Dopo Sei personaggi in cerca d’autore, passando per Vita di Galileo di Brecht, Lavia torna al drammaturgo agrigentino che più di ogni altro ha segnato la cultura, e di conseguenza il teatro, del nostro tempo.
“Essendo di origine siciliana sono molto legato a questo autore. - ha dichiarato l'attore - Ho sempre avuto un amore viscerale per lui. Mia nonna da piccolo mi leggeva le sue novelle con un accento che purtroppo non riesco a fare. E quei suoi personaggi sghembi, storti, me li ricordo: erano gli stessi che venivano a trovarci in casa. Lo sappiamo bene quanto Pirandello considerasse la vita un’enorme ‘pupazzata’, mimando il grande palcoscenico di alienati del Re Lear di Shakespeare. È l’intuizione che sta alla base della sua poetica. Gli uomini non si muovono, ma sono mossi, non parlano, ma sono parlati. Nei Sei personaggi ci sono degli attori, goffi, maldestri e rappresentano gli uomini che vivono. Noi viviamo recitando una parte che in realtà però non è viva, è qualcosa di morto, perché è eterna, come i personaggi, che vengono a chiedere di essere messi in vita”.
L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello è la scena maestra dell’incomunicabilità, della solitudine che si aggrappa alla banalità dei particolari più piccoli e insignificanti del quotidiano per cercare di rintracciare una superiorità della vita sulla morte. Al Teatro Niccolini di Firenze da mercoledì 12 ottobre a mercoledì 2 novembre, Gabriele Lavia, con Michele Demaria e Barbara Alesse, prova a trattenere quella vita un altro po’, prima della fine.
L’atto unico, rappresentato per la prima volta il 21 febbraio 1923 al Teatro Manzoni di Milano, è un colloquio fra un uomo che si sa condannato a morire fra breve, e per questo medita sulla vita con urgenza appassionata, e uno come tanti, che vive un’esistenza convenzionale, senza porsi il problema della morte. L’autore, come in altri casi, trasse il testo teatrale da una novella scritta anni prima e intitolata La morte addosso.
“La morte addosso potrebbe essere il sottotitolo di tutta l’opera letteraria di Pirandello – scrive Gabriele Lavia nelle note di regia – si sa che fin dalla sua fanciullezza il piccolo Luigi fu come “risucchiato” dall’orrore e dal mistero della morte". L’originale pirandelliano è stato arricchito da Gabriele Lavia con altre novelle che affrontano il tema della donna e della morte.
La scenografia imponente è stata disegnata da Alessandro Camera e realizzata interamente nei laboratori del Teatro della Pergola, riaperti appositamente per questa produzione della Fondazione Teatro della Toscana e del Teatro Stabile di Genova. La struttura portante, alta almeno 9 metri, tutta in legno di pioppo, regge le vetrate annerite di una vecchia stazione. Ai lati vi sono lunghe panchine con scanalature e braccioli a motivi semicircolari, mentre il pavimento è composto di 92 tasselli d’abete e ricoperto da uno strato di decorazione a motivi geometrici; al centro, incombente, un grande orologio che ha smesso di girare.
Per informazioni:
http://www.teatrodellatoscana.it/#teatro-niccolini
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