59 giorni di lockdown sono i giorni raccontati da Alessandro Benvenuti nel suo ultimo spettacolo in scena lunedì 7 settembre a Fiesole. Il comico toscano attore, regista, scrittore, direttore artistico dei teatri dei Rinnovati e Rozzi di Siena ha festeggiato 70 primavere lo scorso 31 gennaio. Lo spettacolo ‘Panico ma rosa. Diario di un non-intubabile‘ mette in scena l’isolamento obbligatorio di un autore attore che privato del suo naturale habitat: il palcoscenico. Benvenuti ha deciso di uscire dalla sua proverbiale ritrosia e raccontarsi per la prima volta pubblicamente e con disarmante sincerità. Sogni e bisogni, ricordi e crudeltà, fantasie e humor. Un viaggio nella mente di un comico che nel cercare un nuovo senso della vita per non impazzire, reinventa il passato di chierichetto, stabilisce inediti e proficui rapporti con tortore, passerotti, merli, cornacchie, piccioni e gabbiani.
Ecco la nostra intervista.
Qualche settimana fa si sono concluse le riprese dell’ottava stagione dei ‘Delitti del BarLume’, il regista Roan Johnson ha pubblicato su Facebook una foto di tutta la troupe con la mascherina, non deve essere stato facile recitare con le restrizioni anti-Covid
Le due nuove puntate che vedrete a Natale sono ambientate durante il periodo del Covid, quindi in realtà non si recitava quasi mai senza. Sul set siamo stati ligi a quelli che sono i protocolli. Avevamo un tampone alla settimana e un test sierologico ogni due. Eravamo molto controllati proprio per evitare problemi seri perchè se anche uno di noi fosse risultato positivo si sarebbe fermato tutto. C’è stata una grossa attenzione per non mettere a repentaglio la buona riuscita del lavoro. Però in realtà è stato molto gradevole, le due puntate sono davvero molto carine. Ci siamo dimenticati anche della contingenza, ha prevalso la voglia di lavorare, di vivere. Siamo molto felici di essere arrivati in fondo perchè ci sono altre produzioni che purtroppo si sono fermate perchè sono stati trovati dei casi positivi nella troupe. Noi siamo stati fortunati.
Ti sei un po’ affezionato al tuo personaggio, il burbero Emo Bandinelli che Marco Malvaldi ha scritto apposta per te? Ho letto che per interpretarlo ti sei ispirato a tuo padre…
Emo è un po’ Gino della sagra di ‘Benvenuti in casa Gori’. Siccome Gino è ispirato a mio padre, è ovvio che anche Emo risenta un po’ di quella che era la personalità del babbo. La matrice è quella del toscano brontolone, anarchico. Poi ‘emo’ vuole dire ‘sangue’, è la parte sanguigna della nostra razza di toscani.
Lo spettacolo che sarà in scena a Fiesole è nato da un diario che tu hai tenuto durante il lockdown e poi pubblicato a puntate su Facebook. Si può dire che è stata un po’ una strategia di sopravvivenza?
In realtà la scelta di scrivere un diario è proprio dovuta al fatto che mi sono posto la domanda di come mantenere quel rapporto affettuoso che ormai da tanti anni ho col mio pubblico. Devo dire che essendo abbastanza contrario a fare teatro in ‘streaming’ e a portarlo in quelle forme coercitive del piccolo schermo del computer non mi sarei sentito al mio agio in una situazione del genere. Ho pensato che la sola cosa che poteva darmi un senso di vicinanza e di abitudinarietà con chi volesse scegliere di leggere quello che scrivevo fosse appunto la forma letteraria e diaristica. Oltretutto io sono una persona abbastanza schiva sotto il profilo personale, quindi l’idea di parlare di me, di quello che mi succedeva e parlare più della persona e meno dell’artista devo dire che è stata una scelta molto fortunata e apprezzata proprio perchè in genere non lo faccio, per la mia timidezza. É stato bello vedere come osservazioni mie personali fossero così apprezzate dalla gente. Molti nei loro commenti nel complimentarsi mi dicevano ma perchè non ne fai un libro o uno spettacolo. Così mi è sembrato che la cosa più giusta fosse proprio farlo diventare uno spettacolo che peraltro è stato molto difficile da scrivere perchè io in realtà ho scritto 170 pagine, arrivare a metterne in scena 33 non è una cosa semplicissima. Però per fortuna ho fatto quattro letture pubbliche e questo mi ha aiutato ad avere delle idee chiare sulle cose che potevano funzionare di più e le cose che c’entravano meno. Insomma è stato un esperimento drammaturgico inusuale per me.
