La Parigi in bianco e nero di Henri Cartier Bresson ha contribuito negli anni a creare il mito di una città fatta per i romantici, ma le sue fotografie sono state anche molto altro, la cronaca della povertà, della miseria, delle bassezze dell'essere umano pur sempre viste attraverso il diaframma dell'occhio di un fotografo che amava l'arte e riusciva a trovare poesia in ogni angolo della città.
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La mostra "Henri Cartier Bresson Fotografo" dal 16 giugno al 15 ottobre alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Raffaele De Grada di San Gimignano è una selezione di 140 scatti curata in origine dall’amico ed editore Robert Delpire e realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson e l'agenzia Magnum Photos Parigi.
Henri Cartier-Bresson compra la sua prima macchina fotografica Leica appena ventenne. ”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava. Non capire nulla di fotografia significa per lui non sviluppare personalmente i propri scatti: è un lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole apportare alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nel qui e ora. Per Cartier-Bresson la tecnica rappresenta solo un mezzo che non deve prevaricare e sconvolgere l’esperienza iniziale, reale momento in cui si decide il significato e la qualità di un’opera.
“Per me, la macchina fotografica è come un block notes, uno strumento a supporto dell'intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per dare un senso al mondo bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.
"Per parlare di Henri Cartier-Bresson – afferma Denis Curti, curator per San Gimignano - è bene considerare la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la sua vita privata. Due episodi la dicono lunga sul personaggio: nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra "postuma", credendolo morto in guerra e quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la situazione, con immensa ironia dedica oltre un anno alla preparazione dell'esposizione, inaugurata nel 1947. Sempre nello stesso anno fonda,insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa agenzia Magnum Photos. Insomma, Cartier – Bresson è un fotografo destinato a restare immortale, capace di riscrivere il vocabolario della fotografia moderna e di influenzare intere generazioni di fotografi a venire."
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