“Il turismo è la vittima economica principale dell’epidemia covid: un miliardo e quattrocento milioni di viaggiatori l’anno con un business mondiale intorno a 1.300 miliardi bloccato dalla paura. Paura di salire in aereo dove potrebbero esserci dei passeggeri contagiosi oppure di andare in alberghi o ristoranti dove il viaggiatore precedente, forse malato di Covid-19, potrebbe aver starnutito su coperte o cestini del pane.La reclusione in casa ha aumentato la percezione di pericolo rispetto a tutto quello che sta fuori delle mura domestiche per cui le vacanze, più che momenti di evasione, appaiono come esperienze ansiogene con il coronavirus sempre in agguato”.
Inizia così la lunga riflessione di Donatella Cinelli Colombini in una lettera approfondita che analizza la situazione del settore enoturistico nel pieno dell’emergenza da Corona Virus. Cinelli Colombini – giusto per ricordarlo – nel 1993 ha fondato il “Movimento del turismo del vino” ed ha inventato “Cantine aperte”, la giornata che in pochi anni ha portato al successo l’enoturismo in Italia.
‘In questo disastroso 2020 ogni Paese cercherà di tenere i cittadini nei propri confini nazionali e probabilmente anche gli Italiani faranno viaggi di prossimità – ipotizza. Per questo le destinazioni turistiche dove i viaggiatori sono prevalentemente italiani saranno meno colpite rispetto a regioni, come la Toscana, dove gli arrivi dall’estero hanno percentuali molto alte e fra loro gli Statunitensi sono numerosi (9% degli arrivi totali). Qui si sta delineando un autentico tracollo. Non dimentichiamo che il turismo estero vale oltre 40 miliardi per l’Italia’.
Cinelli Colombini poi si dice preoccupata per gli effetti di un eventuale contagio in quei luoghi dove – per ora – il virus è praticamente assente. ‘Prendiamo in esame le attività turistiche più problematiche – scrive, riferendosi a – quelle delle aziende agricole – ricettività, ristorazione e enoturismo che sono accessorie e spesso in promiscuità, con i lavori propriamente agricoli. Portando i visitatori in azienda aumenta il numero delle misure protettive da prendere nell’impresa nel suo complesso, ma soprattutto aumenta la probabilità di contrarre il covid. In una simile eventualità l’obbligo di quarantena potrebbe riguardare sia chi lavora nell’hospitality che il personale di cantine, uffici, vigneti e altre attività tipicamente rurali, con il blocco totale di ogni produzione’.
Riguardo ad intere zone che avevano costruito la propria immagine e la propria floridità economica sul turismo enogastronomico, vedi Chianti e Langhe o la Valpolicella, Cinelli Colombini non nasconde che per queste destinazioni ‘il futuro è molto preoccupante’. Soprattuto perchè il loro sistema economico – era interamente basato sull’attrattiva vino- con alberghi e agriturismi, ristoranti, enoteche, cantine aperte al pubblico per visite, degustazioni e vendita diretta. Per le cantine invece per ‘i problemi turistici creati dal coronavirus, è ipotizzabile che le 25.000 aziende enologiche italiane aperte al pubblico e fra esse le 5-8.000 ben organizzate per l’hospitality, occupino intorno a 30.000 dipendenti stagionali addetti all’enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato e ai membri delle famiglie produttrici. Tutte persone che potrebbero rimanere senza lavoro.
‘Il contraccolpo economico per le cantine con la mancanza della vendita diretta – aggiunge – è sconfortante: 2-2,5 miliardi di Euro che costituiscono una liquidità importante per le imprese italiane ma soprattutto una fonte di guadagno con marginalità nettamente più alta rispetto ai normali canali commerciali.