sono una persona abbastanza schiva sotto il profilo personale, quindi l’idea di parlare di me, di quello che mi succedeva e parlare più della persona e meno dell’artista devo dire che è stata una scelta molto fortunata e apprezzata proprio perchè in genere non lo faccio
La comicità toscana è molto ampia e molto diversa. Si va da Pieraccioni a Panariello, passando per il Ceccherini, il Monni fino ad arrivare ai Giancattivi, te, Francesco Nuti, Athina Cenci che però eravate diversi dagli altri
A differenza di quasi tutti gli altri io ho sempre cercato dei linguaggi che fossero diversi da spettacolo a spettacolo. É ovvio che se faccio la trilogia dei Gori insieme a Ugo Chiti la matrice è quella e i personaggi sono quelli. Io sono un autore comico, non sono un comico. Gli altri raccontano sempre se stessi più o meno nella stessa maniera. ‘Funzionano’ in un solo modo, è gente che ha avuto anche molto più successo di me. Io penso di essere solo un po’ diverso da loro, non credo di essere meglio o peggio. Per quanto riguarda me credo sia molto più forte la personalità dell’autore che non quella dell’attore. É più forte il desiderio della sperimentazione, l’attore è più al servizio dello scrittore. Non mi sono mai accontentato, sono un ricercatore dei linguaggi comici.
Oltre che un attore sei anche un operatore culturale, da sempre direttore artistico di teatri. Hai cominciato con il teatro di Rifredi, poi il teatro di Cavriglia, Castiglione Fiorentino, Cascina, al Puccini di Firenze, a Campi Bisenzio e da un anno e mezzo sei direttore artistico dei due teatri di Siena Rozzi e Rinnovati. Come vedi la prossima stagione teatrale nell’era post-Covid?
Male, perchè non abbiamo i confini, i paletti entro quali muoverci. Ci sono moltissime compagnie che hanno deciso di sospendere la propria attività. Io stesso come attore e direttore artistico dovevo fare un co-produzione dei teatri di Siena che era Finale di partita di Samuel Beckett ma abbiamo deciso di non farlo perché è un impegno economico che non porterà a grandi risultati. Se in una sala da 700 persone puoi far entrare solo 200 persone, è ovvio che non puoi prendere un certo tipo di cachet. É terribile, è un periodo molto brutto e io sono triste. A Siena avevamo iniziato a fare una rivoluzione molto interessante e avevamo dei risultati incoraggianti. Il fatto di non aver potuto concludere la passata stagione per me è stata dolorosissimo sia perchè non ho potuto mantenere le promesse che avevo fatto, sia perchè ho dovuto togliere lavoro ad alcune compagnie. L’anno prossimo per ora abbiamo in mente di fare una prima parte di stagione fatta di monologhi, non possiamo fare altro, nella speranza che dal 2021 possano riprendere le compagnie con più persone. Abbiamo già pronta una stagione che ancora non possiamo annunciare perchè non sappiamo quali saranno i protocolli del prossimo anno. Se a settembre ripartono i contagi e ci saranno nuove restrizioni che facciamo? É una situazione disperante, siamo impotenti, non possiamo fare nulla. L’impotenza fa molto male.