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400 anni e non sentirli, mappato il genoma dell’animale più longevo: è lo squalo della Groenlandia

Il vertebrato che vive nell’Atlantico settentrionale e nell’Oceano Artico può raggiungere i 400 anni di vita. Alla ricerca hanno contribuito alcuni scienziati della Scuola Normale Superiore di Pisa che hanno individuato il merito dell’eccezionale longevità in alcuni geni capaci di riparare il DNA

Squalo_Groenlandia

Fare il bagno in acqua fredda ha numerosi benefici per la nostra salute e forse questo è il segreto della longevità dello squalo della Groenlandia, animale vertebrato che vive nell’Atlantico settentrionale e nell’Oceano Artico che può raggiungere i 400 anni di vita. Una aspettativa di vita da record che è stata scoperta grazie al lavoro di un team internazionale di scienziati di istituti quali il Fritz Lipmann Institute on Aging (FLI) di Jena, in Germania, e la Scuola Normale Superiore di Pisa che ha mappato per la prima volta il genoma dell’animale vertebrato più longevo del mondo, proprio lo squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus).

La mappatura del genoma consente di comprendere la sequenza e la posizione dei geni sulla catena del DNA ed è essenziale per avere informazioni dettagliate su quali meccanismi permettono ad un organismo di sopravvivere, svilupparsi e riprodursi e quindi anche di vivere così a lungo, battendo di gran lunga non solo noi umani ma. anche le tartarughe giganti che possono vivere fino ai 200 anni. Il codice genetico dello squalo della Groenlandia è lungo il doppio di quello di un essere umano ed è una delle più grandi sequenze di genoma animale studiata fino a oggi, con i suoi 6,5 miliardi di paia di basi (il record è il pesce polmonato, con 35 miliardi di paia di basi).

L’enorme dimensione del genoma dello squalo della Groenlandia è dovuta principalmente alla presenza di elementi ripetitivi e spesso autoreplicanti”, spiega il professor Alessandro Cellerino, neurobiologo del FLI e del Laboratorio di Biologia della SNS, che ha partecipato al lavoro anche con le ricerche di un dottorando in Neuroscienze, Davide Drago, specializzato nello studio comparato dell’invecchiamento cerebrale negli squali. “Tali elementi trasponibili, a volte chiamati geni saltatori o geni egoisti e spesso considerati parassiti genomici, rappresentano oltre il 70% del genoma di questo animale. Un elevato contenuto di ripetizioni è spesso considerato dannoso poiché i geni che saltano possono danneggiare il DNA e corrompere la sequenza del genoma. Nel caso dello squalo della Groenlandia, invece, ciò non sembra accadere“.

Al contrario, Cellerino e suoi colleghi, tra cui Arne Sahm del FLI, primo autore dello studio, sospettano che l’espansione degli elementi trasponibili possa aver addirittura contribuito all’estrema longevità dello squalo della Groenlandia. Molti geni duplicati sono coinvolti infatti nella riparazione dei danni al DNA. “In ciascuna delle nostre cellule, il DNA subisce danni migliaia di volte ogni giorno e meccanismi molecolari specializzati lo riparano costantemente. Una scoperta notevole degli studi genomici comparativi è che le specie di mammiferi longeve sono eccezionalmente efficienti nel riparare il loro DNA spiega ancora Cellerino. – I risultati sul genoma dello squalo della Groenlandia sembrano indicare che l’espansione degli elementi trasponibili possa aver addirittura contribuito alla sua estrema longevità in quanto alcuni di questi elementi nella loro duplicazione hanno “rapito” geni per la riparazione del DNA che quindi sono stati anch’essi duplicati”.

Il team ha anche scoperto un’alterazione specifica nella proteina p53, nota anche come “guardiana del genoma”. Questa proteina è molto studiata in quanto agisce come un centro di controllo che coordina la risposta ai danni al DNA negli esseri umani e in molte altre specie. “Questa proteina è mutata in circa la metà di tutti i tumori umani ed è il più importante meccanismo di soppressione dei tumori che conosciamo. Pertanto, è un gene essenziale per la longevità“, afferma Steve Hoffmann, biologo del FLI di Jena, in Germania. “Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere se e come i cambiamenti osservati nelle sequenze di questi geni critici favoriscano la loro funzione protettiva contribuendo all’eccezionale longevità di questi animali”.

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