L’immagine di una nave in balia delle onde ma che continua a navigare nonostante le difficoltà, il mare grosso, l’incertezza, le correnti, la paura. Continua a navigare nonostante non ci sia ancora davanti un orizzonte definito, un porto sicuro dove approdare. Domina il pericolo il suo comandante, seppur traballando, anche quando la sua nave si rovescia. Ed è lì che entra in ballo il “resalio”, la capacità di rimettere in piedi quell’imbarcazione capovolta e farla tornare a navigare.
Usa questa metafora in un lungo post su Facebook lo chef di Essenziale Simone Cipriani, per definire il momento che il mondo della ristorazione sta vivendo. Mesi di chiusura al pubblico durante il lockdown e adesso le nuove restrizioni. Ma lui non si dà per vinto, non è nelle sue corde né sopperire agli eventi né tantomeno far esplodere la rabbia.
Sono quasi le tre del mattino di domenica. A Firenze, in San Frediano, lo chef ha chiuso con la sua brigata l’ultimo servizio a mezzanotte. Poi torna a casa, non riesce a dormire, sa bene che dopo qualche ora sarebbe arrivato il decreto che avrebbe sancito la chiusura serale dei ristoranti. Ma decide di non cedere a quella delusione che cova cattiva nell’animo e neppure di abbandonarsi alla rassegnazione.
Cipriani è uno dei giovani chef italiani più creativi ed è proprio in momenti come questi che la sensibilità di fondo ed una personalità eclettica diventano determinanti non solo per leggere il contesto ma anche per generare quella spinta utile a capovolgere la nave ormai a gambe all’aria.
Mi ha sempre dato noia chi usa la violenza o le urla per farsi sentire. Credo che ci sia bisogno di coesione in questo momento
“Quella sera quando abbiamo finito il servizio ci siamo confrontati su cosa fare – racconta Cipriani dall’altro capo del cellulare. Mi ha sempre dato noia chi usa la violenza o le urla per farsi sentire. Credo che ci sia bisogno di coesione in questo momento”.
“Insieme agli altri ristoratori del quartiere di San Frediano abbiamo fatto un gruppo su whatsapp. Ci siamo promessi di ‘dormirci su’ e poi con calma pensare insieme a quali potevano essere gli sviluppi di prospettiva generale. Io penso che comunque aprendo le saracinesche dalle 6 di mattina alle 18, possiamo far vivere – tutti quanti insieme – il quartiere in maniera diversa, riadattandoci rispetto alle nuove regole”.
Riadattarsi. Quello che propone Cipriani non è solo un modello di business nuovo, che si fonda su una collaborazione vera e autentica tra le realtà della zona ma va oltre, manifesta apertamente un ripensamento sociale. Lo chef visionario va al di là delle mere soluzioni per portare il ‘pane a casa’ per sé e i suoi dipendenti.
Questa è una partita che non si può vincere da soli
In fondo la scelta di far chiudere le saracinesche ai ristoranti alle 18 impone comunque un nuovo modo di vivere anche per i cittadini. E’ dunque sul piatto la costruzione di una società che riscrive il modo di vivere il tempo libero, la socialità stessa. Non cambiano solo gli orari, cambia anche la fruizione di un’offerta. E Cipriani questo l’ha capito benissimo. Questa è una partita che non si può vincere da soli.
“Sono giorni di tempesta e vento” – dice senza mezzi termini, non cercando di addolcire la pillola, tutt’altro. “Sono giorni in cui decidere chi va in cassa integrazione, chi no” – ammette lo chef. “Stasera molto probabilmente verrà annunciato un nuovo lockdown in Francia, credo che in questo momento dobbiamo pensare solo a fare le cose a modo. Io mi devo muovere in qualche direzione che sia per il pranzo, l’asporto e in coesione con San Frediano, far capire che siamo uniti”.
Io immagino una San Frediano che si costruisce una propria nuova identità in città
“Ti faccio un esempio”, mi spiega. “Se io dovessi decidere di puntare sul brunch ospiterei anche le altre attività vicine, come il Mad o il Love Craft che non hanno possibilità di cucinare ma possono venire a fare drink. Io immagino una San Frediano che si costruisce una propria nuova identità in città e diventa meta per il pranzo, visto che ora è su quello che possiamo puntare”.
Identità. San Frediano prova a costruire un modello. Diventa pioniera della ‘rivoluzione gentile’ di Simone Cipriani.
“Abbiamo sbagliato tutti. Con il primo raggio di sole ci siamo scordati del periodo che avevamo passato e di quanto è stato duro. Noi di Essenziale siamo stati chiusi sei mesi e sono stati i più lunghi della mia vita. Adesso sarà più lunga, dobbiamo tutti stare sul pezzo, le istituzioni ma anche ognuno di noi”.
Condividere gli sbagli, le responsabilità ma anche le idee sulle quali provare a ricostruire dalle macerie. Certo è che un nuovo lockdown sarebbe impensabile perché si rischierebbe oltre all’emergenza per la pandemia di mettere a serio rischio la tenuta sociale.
Nuovi modelli però vanno pensati. Non ci si può esimere dal ridisegnare società e business, commercio, ristorazione, cultura, spettacolo, tutto ciò che fa parte della vita di ogni persona.
Il ristorante è solo il contenitore, i contenuti si costruiscono insieme
“Il nostro messaggio è quello di sempre, quello con cui siamo nati, quello con il quale ripartiamo oggi – mi ricorda Simone Cipriani prima di salutarmi. Il messaggio che il nostro ristorante altro non è che un contenitore, i contenuti si costruiscono insieme. Con questo spirito la scorsa estate abbiamo organizzato degli eventi che si chiamavano ‘Urban hot spot’. Li abbiamo realizzati mettendo insieme le teste di fornitori, produttori di vino, musicisti, teatranti. Con questo spirito lavoro ogni giorno con i miei ragazzi. Ora più che mai dobbiamo sfruttare questo tipo di relazioni, essenziali per la comunità”.
Una visione allargata quella di Cipriani che non si ferma al suo orticello, allarga verso altri mondi, altri orizzonti, altre professioni. E’ uno sguardo aperto dentro un quartiere e una città, Firenze, che provano oggi a trovare una via nuova per non soccombere al virus.
Nardella? Non mi ha chiamato, mi avrebbe fatto piacere
Chiedo a Simone se dopo il suo post e le sue dichiarazioni, le sue proposte, abbia ricevuto chiamate anche dalle istituzioni, dallo stesso sindaco Nardella.
“No, per adesso no, mi risponde. Ma mi avrebbe fatto piacere”.
Una piccola comunità, quella di un quartiere fiorentino, si rimbocca le maniche in silenzio e prova a reagire. Propone. Costruisce. Edifica. Crea. Tutti sulla stessa nave. Tutti sulla stessa barca, pronti a guidarla anche quando le onde sembrano essere più forti di tutto il resto. Chi guida ogni giorno la propria brigata in cucina conosce bene il valore del concetto di squadra e mai come adesso c’è bisogno di questo, dell’essere squadra. Oltre ogni cosa.