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Mario Cini: 20 anni con i ragazzi del carcere di Sollicciano

Il pittore fiorentino racconta in una mostra il laboratorio che ha organizzato nell’ultima parte della sua attività artistica

/ Costanza Baldini
Mar 10 Dicembre, 2013
cini mario
Nel 1990 un po’ in sordina e senza che si potesse prevedere quale sviluppo e successo avrebbe poi avuto iniziò nel carcere di Sollicciano l’esperimento di un corso di pittura e murales tenuto dal maestro Mario Cini con l’idea di coinvolgere i detenuti.

Il laboratorio attraverso il lavoro dei detenuti che si sono succeduti nel tempo ha trasformato i muri del penitenziario che hanno cominciato come per magia a colorarsi e ad essere caratterizzati da disegni e pitture che hanno ,nella labirintica tortuosità dei percorsi di attraversamento dell’Istituto, anche una funzione di orientamento.

Nel corso degli anni dipingere e imparare le diverse tecniche di pittura è diventato per i detenuti uno straordinario strumento per esprimere e comunicare i propri sentimenti più profondi portando in superficie istanze e bisogni, rappresentando un vero e proprio percorso di crescita individuale.

Dal 2007 con lo spettacolo “Don Chisciotte Se diventar potessi” in collaborazione con la regista Elisa Taddei Mario Cini ha anche iniziato un laboratorio di scenografia che ha supportato con i propri lavori l’attività del teatro in carcere. Una collaborazione felice che ha visto la regista e il maestro lavorare fianco a fianco con i detenuti prima nella scelta dell’immagine dello sfondo, solitamente derivata da una grande opera d’arte (Luzzati, Bad Trip, Mattotti) e poi nella sua realizzazione.

Adesso una mostra nel Giardino degli incontri di Sollicciano vuole offrire ai detenuti e ai visitatori un punto di vista sul grande lavoro del maestro e anche sulla sua personalissima visione dell’arte. Mario Cini alla presentazione ha anche espresso la volontà di mettere all’asta le opere “carcerate” e di devolvere il ricavato per le attività dei detenuti.


Biografia
Mario Cini è nato nel 1924 a Firenze, dove vive e lavora. Esordisce sulla scena artistica fiorentina con due mostre personali al circolo degli artisti “Casa di Dante” nella seconda metà degli anni ’50. Da qui prenderà avvio tutta una serie di esposizioni nonché di importanti rassegne d’arte, che lo attestano come artista particolarmente attivo sul territorio fiorentino e toscano – sebbene non siano mancati i riconoscimenti in ambito internazionale, come il Michelangelo d’Oro nel 1971 e le personali organizzate a Copenaghen e Nyborg (Danimarca) nel 1976.
La sua ricerca è incentrata su sovrapposizioni di segni, materia, colori intesi come corpi luminosi, dando «rilievo e consistenza a un proprio linguaggio che accoglie istanze non figurative senza rifiutare i connotati interiori dell’immagine», come sottolinea il critico Nicola Nuti. Per questo motivo la pittura di Cini è stata spesso accostata alla poetica informale, sebbene si scorga nella sua arte una lettura squisitamente personale della materia vibrante, del moto impetuoso, la cui resa è affidata quasi esclusivamente a segni luminosi che squarciano la superficie dei quadri suggerendone un’ulteriore dimensione, più remota, più pindarica, più trasognata.

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