E’ una crisi senza precedenti quella che sta vivendo il settore agricolo. L’emergenza corona virus ha messo in ginocchio le imprese, compromettendo duramente il tessuto dell’economia. Manca la manodopera nei campi, si rischia di non poter procedere con la raccolta, la vendita diretta azzerata e per adesso il commercio online – da solo – non può essere l’unica soluzione per rispondere alle criticità delle aziende. Poi c’è da pensare anche al settore agrituristico, a quella fetta di imprenditori che avevano investito con successo nell’enoturismo e che oggi vedono vanificati i propri sacrifici, con un rischio altissimo di perdita di posti di lavoro. Cosa fare? Lo abbiamo chiesto all’assessore all’agricoltura della Regione Toscana Marco Remaschi che fin dall’inizio dell’emergenza ha raccolto le istanze delle associazioni di categoria provando a individuare diversi livelli di azioni e misure per le imprese e garantire sostegno al sistema. “Non lasceremo nessuno indietro’, assicura.
Partiamo da una questione urgente, quella della mancanza di manodopera, che si rivelerà problematica anche nei prossimi mesi, sopratutto ricordando che nei campi ci lavorano gli immigrati. I raccolti rischiano di marcire con un danno economico incalcolabile, cosa fare e quale ruolo possono svolgere i centri per l’impiego che stanno in capo alla Regione?
E’ un tema sul quale abbiamo messo molta attenzione, sia a livello regionale che nazionale. Proprio al tavolo nazionale il ministro si è impegnato a trovare soluzioni flessibili. Le organizzazioni chiedono l’utilizzo dei voucher ma sappiamo anche qual è l’atteggiamento dei sindacati su questo strumento. Io ho chiesto di trovare degli elementi di flessibilità che consentano di dare risposta agli agricoltori ed all’agricoltura e che permettano di non lasciare sui campi o sulle piante i prodotti del settore agricolo. A livello regionale abbiamo fatto un incontro con la collega Grieco (assessore regionale a formazione e lavoro, n.d.r.) cercando di coinvolgere in questo percorso i centri per l’impiego. Ne abbiamo 54 in Toscana e l’intento è quello di far incrociare domanda e offerta e dare opportunità di lavoro anche ai cittadini toscani che abbiano le competenze, la voglia, la capacità e la professionalità per fare questo tipo di attività. Sono convinto che con le misure regionali e nazionali sicuramente sapremo essere pronti nelle prossime settimane, quando ci sarà maggior bisogno di manodopera rispetto ad oggi.
Con l’emergenza Corona virus sono partite tante campagne nazionali e locali per sostenere l’acquisto da parte dei cittadini di prodotti italiani, prodotti certificati e aiutare dunque i nostri produttori. Va anche in questa direzione il protocollo che avete siglato con Anci Toscana, l’associazione dei comuni per utilizzare nei pacchi spesa per gli indigenti, prodotti locali e di filiera. Cosa prevede questo accordo nello specifico?
Ci siamo mossi con Anci perchè abbiamo un’agricoltura fatta di tantissime aziende, spesso anche familiari, molto piccole che fanno prodotti di altissima qualità. L’agricoltura – ritenuta attività essenziale – deve portare nelle nostre case cibo di buono e che abbia una garanzia di sicurezza alimentare e tracciabilità, tutti requisiti che corrispondono al nostro tipo di agricoltura. Sappiamo però che con il blocco dei canali dell’Ho.Re.Ca i prodotti freschi, ortofrutticoli e altre produzioni, oggi hanno più difficoltà ad entrare all’interno dei percorsi distributivi. Allora abbiamo pensato di coinvolgere i comuni che devono fornire alle famiglie voucher di acquisto nei negozi o nella grande distribuzione oppure i pacchi spesa. Da qui l’accordo con i comuni che si possono occupare di coinvolgere le aziende del territorio. E’ anche un fatto di educazione alimentare, un tema nel quale noi probabilmente per la prima volta andiamo – con grande forza – a fare un’operazione di sensibilizzazione sulle famiglie toscane. Dobbiamo consumare toscano e adottare ognuno di noi un agricoltore, mangiare bene, sano e dare più forza ai nostri agricoltori.
