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Mangiare e bere in autonomia è possibile con il robot esoscheletrico

Ricerca e tecnologia insieme per aiutare le persone quadriplegiche: dal Sant'Anna arriva il robot indossabile con un'interfaccia con il sistema nervoso. E l'impossibile diventa possibile

/ Redazione
Mer 7 Dicembre, 2016
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La ricerca toscana regala ancora una volta capacità di autonomia e migliori speranze di "vita" a persone con gravi disabilità. E' il caso del robot indossabile esoscheletrico progettato dall'Istituto di Biorobotica della Sant'Anna di Pisa e le cui funzionalità sono state dimostrate in uno studio pubblicato dalla rivista "Science Robotics" da un gruppo di scienziati europei, coordinati in Italia bioingegneri Nicola Vitiello e Maria Chiara Carrozza.

Per la prima volta - spiegano dalla Scuola Sant'Anna - sono state restituite capacità di presa della mano, sufficienti a compiere azioni come mangiare e bere in maniera autonoma, a persone quadriplegiche, ovvero immobilizzate nel tronco e negli arti inferiori e superiori.

 

I pazienti potrebbero quindi utilizzare il robot per svolgere semplici ma importanti azioni come mangiare e bere in modo indipendente al ristorante, ma anche scrivere o afferrare una carta di credito, azioni che potrebbero consentire - potenzialmente - di aumentare la qualità di vita delle persone affette da quadriplegia. La vera novità sul rapporto tra uomo e macchina, è quella di ottenere risultati con interfacce non invasive, basate sull’elaborazione di “bio-segnali” registrati con elettrodi posizionati sulla testa e ai lati degli occhi. Posizionare queste interfacce non richiede dunque elaborate procedure chirurgiche, come invece accadeva per i precedenti studi.

I ricercatori che hanno condotto lo studio sostengono che il loro approccio, in futuro, potrà migliorare la qualità della vita in pazienti che hanno subìto traumi spinali o ictus. Il sistema che hanno messo a punto traduce, infatti, l’attività del cervello e  il movimento degli occhi in semplici comandi di apertura di e di chiusura della mano, ripristinando un’adeguata ed intuitiva capacità di prensione. La facilità di utilizzo del dispositivo è stata potenziata dal fatto che l’intero sistema di registrazione dei “bio-segnali” è del tutto wireless e il sistema esoscheletrico è incorporato all’interno della carrozzina.

Adesso l'obiettivo è quello di coinvolgere una popolazione più ampia e con tempi di sperimentazione più lunghi. “Soltanto grazie a una sperimentazione più estensiva - ha spiegato infatti Nicola Vitiello dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna - sarà infatti possibile capire come migliorare ancora le prestazioni dei vari moduli che compongono il sistema, ovvero il sistema robotico e la sua interfaccia con l’utente, e come pianificare una strategia di lungo periodo per portare questo tipo di tecnologie sul mercato”. 

Lo studio ha evidenziato anche un altro interessante aspetto, come spiega la prof.ssa Maria Chiara Carrozza. “Nonostante i numerosi sforzi compiuti dalla bioingegneria, i sistemi robotici per la riabilitazione non hanno un livello di maturità tale da essere ‘portabili’, ovvero trasportabili con facilità. In questo studio, abbiamo voluto compensare questi limiti ‘utilizzando’ la carrozzina come una sorta di ‘docking station’, stazione dove alloggiare i pesanti moduli di attuazione (movimento), alimentazione e calcolo necessari al funzionamento dell’intero apparato".