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Liberfest: 11 giocatori in campo Una scrittrice incontra gli studenti

Il festival del lettore da giovane ha schierato i suoi autori nelle scuole dell'area fiorentina: ecco il reportage dal Calamandrei di Sesto

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
Liberfest nelle scuole
Una volta la tradizione voleva lo scrittore schivo, ripiegato su se stesso, quasi incapace di maneggiare le comuni dinamiche sociali. Il mondo di oggi invece disegna un letterato sempre più imprenditore di se stesso, un pubblicitario che deve vendersi bene, altrimenti è perduto e come insegna Antonio Moresco finirà a scrivere “Lettere a nessuno”. Io sono nata introversa ma ho iniziato a scrivere per comunicare, per gettare un ponte tra me e il mondo, perché voglio dire qualcosa e ho bisogno che qualcuno ascolti.
Per questo ho accettato con gioia la sfida del Liberfest e sono andata a incontrare gli studenti dell’istituto professionale Calamandrei di Sesto Fiorentino, come hanno fatto altri miei dieci colleghi in altrettante scuole dell'area metropolitana.

La mia emozione di fronte a cinque classi di adolescenti era prevedibile: a stupirmi è stato il loro entusiasmo e la loro curiosità.
Confrontarsi con i lettori è sempre un’esperienza spiazzante, non sai mai cosa aspettarti: quello che un autore getta nel mondo cessa di essere suo e diventa degli altri. Ognuno può appropriarsene, farlo suo, trovarci dentro un universo che chi ha scritto neanche immaginava.
E di sicuro l’immaginazione non manca a questi ragazzi, che non si sono accontentati di sapere cosa e come avevo iniziato a scrivere, ma mi hanno domandato il perché. Mi sono ritrovata a dare la risposta più sincera sull’argomento che mi avessero mai cavato fuori: avevo vent’anni, ero molto infelice e avevo bisogno di qualcosa a cui aggrapparmi per dare un senso al mio stare al mondo, così ho iniziato un romanzo.

La risposta sembra averli soddisfatti e mi sono fatta perdonare la malinconia più avanti, quando ho letto loro un brano del mio ultimo lavoro, dove la protagonista litiga con una professoressa e poi fa a pugni con una compagna di classe. Forse non era proprio il tema migliore da trattare in una scuola, ma la descrizione della “cicciona di tecnica” ha riscosso un grande successo nel pubblico.

Incalzati, io e i ragazzi, da Alessio – ottimo bibliotecario di Sesto – abbiamo parlato della mia Versilia, di letteratura, di autori americani come Yates e Fante e anche di Raymond Carver: ho letto loro un intero racconto dalla raccolta “Da dove sto chiamando” e sono sicura che qualcuno di loro andrà a ricercarla, visto il silenzio irreale che regnava nell’aula magna durante il reading.
Li ho lasciati a scervellarsi sul finale del racconto – cosa buona e giusta, trattandosi di Carver – e ho risposto alle domande di quelli che per timidezza non avevano alzato la mano insieme agli altri.

Ero partita con il sacro terrore di affrontare un centinaio di quindicenni e me ne sono andata con una piccola speranza in più: se questi sono i lettori di domani, noi scrittori siamo in buone mani.

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