Lo scorso marzo abbiamo incontrato Fabio Santaniello Bruun componente e segretario di “120g”, un'associazione nata circa due anni fa dall’iniziativa di 13 ragazzi, colleghi ed amici che frequentavano il corso di Ingegneria Edile Architettura a Pisa. L’associazione ha l’obiettivo di favorire e promuovere il dialogo fra tutte le arti visive abbattendo le barriere che a volte frenano la contaminazione tra discipline.
Punto di arrivo di questo percorso è oggi "Tuscanyness" un film documentario in cui sono raccolte le voci dei principali architetti della Toscana e le opere più significative del territorio: dal romanico al contemporaneo passando per il rinascimento e il moderno. L'intento è quello di raccontare le difficoltà odierne dell'architettura italiana e provare a disegnare un futuro migliore per le nuove generazioni. Insomma dare “una visione di Paese” dal punto di vista architettonico. E mai come oggi ce n’è bisogno.
Giovedì 14 settembre il film documentario sarà presentato per la prima volta al Cinema Arsenale di Pisa alle ore 20.00. Abbiamo chiesto, quindi, a Fabio Santaniello Bruun, che nel film è tra coloro che si è occupato della fotografia, di raccontarci qualcosa di più di questo progetto...
Allora ci siamo “Tuscanyness” è pronto. Ci racconti da dove nasce questo progetto…
"Tuscanyness" nasce quasi 3 anni fa con un primo progetto “120 grammi per 120 secondi”, ovvero abbiamo pensato di fare dei brevi video, realizzati tra i principali studi di architettura della Toscana, su 5 argomenti: se esiste una certa “toscanità”, un sentimento comune, nel fare architettura, la bellezza, poi il paesaggio, se esiste un metodo comune tra gli architetti al giorno d’oggi e cosa vuol dire fare architettura in Italia. Sulle risposte date a questi 5 macroargomenti abbiamo fatto uno studio per capire “il sentimento comune” di tutti i progettisti toscani…
E cosa è uscito fuori?
E’ uscito fuori che in realtà non c’è un vero filo comune che seguono tutti gli architetti e progettisti. Noi abbiamo, quindi, provato a fare un’analisi del rapporto tra architettura e paesaggio e a elaborare una nostra visione “critica”. Ed è nato "Tuscanyness".
É un documentario che pone più domande o dà più risposte?
Sicuramente inizia con 5 domande che sono il principale punto di riferimento. Poi le risposte ci sono e sono molte e varie. E provengono in parte dagli architetti e in parte sono il frutto di un nostro personale punto di vista. Emergono in questo campo e in questa professione difficoltà però la speranza e una certa positività aleggia in tutto il documentario.
C’è un filo comune che lega i progettisti e gli architetti contemporanei ai grandi del passato come Brunelleschi e Michelangelo?
Questo è interessante. Attualmente non c’è una vera scuola scuola come poteva esserci un tempo, ad esempio la scuola fiorentina della metà del secolo scorso, o la grandissima “scuola” del Rinascimento (se vogliamo inquadrarla così) che è durata diverse decine di anni. Oggi c’è “un sentimento comune” - lo definirei così - dei progettisti che sono nati e che lavorano in Toscana. E’ la potenza e la forza del territorio che connota il loro modo di agire e genera una visione, un modo di progettare. Nel documentario Marco Casamonti cita Leon Battista Alberti che diceva della Cupola del Brunelleschi: «Structura si grande, erta sopra è cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti e popoli toscani» ecco noi tutti viviamo all’ombra della Cupola ovvero di un grande maestro ma questo non implica di essere legati al passato, è importante prendere le lezione ed interpretarle in modo personale.
In passato forse c’erano più committenti e questi erano persone consapevoli, alla ricerca di qualcosa e qualcuno che sapesse esaltare al meglio la belezza, il luogo, lo spazio. Oggi forse questo un pò manca?