Questa emergenza ci ha messo di fronte anche ad un miglior utilizzo della tecnologia e delle opportunità che offre. Partendo da questo molti consorzi o associazioni d’impresa hanno pensato che fosse giunta l’ora di investire in maniera stabile sul commercio online. Ecco – come gestire questo processo secondo lei – e come si può ancora innovare non solo sulla parte dell’e-commerce ma anche sulla promozione sui nostri brand dell’agroalimentare, cosa serve oggi per rimanere protagonisti sui mercati internazionali in un momento difficile per tutti i paesi del mondo?
Bisogna ripartire, avere la forza di non mollare, bisogna innovare. L’innovazione – per quello che riguarda la Toscana – sta anche nel trovare nuove forme di promozione e di commercializzazione dei nostri prodotti. Eravamo abituati ad utilizzare la vendita a km zero anche utilizzando i grandi flussi turistici che avevamo nella nostra regione, prima del Corona Virus. Oggi la vendita diretta nelle aziende è un canale chiuso quindi dobbiamo mettere in campo elementi nuovi. L’e-commerce in altri paesi è più evoluto e ha fatto accendere una spia nei nostri consorzi, nei nostri agricoltori per altre opportunità di commercio. Io spero che da questa esperienza estremamente negativa si possa uscire rafforzati, con ulteriori opportunità di commercializzare bene i nostri prodotti. Non dimentichiamo poi – e questo è un dato principale – che ogni cittadino nell’emergenza ha variato anche il modo di fare la spesa. Noi come Toscana possiamo dunque mettere in campo il nostro brand e le nostre produzioni di altissima qualità, credo che questo sarà premiante alla lunga e dunque si potrà uscire in maniera più forte e sinergica coinvolgendo tutti i soggetti della filiera.
La Toscana si è dimostrata storicamente terra resiliente. Resilienza che si è manifestata di fronte ad emergenze naturali ed a crisi economiche. Quali sono secondo lei i pilastri su cui si può poggiare il settore agricolo toscano per resistere e ripartire?
Il territorio. E ancora le bellezze naturali, ambientali, paesaggistiche oltre a quelle artistiche e architettoniche che abbiamo. Speriamo che questa sia una triste esperienza di passaggio e che si possa tornare poi nel corso dei prossimi mesi ad una vita più normale. Partendo dunque dalla cura dei territori possiamo ripartire. C’è stato un avvicinamento forte ai territori rurali, anche da parte dei giovani. Come Regione dobbiamo stare vicino ai territori, a chi fa sviluppo e li salvaguarda, mettendo in campo tutta una serie di azioni regionali, nazionali e comunitarie, facendo fatti concreti, non parole. Sono certo che ne usciremo più forti.
Come Regione quali strumenti state mettendo e mettete in campo a sostegno delle imprese e delle filiere dell’agroalimentare, al di là, ovviamente delle misure messe in campo dal governo? Ci sono anticipazioni di risorse in corso o bandi con scadenze posticipate? Come state venendo incontro alle aziende in momento tragico per il settore?
Abbiamo la programmazione comunitaria, il PSR ed abbiamo allocato il 98% delle nostre risorse che abbiamo a disposizione, ossia i nostri 950 milioni di euro. Nelle scorse ore abbiamo avuto un incontro con tutta la struttura dirigenziale e con le organizzazioni professionali per mettere in campo, con un percorso condiviso, tutte quelle che sono risorse del piano di sviluppo rurale, la politica agricola comunitaria (quindi anticiperemo i pagamenti della PAC), risorse regionali che sono sicuramente poche e che saranno indirizzate verso le filiere più in sofferenza. Oltre a questo c’è il collegamento con i decreti legge del governo nazionale. Oggi perè è necessaria una pressione specifica e comune su Bruxelles perché da lì possono partire risposte importanti. Un’idea sulla quale stiamo lavorando è quella di utilizzare l’annualità 2021 per cercare di utilizzare gran parte delle risorse del piano di sviluppo rurale per dare liquidità alle aziende. Abbiamo bisogno di immettere benzina nel motore delle imprese agricole. Non è un’azione unica ma deve essere vista partendo dalla Regione, passando per il Governo e l’Europa. Tutti insieme sono convinto che ce la possiamo fare. Abbiamo visto l’importanza dell’agricoltura e della filiera del cibo, è veramente la prima filiera essenziale e c’è grande attenzione e su questo noi non possiamo tradire le attese dei nostri cittadini.
