Ogni anno sono più di 2000 le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza della Toscana. Sette su 10 sono italiane. La forma di violenza rilevata più frequentemente è quella psicologica (82,4%). Negli ultimi dodici mesi si rileva un aumento delle segnalazioni per violenza economica (passate dal 26,9% del 2014/15 al 30,1% del 2015/16); il fenomeno, rilevato anche per le italiane, è particolarmente significativo per le donne straniere, che più spesso convivono con il partner in una situazione di dipendenza economica. Tra le donne straniere sono in aumento anche le segnalazioni di violenza fisica, che risultano invece in lieve calo tra le italiane. Le donne uccise per motivi legati al genere dal 2006 al 2015 sono state in tutto 88, di cui 7 solo nel corso del 2015. Questi alcuni dei risultati che emergono dal 7°rapporto sulla violenza di genere elaborato nel 2016 sui dati 2014-2015.
Per contrastare gli stereotipi e contribuire ad un cambiamento culturale a partire da un'informazione corretta e un uso consapevole del linguaggio arriva un accordo sottoscritto da Regione Toscana, Ordine dei giornalisti della Toscana, Commissione regionale Pari Opportunità, Associazione della stampa Toscana. Al centro dell'intesa la promozione e l'organizzazione di incontri e seminari per sensibilizzare e formare i giornalisti e contribuire ad una corretta rappresentazione dell'immagine femminile.
I seminari si terranno il 23 ottobre a Firenze, il 13 novembre a Livorno e il 21 novembre a Siena con la partecipazione delle giornaliste Chiara Brilli, Lucia Aterini e Ilaria Bonuccelli nonché di Cecilia Robustelli, professore di Linguistica Italiana presso l'Università di Modena e Reggio Emilia e Lucinda Spera, professore di Letteratura Italiana presso l'Università per Stranieri di Siena.
"L'accordo - spiega la vicepresidente Monica Barni - nasce dalla necessità, condivisa da tutti i firmatari, di effettuare una serie di seminari di formazione per i giornalisti con l'obiettivo di promuovere una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche. Per questo saranno realizzate tre giornate di lavoro a Firenze, Livorno e Siena in cui si alterneranno giornaliste di testate regionali particolarmente sensibili al tema e docenti universitari da tempo attivi su questo fronte".
"Su questi temi - ha evidenziato il presidente dell'Associazione Stampa Toscana Sandro Bennucci - esistono ancora nella nostra società forti retaggi culturali. Basti pensare che Istituti come "il delitto d'onore" e "il matrimonio riparatore" sono stati presenti nella nostra legislazione penale fino al 1981. Come giornalisti ci sentiamo impegnati in prima fila per conmtribuire a una trasformazione necessaria sul piano culturale affrontando così questa piaga gravissima della violenza di genere. Ringrazio la Regione per aver accolto questa nostra proposta: i corsi sono un primo seme, che, ne sono sicuro, produrrà frutti preziosi".
"La violenza di genere è una violazione dei diritti umani tra le più diffuse al mondo - ha detto ancora Monica Barni - e i recenti dati purtroppo lo confermano in ogni Paese, Italia e Toscana comprese. È fondamentale far comprendere che la violenza di genere non è un problema delle donne e non solo alle donne spetta occuparsene, discuterne, trovare soluzioni, avviare un cambiamento culturale. Un uso corretto e consapevole del linguaggio nella narrazione dei fatti di cronaca, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per questo cambiamento. Espressioni irrispettose, denigratorie o lesive dell'identità e della dignità femminili, l'uso di termini fuorvianti come 'raptus', 'follia', 'gelosia', per suggerire attenuanti e giustificazioni all'omicida, anche involontariamente, mentre si tratta di crimini dettati dalla volontà di possesso e annientamento; l'uso di immagini e segni stereotipati o che riducano la donna a mero richiamo sessuale o oggetto del desiderio. Questi - sottolinea Barni - sono solo alcuni esempi di una narrazione sbagliata, che si pone dal punto di vista del colpevole. Nel racconto degli episodi di violenza ritengo invece si debba partire sempre dalla vittima, nel rispetto della sua persona e che si debbano mettere in risalto le storie positive di donne che hanno avuto il coraggio di sottrarsi alla violenza, dando la parola anche a chi opera a loro sostegno".