Era il 1959 quando a Firenze un gruppo di antropologi, sociologi, etnologi, esperti di cinema e di comunicazione di masssa (come al tempo si usava definire, italianizzando la parola inglese mass media), fondarono un istituto dedicato alla documentazione sociale. La principale attività dell’associazione, l’organizzazione di un festival internazionale del film documentario, il Festival dei Popoli, che compie quest’anno sessant’anni.
La manifestazione fiorentina, oggi diretta da Alberto Lastrucci, con la presidenza di Vittorio Iervese, nel corso dei suoi sessant’anni di attività ha cambiato pelle, si è evoluta e articolata in nuovi modi, senza mai perdere di vista il suo principale obbiettivo: raccogliere, selezionale e far vedere al pubblico i migliori film documentari prodotti nel mondo. Parallelamente alla manifestazione festivaliera, l’istituto ha creato un archivio, proprio a partire dai preziosi documentari raccolti, che oggi costituisce uno dei più ricchi patrimoni esistenti al mondo di questo genere di film.
Proiettare film che documentano la realtà per farne conoscere le eccellenze e le criticità, metterne in rilievo le emergenze sociali, politiche, ambientali. Raccontare la quotidianità di comunità altre, con molteplici modelli e stili di vita. E ancora valorizzare le espressioni artistiche dei diversi popoli nella contemporaneità, nel campo della musica, della danza, dell’arte e dell’architettura: il Festival dei Popoli è stato ed è tutto questo e molto altro.
Nel corso delle varie edizioni il Festival dei Popoli ha reso omaggio ai maestri del cinema, come Jean Renoir, Jean-Luc Godard, John Cassavetes, Ken Loach, Nagisa Oshima, Aleksandr Sokurov e, con la sezione inaugurata nel 2008, “Filmmaker in Focus”, ha ospitato a Firenze i grandi documentaristi, tra cui Claire Simon, Thomas Heise, Peter Mettler, Isaki Lacuesta, Andrés Di Tella, Marcel Łoziński e Paweł Łoziński, Jos de Putter, Mary Jimenez, Danielle Arbid, Kazuhiro Soda.
Dal 1959 ad oggi il mondo è cambiato e con esso il modo di fruire il cinema. Il festival, passato indenne dai principali mutamenti sociali, dal boom economico degli anni ’60, alle contestazioni del decennio 1968 – 1978, dal rampantismo degli anni ’80 e 90, ai problemi della globalizzazione con l’avvento del digitale e della rivoluzione di Internet dalla fine degli anni ’90 in poi, è riuscito sempre a riaffermare con forza la centralità del documentario nei linguaggi della comunicazione e il suo ruolo di sentinella: per parlare di realtà che molto spesso non sono all’attenzione dei media; per fare controinformazione; per continuare a stupire il pubblico. Perché spesso la realtà supera di gran lunga la fantasia.