birra, quindi la mia storia personale si è risolta bene. Però da autore di romanzi mi è scattata la scintilla e ho scritto “Storia di una figlia”.
Alla fine della sua avventura Anna viene in Toscana a Colle Sant’Agnese, come mai ha deciso di concludere il romanzo proprio qui?
Perchè di tutte le 400 stragi fatte dai nazisti nel ’44, con 15mila morti anche se quella di Marzabotto è stata quella con più morti quella che mi ha intenerito e colpito di più è stata quella di Sant’Anna di Stazzema. É stata una cosa fuori dalla grazia di Dio, non ho parole. Anna a un certo punto dopo l’indagine che fa sul padre, scopre il suo passato nella legione SS italiana, è esistita anche se nessuno lo sa. Anna va verso questo paese Colle Sant’Agnese che io ho inventato perchè non volevo parlare di Sant’Anna di Stazzema, non volevo mettere in una fiction un posto così martoriato, non mi andava. Colle Sant’Agnese è una specie di simbolo di tutti i luoghi dove sono avvenute queste stragi. Ho dedicato il libro “In memoria di Anna” che non è la protagonista del romanzo, ma è Anna Pardini bambina uccisa a 20 giorni di età dai tedeschi a Sant’Anna di Stazzema.
Alla fine sei riuscito a spiegarti come sia accaduta una follia come quella del Nazismo?
Esistono ancora oggi i negazionisti. Nel libro a un certo punto faccio parlare uno storico che dà una serie di spiegazioni in cui prende in considerazione la Germania in quegli anni, gli ordini di Hitler di essere brutali, duri e lasciare perdere la pietà, quali erano le condizioni dei soldati in guerra in cui vivere o morire dipende solo dal caso. Sono arrivato alla conclusione che non è che i tedeschi sono il male, però la propaganda politica, il tam tam li hanno rimbambiti, storditi al punto che hanno portato un’intera nazione a gestire questa tragedia. Una tragedia che a molti sembra un avvenimento molto lontano ma in realtà non lo è. Io sono del ’54 la guerra è finita nove anni prima che io nascessi. Le stragi naziste in italia che hanno fatto tantissimi morti sono cose attuali. Di questa triste pagina della storia italiana ancora non si è parlato abbastanza.