Rispetto e gratitudine si disperdono come la luce diffusa di settembre a Poggio Alloro. Quella sul fondale è San Gimignano, sul palco c’è Amico Fioroni, le quinte teatrali le fanno le viti, gli olivi, i campi di cereali.
Rispetto e gratitudine.
Amico Fioroni, 85 anni sulle spalle e l’energia dei venti in tasca, non si dimentica che proprio la terra è quella che gli ha dato da vivere, da mangiare e l’opportunità di realizzare un sogno. Nei campi fin da bambino, con il padre e il nonno mezzadri in quelle Marche che gli hanno dato i natali ma non la gioia di una vita felice. Tutt’altro. L’infanzia è stata sofferenza, mi racconta Amico quando lo incontro nella sua fattoria in Toscana.
Si faceva fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. A noi andava il 50% del raccolto, il resto lo teneva il padrone. Dell’allevamento non vedevamo niente, non ci spettava
“Si faceva fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. A noi andava il 50% del raccolto, il resto lo teneva il padrone. Dell’allevamento non vedevamo niente, non ci spettava”.
Poi l’incontro con un sindacalista di Ascoli Piceno negli anni Cinquanta segna il cambio di rotta. Ad Amico ed alla sua famiglia tocca emigrare, lasciare le Marche alla volta della Toscana.
Un borgo che doveva costruire ancora la propria identità turistica li accoglie. Ancora venti anni da mezzadri prima di diventare ‘padroni’, in quella Toscana che rispettava maggiormente i diritti di chi lavorava i campi, una Toscana diventata per molti una sorta di ‘terra promessa’, un approdo della speranza.
Nel 1973 comprammo la fattoria. Mia madre non credeva ai suoi occhi guardando tutta questa terra divenuta nostra. ‘Quanto ben di Dio’
“San Gimignano all’epoca era un borgo come tanti altri, non era valorizzato come adesso. Nel 1973 – quando abbiamo acquistato questa fattoria – qui c’erano 9 mila abitanti – mi spiega Amico Fioroni. Proprio in quegli anni comprammo la fattoria dove lavoravamo in regime di mezzadria. Mia madre non credeva ai suoi occhi guardando tutta questa terra divenuta nostra. ‘Quanto ben di Dio’, diceva sempre. Siamo partiti da zero”. Ricorda spesso la madre nel racconto della sua vita. “Non sapeva né leggere, né tantomeno scrivere – confessa – ma era una donna intelligentissima”.
Poi parla dei suoi fratelli, con i quali ha dato vita a Poggio Alloro ed alle sue trasformazioni, un’azienda che oggi conta 198 ettari di terreno di cui 38 di vigneti, in altri 80 vengono coltivati cereali e legumi. E poi ci sono le api, gli olivi, l’allevamento di chianina.
“Sono cresciuto nella stalla – ricorda. Quando nasceva un maschio mia nonna voleva che fosse subito portato in mezzo agli animali. Nella stalla c’è il benessere, diceva”.
Ricordi. Però Amico non è un uomo che vive nel passato. Tutt’altro. Tiene a precisarlo mentre mi dice che quando si è trattato di acquistare una nuova piccola azienda è stato lui il primo a voler ‘osare’ ancora una volta. “La mia vita non finisce qui, deve continuare”. Progetta Amico. Mi indica il lago collinare artificiale che serve ad irrigare i suoi campi, le macchine moderne, l’agriturismo.
Gli ospiti quando arrivano a Poggio Alloro cercano sempre di me. ‘Dov’è Amico?’. Io ceno con i miei ospiti, mi siedo a capotavola, converso con loro, come a casa’
“Sono stato tra i primi a creare un agriturismo in questa zona e uno dei primi a produrre biologico negli anni Ottanta, oggi non mi fermo. Gli ospiti quando arrivano a Poggio Alloro cercano sempre di me. ‘Dov’è Amico?’. Io ceno con i miei ospiti, mi siedo a capotavola, converso con loro, come a casa”.
Amico, il suo nome è impresso anche sopra l’etichetta di uno dei suoi vini. Un Sangiovese ‘speciale’ che nasce nel regno della Vernaccia, sincero come l’uomo a cui si ispira. Un uomo che prende in mano la sua uva, la bacia, la carezza.
“Nel 1964 quando mi sono sposato ho promesso a mia moglie che un giorno tutto questo sarebbe stato nostro. Ora sono io il padrone”.
La mezzadria è solo un ricordo lontano. Una storia diversa Amico l’ha scritta con fatica, sentimento, orgoglio. Guarda le colline. La sua ‘amata terra’. Guarda lontano, come ha saputo fare ieri, come continua a fare oggi. I suoi figli, il fratello, i nipoti sono la sua squadra, lui il capitano che li esorta con coraggio perpetuo a correre per prendere altri sogni. Vincere altre partite.
I suoi vini sono i suoi scudetti, Poggio Alloro il suo pallone d’oro. Amico ha il genio del fuoriclasse e l’umiltà del mediano. Negli occhi trasparenti dietro due lenti di vetro tiene stretto l’attaccamento alla maglia delle bandiere, quelle che oggi non esistono quasi più. Poi ci sono le eccezioni, poi c’è Amico a ricordarci come si vincono i campionati partendo da zero. Lui ce l’ha fatta.