Il professor Luca Bindi dell’Università di Firenze ha contribuito alla scoperta di circa 62 nuove specie mineralogiche, tra queste spicca, per essere stata citata conferimento del premio Nobel per la Chimica 2011 all’israeliano Dan Schechtman, quella della ‘Icosaedrite’, il primo ‘quasicristallo’ naturale, rinvenuta in grani micrometrici nella meteorite di Khatyrka, nelle montagne Koryak, penisola di Kamchatka, Russia. La scoperta del professor Bindi ha posto fine a trent’anni di discussioni sulla stabilità o instabilità dei quasicristalli, che il Premio Nobel Schechtman aveva sintetizzato in laboratorio nel 1984 e ha ispirato la ricerca di nuove conformazioni simmetriche della materia solida con caratteristiche fisiche e chimiche che potrebbero tradursi in uno scatto in avanti dell’ingegneria, garantendo nuove utilizzazioni e applicazioni.
“Non sono uno di quelli che si è iscritto a Scienze Geologiche perché avevo la passione per i minerali, è una passione che ho scoperto via via frequentando i corsi e innamorandomene grazie anche ai docenti che mi hanno trasmesso l’amore per i minerali. –ci ha raccontato il professor Bindi - Mi occupo generalmente di descrizione di nuove specie mineralogiche, per esempio quando qualcuno trova un nuovo minerale con una composizione chimica mai descritta o con una struttura fino ad ora incognita io caratterizzo tutte le proprietà che servono per avere il minerale approvato dall’organismo internazionale che si occupa di questo. Mi occupo anche di minerali nelle grandi profondità della terra utili per capire cosa succede nelle zone di contatto tra crosta e mantello. Recentemente mi sono occupato di un gruppo di minerali chiamati ‘quasicristalli’ che mi ha reso noto nella comunità internazionale perché abbiamo trovato per la prima volta in natura dei materiali che dovevano essere impossibili".
Com’è avvenuta la scoperta del primo ‘quasicristallo’?
“I ‘quasicristalli’ rappresentano l’apice estremo della complessità strutturale. Erano noti in laboratorio come composti artificiali soltanto dal 1984, quindi un materiale abbastanza ‘giovane’. Ebbi l’idea che forse potevo sperare di trovarli studiando certe composizioni chimiche naturali, un’intuizione fortuita ma giusta. Mi sono sempre chiesto com’era possibile che si formassero dei minerali così strani e nel cercare di capire l’origine di questo materiale dopo varie indagini e analisi fatte in tutto il mondo l’ho trovato in un pezzo di meteorite. Questo quasi cristallo non era terrestre ma si era formato nello spazio agli albori del sistema solare. Nel 2009 ho descritto questo minerale caratterizzandolo con 12 mila sfaccettature, era il primo quasi cristallo naturale. La pubblicazione è avvenuta su ‘Science’ quindi con una copertura mediatica importante anche perché era una scoperta traversale che interessava la chimica, la fisica, la matematica, la scienza dei materiali e chi più ne ha più ne metta. Io ho scoperto in tutto 62 specie mineralogiche di cui solo 7 o 8 sono extraterrestri, la meteorite che portava con se il quasi cristallo naturale in realtà oltre a lui portava altri due ‘quasicristalli’ e sei o sette materiali ordinari ma del tutto nuovi. Quindi quella meteorite è stata una fucina di almeno 8 nuove specie mineralogiche”.
La scoperta di questo primo quasicristallo naturale ha aperto una nuova frontiera alla ricerca sullo stato solido, non solo fornendo all’Ingegneria dei materiali un’intera nuova categoria di composti da sintetizzare con un amplissimo potenziale d’uso, ma anche apportando concezioni innovative alle Geoscienze, all’Astrofisica e alla Cosmochimica.
Quali saranno le possibili ricadute?
“Si sa ancora pochissimo di questi nuovi materiali per quanto riguarda le loro applicazioni tecnologiche. Sono sicuramente dei materiali importanti, stiamo per attivare nuove ricerche con l’industria per mescolare insieme questi composti con vernici composite, perché potrebbero avere delle applicazioni molto interessanti dal punto di vista militare”.