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Pisa: studio sull’Insonnia Fatale svela i meccanismi del sonno

La ricerca coordinata dall’Ateneo cittadino ha rivelato per la prima volta il ruolo chiave del talamo, grazie ai risultati conseguiti sarà possibile creare nuove strategie per la cura delle malattie neurodegenerative

/ Redazione
Gio 18 Febbraio, 2016
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Uno studio dell’Università di Pisa mette per la prima volta in luce il ruolo del talamo nell’attivazione dell’indispensabile fase del ‘sonno profondo’. La ricerca, effettuata su un paziente affetto da Insonnia Fatale Familiare (FFI), e coordinata dal professore Angelo Gemignani, è stata condotta in collaborazione con l’Università di Bologna e con i ricercatori dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna.

L’Insonnia Fatale Familiare è una rara patologia ereditaria legata a un eccessivo accumulo di proteina prionica nei nuclei anteriore e medio-dorsale del talamo che conduce a una lesione talamica selettiva. La malattia si manifesta con un’insonnia gravissima e conduce normalmente alla morte entro un paio d’anni. Nel caso di un paziente affetto da FFI – un italiano la cui storia è stata recentemente raccontata in un lungo reportage della BBC – si presentava una drammatica riduzione delle oscillazioni lente del sonno e dei 'fusi' del sonno (vale a dire quelle onde elettromagnetiche che inibiscono l'elaborazione di informazioni non necessarie durante il riposo). L’assenza di fusi nella fase di attività neuronale dell’oscillazione lenta, esprime un’alterazione delle funzioni mnesiche del sonno, mentre alterazioni della fase di silenzio elettrico e sinaptico compromettono sia il mantenimento del sonno che l’assenza di coscienza.

Sono anni che ci occupiamo di psicofisiologia del sonno – ha spiegato Angelo Gemignani – e il caso di questo paziente ha consentito di verificare un’ipotesi formulata nel modello animale e di capire meccanismi generali relativi al sonno che potranno permettere di creare nuove strategie terapeutiche sia nell’ambito della sofferenza psicologica che nel campo delle patologie neurodegenerative”.