È la storia di un giovanissimo soldato italiano arruolato nella legione straniera francese e mandato a combattere e morire in Vietnam a vincere la 33° edizione del Premio Pieve. La testimonianza di Antonio Cocco, morto nel 1954 a Dien Bien Puh nel corso della guerra d’Indocina, vince così il concorso per scritture autobiografiche organizzato dall’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano. La decisione della giuria, annunciata nel corso della manifestazione “Memorie in piazza” di domenica 17 settembre, è stata dettata dalla singolarità di una traiettoria di vita narrata attraverso le lettere scambiate tra Cocco e i familiari.
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L’innesco della storia dell’epistolario di Antonio Cocco è degna di un grandioso romanzo d’avventura. A 18 anni, dopo un litigio con un professore, Antonio scappa di casa ed espatria illegalmente in Francia e si arruola nella Legione Straniera. Non immagina che la sua scelta sarà irreversibile. Gli restano poco più di due anni di vita. Le lettere che invia al padre, alla madre, ai suoi numerosi fratelli, prima dal deserto dell’Algeria poi dagli avamposti del Vietnam, raccontano con freschezza, innocenza e ferocia il durissimo addestramento e la realtà della guerra sulle montagne e nella foresta tropicale. Disegnano così la storia di una imprevedibile maturazione che fa del giamburrasca ragazzino un uomo e un soldato.
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Scritte tra una marcia e un massacro, in un italiano ribelle sempre più contaminato dalle lingue parlate nel plotone, le lettere colpiscono per la novità dell’ambientazione, per l’ambiguità del narratore, che per lo stupore delle descrizioni della natura che lo circonda, ma soprattutto per le verità disadorne del suo racconto dall’interno di una guerra molto seguita dalla stampa e dalla cinematografia, ma pressoché inedita nella scrittura italiana.
Vista la qualità dei diari in concorso quest’anno la giuria nazionale ha scelto di segnalare all’attenzione del pubblico altri tre testi, due dei quali in cui la memoria compie un viaggio di ritorno all'infanzia e restituisce due immagini di padri coraggiosi, due uomini liberi: 9 Luglio 1944 di Pietro Poponcini – apprezzato dalla giuria per la volontà di ricordare, dopo aver voluto, per tanti anni, rimuovere, nascondere, cancellare (sono le parole del testo, Ndr) ogni traccia del momento che aveva sconvolto la vita dell’Autore, quando, all'età di 9 anni, aveva assistito impotente all'arresto del padre Aldo da parte dei tedeschi. La memoria ritrova, in una successione inarrestabile, altre immagini di straordinaria intensità. La scrittura, come una coscienza, interviene a esaminare il passato e ferma sul foglio le sue tracce. Il secondo testo è Via Bicchieraia di Giuseppina Porri, per aver restituito vividamente con la scrittura la figura di un uomo semplice e coraggioso, il fornaio Angiolo - suo padre - perseguitato dai fascisti solo per aver chiesto quello che gli spettava. La Giuria segnala infine un terzo testo, che restituisce la forza d'animo d'una donna piegata e mai vinta dalla malattia: Lo strappo di Paola Nepi, per la resilienza, la capacità di non arrestarsi dinanzi a una condizione che la vorrebbe abbattuta e vinta. La forza di una donna che non si fa invadere dal buio del male, e trova per tutta la vita una ragione per cui battersi, fino alla battaglia per il diritto di scegliere la propria fine.