Dopo una pausa pluridecennale torna nei calici dei toscani (e, si spera, non solo) il Ronchì Pichi, un vino aromatico molto in voga nei primi del '900. È stato presentato oggi in Consiglio regionale il rilancio del vino liquoroso di cui si erano perse le tracce dalla fine degli anni '90. "È il ritorno di una tradizione ed è significativo che ciò avvenga mentre l’Italia si distingue a livello mondiale per l’enogastronomia", ha detto il presidente dell'Assemblea regionale, Eugenio Giani. "È un vino aromatizzato che può essere concorrente del vermut o del vinsanto - ha aggiunto -. Ma soprattutto è un prodotto che appartiene alla tradizione culturale ed enogastronomica della Toscana. Il ritorno sulle scene di questo vino liquoroso, dunque, va salutato come un fatto importante, che ricollega un qualcosa di particolare alla più ampia tradizione vinicola della nostra terra".
Secondo Alessandro Cicali, l’imprenditore che scommesso sulla rinascita del Ronchì Pichi, "è un vino che appartiene alla tradizione toscana nel senso più completo del termine e noi crediamo in questo prodotto e siamo felici di rendere alla tradizione toscana un suo vino che da tempo mancava dai mercati". Soddisfazione per il consigliere regionale Pd Monia Monni che ha sottolineato come "in un momento in cui si parla di una Toscana a due velocità, con quella costiera in ritardo, è importante che si riprenda la produzione di un vino che riesce a coniugare la tradizione enogastronomica della costa con quella dell'interno della Toscana". Antonio Mazzeo, vicesegretario del Pd toscano e consigliere regionale, ha ricordato che il Ronchì Pichi "era il vino che gli studenti dell'università di Pisa utilizzavano per il brindisi dopo la laurea" ed è "un prodotto che si rifà alla tradizione della costa, anche se oggi viene prodotto nella Toscana centrale".