In duecento tra amministratori locali e regionali, prefetti, rappresentanti delle forze dell'ordine ma anche cittadini e associazioni di cittadini, categorie economiche e ordini professionali, esperti dell'Irpet, del Sant'Anna, del Cnr e dell'Università di Firenze hanno partecipato sabato 14 aprile al convegno ideato dalla Regione Toscana per una Toscana più sicura. A Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, sede della presidenza della Regione, si sono tenuti otto tavoli ciascuno guidato da un facilitatore e che hanno invaso più sale del palazzo che si affaccia sulla centralissima piazza del Duomo, pronti a confrontarsi su come rendere città e paesi più sicuri o semplicemente farli percepire a chi li abita e frequenta tali.
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Il primo obiettivo è dunque quello di capire e analizzare, quindi scambiarsi buone pratiche ma anche superare luoghi comuni e costruire insieme linee guida condivise, da raccogliere in un documento da presentare prima delle vacanze estive o subito dopo, a settembre. Partecipazione democratica e metodo di lavoro. Il percorso è iniziato appunto stamani, il primo report sarà on line tra una settimana nelle stanza ‘virtuale' dedicata alla sicurezza su Open Toscana.
"La sicurezza – ha spiegato l'assessore Vittorio Bugli – è un tema ad ampio spettro, fatto di temi diversi e che si costruisce con politiche trasversali ma anche innovative. E l'innovazione nasce e si fa con il confronto e il coinvolgimento delle persone. Ce lo insegnano le grandi imprese ed è una prassi non nuova per questo assessorato. Gli ultimi dati del Viminale ci parlano di un paese non solo sostanzialmente sicuro, ma addirittura più sicuro che in passato". Nell'ultimo anno gli omicidi denunciati si sono ridotti dell'11,8 per cento, le rapine dell'11 e i furti del 9 per cento.
"Nella percezione comune sembra che ci sia un allarme sicurezza. Non dobbiamo – ha detto - calvalcare le paure strumentalmente ma non possiamo neppure ridicolizzarle o sottovalutare i segnali di fragilità percepita. Non dobbiamo neppure fermarci alla risposta facile, di qualcuno che i reati sono in calo perché la gente ha smesso di denunciarli. Dobbiamo invece anzitutto capire. Servono analisi che vadano oltre i dati del Viminale. E poi dobbiamo trovare le soluzioni, senza dimenticare le cause sociale, partendo da quella disgregazione delle comunità che spesso è alla radici di molti mali, provando a ricostituire quel senso di ‘comunità' che oggi non è più quello di un tempo perché lavoriamo in luoghi lontani, i bambini non vanno nelle stesse scuole e spesso non conosciamo neppure i vicini.
"Dobbiamo distinguere - ha concluso - tra disagio sociale, che spesso è associato al degrado, e comportamenti criminali. Servono interventi puntuali e politiche integrate. Ci dobbiamo interrogare sulla sicurezza, ma senza correre il rischio di sostituire il welfare con il controllo e la repressione. E se il problema è la disgregazione delle comunità, occorre stare attenti a non produrre ulteriore marginalizzazione. La Toscana va meglio di altre regioni ma anche se i nostri dati sono migliori non possiamo accontentarci".