Manca soprattutto perché i committenti odierni sono interessati all’impatto immediato delle azioni e non pensano a lungo termine. E’ quindi impensabile creare un’architettura che abbia dei riscontri positivi sull’immagine, sull’economia, sulla finanza di una società a distanza di 30 o 50 anni, l’importante è il risultato subito e nell'immediato, si pensa ad ottimizzare i costi e all’effetto “boom” piuttosto che fare un vero cambiamento nel paesaggio, nella città o nel singolo edificio.
Da "Tuscanyness" emerge il rapporto tra essere architetto e il paesaggio che lo circonda. Se alziamo lo sguardo a livello nazionale vediamo un paesaggio sempre più martoriato e sofferente, gli ultimi episodi come terremoti o frane ce lo ricordano. Non credi si debba cambiare paradigma e approccio?
Certo il ruolo dell’architetto e soprattutto del committente sono fondamentali. Da loro deve partire l’idea del rispetto del paesaggio. Questo però è un sentimento che si è perso, prima tra le persone e quindi verso il paesaggio che non ha un’anima e non ha modo di reagire nell’immediato. Lo sfruttamento indiscriminato del territorio e delle sue risorse è un problema e qui serve una maggiore sensibilità collettiva. Occorre inserirsi nel paesaggio, in modo coerente, cosciente ed intelligente solo così si ha la capacità di capire dove si può o non si può costruire o dove costruire secondo determinate regole. Costruendo con velocità e con materiali scadenti i risultati sono quelli che abbiamo visto.
Tornando al vostro film documentario, lo porterete in giro?
Innanzitutto il debutto giovedì 14 settembre al Cinema Arsenale di Pisa. Ci stiamo organizzando nelle principali città toscane da Firenze, Volterra, Pisa e Arezzo. E poi parteciperemo a due festival internazionali a Lund (Svezia) e a Lisbona (Portogallo) a metà ottobre.
"Tuscanyness" non è solo un film documentario ma il richiamo ad una presa di coscienza collettiva: l’ambiente, il paesaggio e il territorio devono essere rispettati. Solo partendo da qui l’uomo può con la sua professione e i suoi studi costruire ed esaltare le nostre bellezze. La scienza e la tecnologia ce lo permettono, dobbiamo solo volerlo. Questi ragazzi, dell’associazione “120g”, con grande umiltà e tanto, tanto studio vogliono dirci questo e magari consegnare alle generazioni future il vento della passione che aleggia ancora oggi all’ombra della cupola del Brunelleschi e quindi un mondo più bello, e perchè no, migliore.
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La scheda
“TUSCANYNESS”, il film documentario dell’associazione “120g”
SINOSSI
In questi tempi nebulosi e densi di incertezze, in Italia, seppur siano sempre stati un riferimento culturale, gli architetti faticano a trovare un proprio ruolo. Ma in Toscana, secoli fa, dopo un lungo periodo di buio, alcuni uomini hanno donato al mondo la formula di una rinascita culturale, proponendo una civiltà costruita attorno all’uomo. Tanti anni sono passati, ma è possibile che ci sia un filo diretto che colleghi lo spirito di Brunelleschi e di Michelangelo a quello dei contemporanei? Tuscanyness è un film che cerca di raccontare, attraverso le opere e le parole degli architetti cresciuti e formati nell’atmosfera culturale della Toscana, come, sospinto dalla ricerca di una bellezza concepita come valore civile, da una vocazione a stringere un’eterna alleanza con la natura e da una sensibilità unica di ascoltare gli insegnamenti della propria storia, questo spirito di rinascita sia ancora vivo.
CREDITI PRINCIPALI
diretto da: Andrea Crudeli
scritto da: Riccardo Bartali, Andrea Crudeli, Marta Gnesi, Filippo Lisini Baldi
fotografia: Riccardo Bartali, Giulio Fazio, Fabio Santaniello Bruun, Alessandro Terranova, Aurelio Zarbo
riprese aeree: Alte Vedute
voce narrante: Carlo Bernardini