Nijmgen, Martedì 13 febbraio 1996
Devo un po’ ambientarmi, soprattutto in questa stanza in cui non so come muovermi. Sono arrivata ieri, stanca, un po’ frastornata ma tranquilla.
Sono arrivata senza problemi, cambiando aerei e treni, chiamando Alessia Garulli (una ragazza di Roma anche lei qui con l’Erasmus), incontrando poi Hans Bak e venendo qui, in questa casa piccola, un po’ strana, in questa famiglia composta da una donna cilena che parla l’Olandese e lo spagnolo, sua figlia ed altre due ragazze che non so bene di dove siano e cosa facciano. [...]
Questa mattina sono stata all’università. Niente in confronto alle nostre. Qui tutte le facoltà sono raccolte in un luogo. Divise in edifici enormi, nuovi e ben organizzati. L’edificio per l’Erasmus è di ben venti piani!
Ho parlato (si fa per dire!) con il prof. Bak per i corsi che posso seguire. Storia dell’arte è tenuto in olandese, il che rende impossibile per me sostenere il relativo esame, così mi resta da scegliere il corso di Lett. inglese.
Questo rallenta un po’ i miei piani. Ma forse nemmeno troppo se riesco a studiare qui storia dell’arte per poi dare l’esame in Italia. [...]
Sabato 17 febbraio .
..poi mi prendono momenti forti di sconforto in cui questa solitudine e questo persistente spaesamento mi pesano molto. Come ora. Mi chiedo che cosa posso fare? Chi vedere? Chi cercare? E non c’è mica nessuno... E non so cosa posso fare, dove andare, locali... feste, luoghi di incontro...
Ho scoperto qualcosa leggendo ma forse l’essere così sola per ora mi blocca. Sono soltanto momenti che, in fondo, non contano molto nell’economia del tempo, ma li registro, li sento in fondo in fondo... Passeranno anche questi penso. Quando avrò stabilito qualche contatto e fatto amicizie. Dicono che non sia tanto facile qui farne. Vedrò. Forse c’è una sorta di impazienza di fondo che non mi fa stare ferma e sola ancora, la paura di perdere tempo e momenti preziosi e di rimanere fuori. [...]
Martedì 20 febbraio
Me la sto prendendo comoda... ora forse inizio a godere di questa solitudine e della sua indipendenza. Forse si... Se non fosse per questa stanza troppo piccola di periferia, sarebbe tutto okay. O quasi. Mancano, forse, ancora, persone con cui parlare. Mancano occasioni e incontri, manca forse la mia capacità di farlo.
Ieri ho incontrato Renèe Hoogland, la tipa suggeritami da Liana Borghi. Tiene un seminario di studi lesbici, sull’immagine della lesbica... Quanto al suo corso mi sarà impossibile farlo in maniera attiva, perché richiede molta partecipazione e per giunta è quasi alla fine. Gli altri studenti (sono soltanto 3) stanno già preparando le loro relazioni... Io sono un po’ tagliata fuori per questi motivi e per la lingua, chiaramente.
Quanto a lei... che cosa dire di quell’emozione forte che ho provato davanti ai suoi occhi? al suo aspetto un po’ serioso e burbero, ai suoi movimenti a alla delicatezza del suo profilo? Ti dico che mi piace. E forse un po’ troppo.
Ti dico che l’ho desiderata subito, che non sono riuscita a sottrarmi al suo sguardo e che non c’ho proprio provato. Ti dico che ho sentito vampate di calore e morsi allo stomaco, la voglia di passare le mie labbra dietro al suo orecchio e poi sulla sua bocca...
Che altro dirti? Che ho scritto qualcosa su di lei, sul suo aspetto un po’ da ometto, come dice Liana, ma dolce, deciso e delicato. Si, e che l’ho subito desiderata... [...]
Sabato 24 febbraio
Dopo qualche esitazione mi sono detta: Barbara non essere scema. Sii quello che sei. Lo puoi essere, più di sempre, ed ho detto la verità correggendo il suo uso del maschile parlando delle mie relazioni amorose. E ci sono state scoperte e sorprese non tanto sorprese.
Quella simpatia immediata... le mie supposizioni, le mie forti sensazioni, nei confronti di Valentina che non ha mai avuto una storia con una donna ma a cui le donne piacciono, anche le donne. Mi ha fatto conoscere molti locali gay e lesbici, sentendosi, allora, libera di portarmi ovunque.
