Frittelle nere o piccole crêpes dalla superficie porosa e dalle screziature bordeaux, fatte di sangue di maiale, farina, spezie (si nascondo tra queste i piccoli segreti, magari una spruzzata di cannella?), aglio, rosmarino, pepe, mollica di pane – cotti (o meno) nel brodo e fritti nell’olio o nello strutto. Deliziosi ma culinariamente impegnativi (col sangue c’è chi si impressiona), calorici, forti ma delicati (l’impasto si sostiene su fragili equilibri) e controversi (un tempo le norme per la somministrazione dei cibi erano altre…), i roventini (o migliacci, per i campigiani) si trovano sempre meno e anche se certamente non manca chi ne prepara sottobanco, scovarne di regolarmente in vendita è ormai una rarità. Un mangiare d’altri tempi, classico “quinto quarto” della cucina toscana che – dati alla mano – rischia ormai l’estinzione (almeno a livello commerciale). A prepararli quotidianamente resta ormai solo “il Bersagliere” Sergio Ballerini, che armato del suo furgone ambulante e di attrezzi ereditati dal padre (il pentolone in rame, la forchetta di ottone con i rebbi distanziati a mo’ di spatola) è l’unico ad avere l’autorizzazione della Asl per preparare e somministrare ogni giorno – nella zona di Campi Bisenzio – le ormai mitiche frittelle di sangue della tradizione fiorentina. Lo abbiamo raggiunto per scoprire alcuni dei segreti di un piatto forse unico in tutta la cucina nazionale.
“I roventini erano nati nei primi del ‘900 per far mangiare i poveri. A casa ho un libro degli Alinari in cui si vede la vecchia Firenze, dove c’è ora Piazza della Repubblica c’era ancora il ghetto, e non non ti dico in ogni casa ma quasi c’era una porticina dove i signorotti tenevano i maiali. Il roventino è nato perché la gente non aveva soldi per comprare la carne e quando chi ce li aveva ammazzava i maiali, chi invece non ne possedeva ne prendeva il sangue, e mischiandolo con del pane duro e un po’ di farina si impastava i roventini, che nacquero in questa maniera.”
[it_video]
Sangue e farina, ma i tuoi profumano. Sicuro che non ci sia anche altro?
“Noi a Campi facciamo una variante un po’ più elaborata, a Firenze oltre al sangue e alla farina qualcuno mette appena un po’ di spezie – infatti se a Firenze non li condisci con parmigiano e pepe nero non è che sappiano di tanto, ma ognuno ha i suoi gusti… Invece a Campi la variante è quella dell’Artusi, di sangue ce n’è poco nei migliacci che faccio io, alla base di tutto c’è una pappa fatta di pane, con un soffritto, dell’aglio, sale, pepe, un po’ di ramerino, una spezia particolare – non in commercio – il tutto cotto nel brodo… Ogni cosa va dosata al grammo, perché se uno mette un po’ più di aglio l’impasto prende d’acuto, se si mettono più spezie al contrario le frittelle vengono troppo saporite. Questa pappa alla fine viene allungata con pochissimo sangue e con della farina, e infine viene fritta nel grasso di maiale… A Firenze i roventini venivano cotti in delle padelline con dell’olio, mentre a Campi le facciamo in una grande teglia di rame con lo strutto, e si fanno espressi”.
Come mai questa pietanza, che sembra ancora molto apprezzata, sta cadendo in disuso?
“Erano un po’ caduti in disuso, mio padre negli anni ’60 aveva un negozio a Campi e li ha fatti per vent’anni, ma quando decisi di riaprire il negozio che fu suo mi ostacolarono un pochino. Feci un percorso con la Asl di Firenze che però mi venne incontro, permettendomi di aprire rispettando certi parametri. Il sangue è preso in macelli a norme Cee, è conservato sempre a un grado – sia d’estate che d’inverno - e via dicendo. Il roventino è un mangiare semplice ma sostanzioso per gente che un tempo doveva lavorare, un panino col roventino è abbastanza calorico. Ma anche i ragazzi che li assaggiano oggi li apprezzano, perché è un gusto non più riscontrabile ai giorni nostri, chi li prova li mangia volentieri”.
Ormai in giro però di roventini se ne trovano pochi…
“Che io sappia in Toscana di regolare sono rimasto solo io. So che li fanno a volte in altri posti ma in alcune occasioni particolari, come le festa di paese… Per farli ci vuole impegno, non sono come le patatine fritte, che uno va a comprarle alla Metro… È roba che va fatta fresca anche due volte al giorno, in continuazione, perché il sangue rischia sempre di deperire… Anche andare ai macelli la mattina presto non è una cosa semplice, non va mica a tutti. Sono quelle cose che sicuramente nel tempo sono destinate ad andare in disuso. Molto probabilmente quando smetterò io – e se non è quest’anno sarà il prossimo – non ci sarà più chi farà i roventini. Mi dispiacerà tanto, ma se non trovo un degno sostituto la cosa andrà a finire e si perderà un’altra parte di quella quotidianità fiorentina e campigiana, sarà un vero peccato.