Si aprono nuovi spiragli nella cura del cancro al polmone grazie agli studi incrociati di anatomia patologica e genetica molecolare, che utilizzano il sequenziamento del Dna cellulare per identificare le neoplasie sensibili a trattamenti farmacologici mirati. E’ abbastanza recente, ad esempio, la scoperta che determinati farmaci biologici sono in grado di arrestare la crescita di un adenocarcinoma polmonare in presenza di una determinata mutazione genetica, soprattutto se il soggetto portatore di mutazione è una donna.
Il risultato è che la malattia si blocca, il paziente può vivere diversi anni libero da malattia e la sua qualità della vita complessivamente migliora. Il gene in questione è l’EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor), che risulta frequentemente alterato nei tumori del polmone e i farmaci biologici che ne inibiscono l’attività (inibitori tirosino-chinasici) si stanno dimostrando in grado di bloccarne la crescita. Su questa acquisizione scientifica degli ultimi anni il gruppo di studio pisano, guidato dalla Prof.ssa Gabriella Fontanini (Anatomia patologica III del Dipartimento ad Attività Integrata di Medicina di Laboratorio e Diagnostica Molecolare), in collaborazione con pneumologi, oncologi e chirurghi toracici dell’Aoup, sta facendo da apripista a livello nazionale nell’analisi delle mutazioni di EGFR così importanti nel determinare la sensibilità ai farmaci inibitori di EGFR. A differenza degli altri centri italiani che analizzano tali mutazioni lavorando solo su frammenti di tessuto, il gruppo della Prof.ssa Fontanini è in grado di evidenziare le mutazioni anche su materiale citologico, vale a dire sulla strisciata di cellule tumorali presenti sul vetrino utilizzato per la diagnosi del tumore. Questo è molto importante perché il prelievo citologico (ottenuto in seguito a broncoscopia o ago biopsia Tac guidata) rappresenta, nella grande maggioranza dei casi, l’unico materiale biologico a disposizione dell’anatomopatologo, trattandosi di pazienti con carcinoma polmonare avanzato, spesso non operabili. Con macchinari ad altissima tecnologia queste cellule neoplastiche vengono sottoposte a microdissezione, viene estratto il Dna, vengono amplificate le sequenze delle basi e con sequenziatori di ultima generazione si individua la presenza di eventuali mutazioni. Questa peculiarità nel metodo di lavoro ha fatto sì che l’Istituto Toscano Tumori abbia affidato al Centro pisano, già nel 2006, un programma specifico di screening sulla popolazione affetta da adenocarcinoma polmonare, per valutare la presenza di mutazioni del gene EGFR e quindi eventuali soluzioni terapeutiche con il ricorso agli inibitori sopra menzionati. Oggi sono numerose le richieste di analisi e l’attività di refertazione è diventata di riferimento, riguardo a questo tipo di indagine molecolare, per tutto il territorio dell’Area Vasta Nord Ovest.