Innovazione/ARTICOLO

Profumi, alimenti e cosmetica, ecco come rinascono le bucce d'arancia

Niente si butta, tutto si trasforma: una ricerca congiunta tra Università di Pisa e l’Istituto INO CNR di Pisa spiega come utilizzare le bucce d'arancia, reimpiegandole nell'industria alimentare o cosmetica. La ricerca è stata selezionata come cover article dalla rivista Green Chemistry  

/ Redazione
Lun 16 Gennaio, 2017
arancia_photo di stevepb by pixabay

Sul riutilizzo degli scarti della frutta arrivano novità da uno studio dei ricercatori del Thermolab dell'Università di Pisa che - insieme all'istituto INO CNR - hanno messo a punto un innovativo processo estrattivo che permette di ottenere dalle biomasse di scarto prodotti di elevato interesse commerciale. E' il caso della buccia d'arancia che potrebbe essere utilizzata - ad esempio - nell'industria cosmetica, profumiera e alimentare.

La ricerca, selezionata come cover article dell’ultimo numero del 2016 della rivista “Green Chemistry”, riguarda in particolare la valorizzazione di biomasse mediante l’azione congiunta di microonde e ultrasuoni: i processi estrattivi dalle bucce di arancia sono stati infatti attivati con microonde emesse da un’antenna a dipolo coassiale posta all’interno della stessa biomassa. Sono state provate diverse configurazioni, tra cui un’estrazione a microonde senza solvente e una idrodistillazione che prevedeva l’applicazione simultanea di microonde e ultrasuoni. "Entrambi i metodi - spiegano dall'Università di Pisa -  danno buoni risultati in termini di rese e permettono un elevato risparmio energetico rispetto ai metodi di idrodistillazione convenzionali. L’approccio più promettente è sicuramente quello senza solvente che, sfruttando l’acqua naturalmente presente nella buccia di arancia, permette anche un risparmio idrico rispetto ai metodi convenzionali".

Gli autori dello studio sono Celia Duce, Josè González-Rivera, Alessio Spepi e Maria Rosaria Tinè, del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa; Iginio Longo dell’Istituto Nazionale di Ottica (INO), CNR di Pisa; Carlo Ferrari e Alessandra Piras del dipartimento di Chimica e Geologia dell’Università di Cagliari; Danilo Falconieri dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Michele Giua” di Cagliari.