Ci sono tante cose da scoprire. Io guardavo con gli occhi curiosi e sentendo sulla pelle quando un posto mi piaceva di più o di meno, quanto mi ci sentivo più o meno bene. Ed è stato forte avvertire proprio sulla mia pelle e su tutto il mio corpo la maggiore rilassatezza, il più forte senso di "affiatamento" con il posto, quando siamo entrate in un locale omo, quello in cui poi, siamo ritornate. Poi il locale in cui, nel sottosuolo, si fuma l’hascish, quello in cui si compra, che non abbiamo raggiunto. E tanti altri.
Lei è una bella persona che mi ricorda tante diverse della mia vita, attraverso i tratti del suo volto latino, l’espressione delle sue risate e dei suoi scherzi, la luminosità dei suoi occhi. È vitale, un po’ pazza e triste. [...]
14/03/’96
Che bello sentire la mamma. Immaginarla a comporre il numero dell’Olanda e chiedere di me. E poi parlare senza smettere un attimo, con una naturalezza forse mai provata, mai vissuta. Mai stata possibile. Che bello raccontarle la mia vita e ascoltare i suoi commenti, pochi ma presenti, le sue risate, il suo schifo sentendo che mi faccio le iniezioni da sola.
Avrà sentito, sicuramente, che sto bene, avvertito la mia gioia, la mia leggerezza, la serenità che accompagrna le mie parole, libere di uscire. Bello sentire che avevamo bisogno di sentirci e averlo soddisfatto in una lunga telefonata.
Le parlavo DALLA mia vita ed ho sottolineato con lo stampatello, per sottolienare la forza di questo momento. Le parlavo da qui, della mia organizzazione, del mio tempo, lontano da lei, della sua casa, dai suoi ritmi. Le raccontavo dei miei, del mio letto, delle mie lenzuola e della lavatrice. E sancivo l’esistenza di me stessa, del mio spazio, della mia indipendenza e della libertà.
Era sottolineare un passaggio, un cambiamento, un "allontanamento" che però -e questo è grande e forte- sanciva un avvicinamento, altrettanto grande e forte. Perché così è possibile, così è stato possibile trovarlo. Trovare le parole per costruirlo, trovare un modo. Così ha senso parlare, parlarci. E scopro di poterlo fare con leggerezza. E potrei farlo, forse, con altrettanta leggerezza se dall’altro capo del cavo telefonico ci fosse il babbo. Forse questa è la strada, una porta che si apre. Io lo capisco... che bello se fosse possibile sentirlo e capirlo dai due opposti poli del filo. [...]
Mercoledì 5 June 96
Eccoci a Middelburg ed è il turno di un iracheno. Sono seduta in un locale chiamato Pyramide con cibo egiziano, ho mangiato un abbondante Valafel (buono!!), ora un mega piatto di patatine fritte, davanti una lattina di Coca Cola. Sono le ore 23, stavo svenendo dalla fame poco fa, non avendo mangiato niente in tutto il giorno se non 3-4 fette di torta al convegno. Non è proprio niente vero? ma le fette erano sottili! Poi ho raggiunto l’hotel, la mia stanza di nuovo sotto il tetto. Che strana sensazione... la prima volta anche per quello, per una stanza in un albergo dove stare da sola, poi lasciata.
Ero stanchissima, ho dormito un poco, non bene per il forte mal di testa che avevo e per le campane della chiesa vicina che ogni 15 minuti suonano a lungo, come tutte le campane olandesi. La proprietaria dell’hotel non sembrava proprio olandese. La sua pelle è troppo scura per esserlo. Poi sono uscita per guardarmi intorno in questo paese, piccolo, calmo. Ho cercato un posto in cui mangiare, girato, girato come al solito senza decidermi poi sono entrata qui. Ancora una storia da ascoltare, da conoscere.
Lui si è ribellato al governo di Saddam Hussein, poi Saddam l’ha messo nella "lista nera", ha ucciso suo fratello, non ha ucciso lui perché non era in casa ma lui è dovuto fuggire dall’Iraq. Ora è qui, sta bene ma in Iraq aveva una vita piena, ricca e tranquilla, sente la mancanza della sua famiglia. Aspetta che Saddam se ne vada per ritornare al suo paese.
[Brani tratti da “Lontana terra. Diari di toscani in viaggio”, Terre di mezzo, Milano, 2005]