Qualche giorno fa una delle imprenditrici del vino più importanti in Italia, Donatella Cinelli Colombini, madre dell’enoturismo nel nostro paese ha lanciato un grido d’allarme per questa fetta di imprenditori che uniscono produzioni ad offerta turistica. Si stimano perdite enormi e rischio di posti di lavoro. In questo caso la situazione è ancora più complessa e mette insieme tanti interessi. State pensando ad un piano specifico con l’assessorato al turismo e Toscana Promozione Turistica?
La Regione Toscana ha 4500 agriturismi, ha il 20% dell’offerta agrituristica nazionale ma questo lo dobbiamo ala capacità dei nostri imprenditori, alla bellezza del nostro territorio, quindi oggi è penalizzato un settore in grande crescita e grande sviluppo. Sono convinto che sicuramente ripartirà perché andare negli agriturismi significa non creare aggregazione. Gli agriturismi spesso sono piccole realtà, frequentate da una, due famiglie, è possibile il distanziamento sociale, possono godere della libertà di stare sulle nostre colline. Il grido d’allarme di Donatella Cinelli Colombini è giusto, con disdette delle prenotazioni fino a giugno. Ci sono pochissimi segnali di ripresa. Noi con gli agriturismi portiamo i viaggiatori all’interno delle nostre aziende, gli facciamo visitare le cantine, li portiamo in campo, gli facciamo vedere come nascono le nostre produzioni vitivinicole, li portiamo nei nostri oliveti , li portiamo nelle stalle, leghiamo questo ad un’attività che è anche turistica, mangiando prodotti toscani. Chi va in agriturismo deve vivere la Toscana a 360 gradi e per questo stiamo facendo dei tavoli con i vari assessorati. Vogliamo capire quali possono essere risposte concrete per indennizzare anche gli agriturismi che hanno perso quasi tutto il reddito e non dimentichiamo che sono anche un volano importante di vendita diretta. Dobbiamo riprendere a camminare anche in questo settore.
Fortemente danneggiate dall’emergenza in Toscana anche le aziende floricole, se ne contano circa 2 mila tra Pistoia, Lucca e Grosseto. La Regione ha detto chiaramente che interverrà per sostenerle, a che punto siamo?
Abbiamo fatto un incontro con le organizzazioni, dovremmo portare nei prossimi giorni in Consiglio Regionale una proposta per trovare liquidità di carattere regionale per dare dunque una prima risposta al settore floricolo ed a quello ovicaprino. Lo faremo concertando le varie azioni. Stiamo poi lavorando sul tavolo nazionale, il ministro si è impegnato a trovare risorse specifiche. Se non aiutiamo le aziende con sovvenzioni o liquidità non ce la fanno a ripartire. Noi abbiamo tutte le attenzioni del caso per non lasciare nessuno indietro.
Si parla tanto di Rinascimento in questo periodo, sopratutto in Toscana. Rinascimento dei centri storici che riguarda anche un profondo ripensamento delle città. Quali potrebbero essere i punti cardine di un Rinascimento delle campagne che comunque era già in atto, in tantissimi si erano convertiti al biologico, al biodinamico, avevano trasformato le proprie aziende puntando non solo su produzione ma anche su turismo, didattica, esperienza. E oggi? Da dove si riparte?
Mi faccia dire innanzitutto una cosa, prima di risponderle. Dovremmo lasciare indietro per un po’ di tempo l’aspetto dello scontro politico se vogliamo dare l’immagine ai nostri cittadini di un’Italia coesa a livello internazionale, le polemiche non fanno bene. Il confronto sì – anche forte – ma le polemiche no.
Per quanto riguarda noi dobbiamo investire sul brand toscana e sulle infrastrutture che limitano determinate azioni del nostro territorio. Dedicare più risorse a marketing e comunicazione sia del territorio che delle produzioni e delle bellezze, tutti aspetti da declinare se superiamo questa fase di crisi e di emergenza, con migliaia di morti, famiglie distrutte. Noi dovremmo mettere in campo come Italia, Toscana ed Europa azioni sinergiche insieme al resto del mondo per ripartire e creare quelle condizioni per tornare a quella vita normale che oggi non c’è. C’è sicuramente una perdita delle nostre libertà ma lo facciamo con la prospettiva di poter ripartire tutti insieme, questo deve essere l’obiettivo. Lo scontro politico fuori dalle righe non fa bene né ai singoli cittadini né al paese.