Dalla Valdichiana alla tavola: qualità e segreti della chianina
Come riconoscere senza ombra di dubbio la carne certificata soprattutto al momento dell'acquisto e del consumo
Trequanda, nel cuore della Valdichiana, è la zona tipica e storica dell’allevamento, della produzione e dell’utilizzo della chianina. Da oltre 2500 è la “casa” di una razza autoctona che proprio da quest’angolo di Toscana prende il nome.
Fino a circa 60 anni fa la chianina era utilizzata come forza lavoro, serviva per le attività nei campi e aveva un ruolo importante nell’economia agricola. Poi con la meccanizzazione e la fine della mezzadria ha rischiato di estinguersi. Si è salvata solo quando le sue qualità, sotto il profilo alimentare, sono diventate note.
Oggi la chianina è ritenuta una delle migliori carni al mondo. Questa razza e le razze marchigiana e romagnola tipiche della zona dell’Appennino Centrale possono fregiarsi della certificazione Vitellone bianco dell’Appennino Centrale Igp, un riconoscimento che è sinonimo di garanzia della qualità della carne. In Italia sono 18mila i vitelloni bianchi certificati e rappresentano l’1% dei capi macellati ogni anno.
Un prodotto di nicchia di altissima qualità, quindi, come emerso nel corso dell’ultimo Buy Food. A influire sono diversi fattori tra cui quello genetico. Gli animali sono infatti iscritti a un libro genealogico. Il disciplinare prevede inoltre sistemi di alimentazione e di allevamento tradizionali proprio per garantire la qualità finale del prodotto. La filiera è così certificata dalla stalla alla tavola.
Ma cosa possono fare i consumatori al momento dell’acquisto e del consumo per avere certezza di quello che andranno a mangiare? Oltre ai certificati che accompagnano le bistecche di chianina, si può anche richiedere di vedere il contrassegno impresso a fuoco: garanzia di autenticità e qualità.