I ricercatori dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer e dell’Università di Firenze svelano le cause genetiche di una forma di epilessia infantile su cui i neurologi di tutto il mondo indagavano da 15 anni. Il team diretto dal professor Renzo Guerrini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’AOU Meyer, ha scoperto che la malattia è causata dalla mutazione di un gene il cui nome molto complesso è sintetizzato dalla sigla PRRT2. Si tratta di un tipo di epilessia ‘a tempo’ che inizia nei primi mesi di vita con manifestazioni convulsive ripetute e che cessa entro l’età scolare ma che non è inizialmente distinguibile da altri tipi di epilessia, che tendono invece a persistere per molti anni. La scoperta, che ha ricadute scientifiche e pratiche sensazionali, faciliterà la diagnosi precoce, la scelta del tipo e della durata terapia. In particolare, come spiega il professor Guerrini, diviene molto più facile, ora che la diagnosi può essere confermata con un test genetico, pianificare un trattamento farmacologico di breve durata e formulare una prognosi benigna. Una scoperta così importante da meritare l’eccezionale pubblicazione di ben due articoli del gruppo del Prof. Guerrini e di un suo editoriale sul prossimo numero di “Neurology”, autorevole rivista internazionale dell’American Academy of Neurology, la più prestigiosa società scientifica neurologica a livello internazionale. Non è tutto. Il prof. Renzo Guerrini è il secondo italiano che nella storia dell’American Epilepsy Society riceve il Premio Epilepsy Research Award for Clinical Science Research, che il 1 dicembre gli verrà consegnato nella cerimonia a San Diego in California.
Le implicazioni di questa scoperta sono ancora più ampie, in quanto lo studio ha inoltre dimostrato che questo stesso gene, se mutato, può causare anche altri disturbi neurologici come l’emicrania, l’emicrania emiplegica, e la distonia parossistica. Si tratta di disturbi che causano sintomi sempre reversibili, che compaiono in attacchi improvvisi con la tendenza a ripetersi, della durata variabile da qualche minuto a poche ore. Disturbi talvolta drammatici nel momento in cui si presentano, con cefalea intensa o, a volte, con contrazioni involontarie degli arti o con paresi di un lato del corpo; altre volte con disturbi dell’equilibrio. Possono comparire in uno stesso individuo in momenti diversi dell’infanzia e in modo variabile in soggetti della stessa famiglia. Lo studio ha evidenziato come l’eredità sia dominante con un rischio di ricorrenza nel 50% dei figli di una persona che ha presentato manifestazioni simili ed è portatrice del gene mutato, ma possono comparire anche in un individuo in cui nessun genitore ha mai manifestato disturbi simili e in cui la mutazione si è generata ‘de novo’, per la prima volta nella famiglia.
Lo studio è frutto dell’integrazione tra attività clinica, ricerca scientifica e l‘applicazione di tecnologie genetiche di nuova generazione. La scoperta è partita da uno studio di ‘linkage’ eseguito nel laboratorio di Neurogenetica del Meyer, su una famiglia con molti membri affetti da questa forma di epilessia. “Con una identificazione dei tratti di DNA che tutti i membri della famiglia con la malattia avevano in comune e che i soggetti sani della stessa famiglia non avevano – spiega il prof. Renzo Guerrini -, si è ottenuta una indicazione finale del segmento in cui il gene aveva le maggiori probabilità di trovarsi”. Il successivo studio dei geni compresi in quel segmento del DNA, avvenuto sempre nello stesso laboratorio, ha poi reso possibile identificare quello responsabile di questa forma epilettica e quindi validare la scoperta, testando lo stesso gene in altri individui con le stesse manifestazioni cliniche, ma non appartenenti alla famiglia studiata originariamente. Cosa cambia per i pazienti? “Lo studio - commenta il prof. Guerrini - ha un’immediata e rilevante ricaduta positiva sui pazienti e le loro famiglie. Ora abbiamo la garanzia che in presenza di mutazioni di questo gene gli attacchi convulsivi che insorgono si auto-limitano nel tempo e possono essere prevenuti con efficaci terapie. Possiamo anche avvertire in anticipo le famiglie sul rischio che altri disturbi neurologici, anche apparentemente gravi ma transitori e reversibili, potrebbero svilupparsi durante l’infanzia.”