Un profonda ferita a Firenze. Un colpo violento al patrimonio artistico e culturale d'Italia. Quando all'1,04 del 27 maggio 1993 un Furgone Fiat Fiorino esplose con dentro 250 chili di tritolo, T4, pentrite e nitroglicerina, ai Georgofili scoppiò l'inferno. La città si svegliò di soprassalto scossa da quello che non era mai successo e che mai prima era stato immaginato: colpire la cultura.
Dopo le stragi del '92 di Capaci e via D'Amelio, in cui persero la vita i magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Cosa Nostra scelse sciaguratamente la culla del Rinascimento su consiglio di un estremista nero ladro di antichità. Il boato della bomba si sentì fino alle periferie. Un fumo denso si sprigionò dal centro storico della città e chi c'era ricorda bene il terrore e il rumore degli elicotteri delle forze dell'ordine che volavano sopra i tetti delle case.
La Torre de' Pulci fu distrutta. Venna devastata la Galleria degli Uffizi. Persero la vita la custode dell'Accademia dei Georgofili, Angela Fiume, di 36 anni, suo marito Fabrizio Nencioni, 38 anni, ispettore dei vigili urbani, le loro bambine Nadia di 8 anni e mezzo e la neonata Caterina, e lo studente di architettura Dario Capolicchio, di 22 anni. Morirono per colpa della mafia che voleva intimidire lo Stato e che mai aveva osato tanto.
Attualità /ARTICOLO
La notte che scoppiò l'inferno
Per la prima volta la mafia colpì la cultura e scelse il centro storico di Firenze

georgofili strage