Oggi a Lucca è un giorno come un altro. E questo fa notizia. Non perché la città è abituata a chissà quale quotidiana vivacità. Tutt’altro. Ma oggi avremmo dovuto – e voluto – assistere all’inizio di una festa che si ripete ogni anno, come un rito laico e irrinunciabile. Oggi avremmo guardato con occhi curiosi il progressivo intensificarsi del traffico, quasi fieri di farne parte. Nessuno avrebbe suonato il clacson, così come nessuno avrebbe rivolto improperi a chicchessia per una svolta a sinistra senza freccia o per un cambio repentino di corsia. Nessuno si sarebbe lamentato dei parcheggi creativi. Perché questi giorni, per Lucca, sono giorni di festa. Una liturgia che ha inizio solo con gli arrivo degli ospiti.
Eppure oggi ci siamo scoperti tristi a scorrere senza intoppi lungo la circonvallazione e abbiamo guardato con nostalgia gli spali vuoti delle mure, con l’erbetta verde che fa bella mostra di sé. Sì, perché a Lucca siamo fatti così: quando in quegli stessi spazi cantano Mick Jagger o Roger Waters, si pensa alla povera erba martoriata degli spalti; quando centinaia di migliaia di giovani si riversano nell’ormai storico padiglione dei “games” allestito all’ex Campo Balilla, si pensa ancora alla povera erba martoriata degli spalti. Ma poi, quando non ci sono né i palchi di Jagger e Waters né i padiglioni dei giochi, tutta quell’energia ci manca. Terribilmente. E alla fine chi se ne frega della povera erba martoriata degli spalti.
Lucca Comics conta ogni anno 250 mila paganti, 500 mila presenze e un indotto da 100 milioni di euro
“Vieni bimbo, parcheggia qua. Tanto in questi giorni un sòrto, la macchina me la pòi mètte anco davanti ar cancello”. Strano ma vero: nei giorni dei “comics” il lucchese si scopre generoso e accogliente come non aveva mai pensato d’essere. Frasi come queste si sono sentite ripetere spesso, negli anni. Perché quei ragazzi che arrivano con zaini afflosciati dal vuoto per essere riportati a casa zeppi di volumi illustrati – superando ogni limite fisico – mettono allegria. Un sentimento raro e prezioso a cui non corrisponde un valore economico ma che, forse proprio per questo, oggi ci manca ancor di più. Ci manca assistere all’arrivo in borghese dei cosplay, che lo capisci che sono cosplay perché dalle auto spuntano sciabole, martelli, ali, corna o improbabili armi. Ci manca assistere al cambio d’abito in un vicolo secondario o in un luogo appartato del parcheggio. Ci manca ammirare la loro gioiosa impermeabilità alle avversità metrologiche.
E poi ci mancherà l’emozione della sorpresa. Ci mancheranno le rievocazioni delle battaglie di Assassin’s Creed sulle mura o la Batmobile in piazza San Michele. Ci mancherà incrociare in via Fillungo la famiglia degli Incredibles o far colazione insieme a Joker. “Sì, ma quale versione? Quella di Heath Ledger o quella di Joaquin Phoenix?”. Sono queste le domande nei giorni dei comics. Perché ciò che è straordinario, a Lucca diventa ordinario. Almeno per qualche giorno, qua il peso dell’atmosfera si alleggerisce. Ed è proprio quella leggerezza che oggi ci manca.
Essere nato a Lucca negli anni Settanta significa aver legato buona parte della propria memoria a questa manifestazione che ora registra una media di 250 mila paganti l’anno (anche se le presenze, ormai, superano il mezzo milione) e un indotto che si aggira attorno ai 100 milioni di euro.
Oggi ci sono Gipi e Zerocalcare, ma ieri si andava per incontrare Andrea Pazienza
In principio fu il “pallone”. Non quello da calcio, sia chiaro. A Lucca chiamavamo così la tensostruttura che ospitava le prime edizioni del festival dei fumetti, che poi non si chiamava neppure festival bensì “salone internazionale”. Ne è passato di tempo da allora. Tra ricordi nostalgici e nuovi assetti organizzativi, i fumetti, partiti dal cuore della città, sono poi stati trasferiti fuori dalle mura, nel palazzetto dello sport (prima) e anche nell’area fiere (dopo). Infine il ritorno in centro, che ha corrisposto a una crescita esponenziale e alla definitiva consacrazione. Tant’è che Lucca Comics, oggi, si gioca il primato internazionale con il San Diego Comic-Con.
Prima si andava con gli amici, in bicicletta. Poi in motorino, a bordo di certi cinquantini scassati. Infine a piedi. Perché muoversi con altri mezzi, nei giorni del festival, ormai è quasi impensabile. Oggi ci sono Gipi e Zerocalcare, ma ieri si andava per incontrare Andrea Pazienza. Ricordo Leo Ortolani al palazzetto dello sport. Erano i primi anni novanta e in quel piccolo stand se ne stava tutto solo a disegnare, da mattina a sera. Con tremila lire comprai “Squalo”, il primo albo di Rat-Man. Una ventina di pagine in tutto. Era tardi, la fiera stava per chiudere. Prima la firma con pennarello color oro sulla copertina, poi la richiesta di un disegno. “Mi puoi fare un Rat-Dylan Dog?”. Domanda orribile e inopportuna, lo ammetto. Me ne sarei pentito di lì a breve (ovvero dopo aver letto quel piccolo e straordinario albo). Nonostante lo scambio di battute e il pennarello che decise di morire proprio in quel momento, gelosamente conservo ancora quel disegno. Quindi, Leo, grazie. Grazie per non avermi cacciato malamente come invece avrei meritato.
Lucca ha sempre avuto il ruolo dell’apripista. E lo ha fatto anche nell’epoca della pandemia, guardando al futuro
Oggi Lucca Comics è Lucca Changes. Ha cambiato il nome e ha saputo adattarsi ai tempi incerti. Anzi, non si è adattata. Bensì ha scelto. Perché nella storia recente della manifestazione non c’è mai stata una decisione figlia del caso. Lucca Comics ha introdotto i giochi, raccogliendo da principio non poche critiche. Ma dopo Lucca i “games” sono entrati a far parte di ogni evento legato al mondo dei fumetti. Una storia che si è ripetuta con l’introduzione dei cosplay, del “music & comics” e dell’area “movie”. Quando il festival allestì i primi palchi ricordo ancora i pugni sbattuti sul tavolo di certi autori durante la sessione dedicata ai disegni. “Non se ne può più di queste canzoncine”, dicevano. Ma poi si sono adeguati.
Lucca ha sempre avuto il ruolo dell’apripista. E lo ha fatto anche nell’epoca della pandemia, guardando al futuro. Lucca Changes non è solo l’aggregazione di eventi in streaming, ma un laboratorio. L’ha detto Emanuele Vietina, direttore della manifestazione. D’accordo Emanuele, siamo dalla tua parte. Però oggi a Lucca è un giorno come un altro. E questo fa notizia. Perché a mancare, più dei fumetti, è l’allegria di quel mezzo milioni di visitatori. Un assenza che fa rumore (e che, lo ripeto, vale 100 milioni di euro).